Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30155 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/10/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che con sentenza del 19/10/2023 la Corte di appello di Palermo riformava la pronuncia emessa il 21/12/2021 dal Tribunale di Termini Imerese limitatamente al beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando nel resto la condanna di NOME COGNOME per il delitto di cui all’art. 11, d. Igs. 10 mar 2000, n. 74.
Rilevato che propone ricorso per cassazione l’imputato, contestando l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale, con vizio di motivazione. La sentenza sarebbe erronea ed incompleta, non considerando che l’alienazione della vettura effettuata dal ricorrente alla nuora sarebbe priva di qualunque profilo ingannevole, non potendo, pertanto, integrare il delitto; analogamente, non sussisterebbe alcuna impossibilità per l’Erario di procedere al recupero del credito, ben potendosi aggredire il provento della vendita della vettura. Infine, si censura la motivazione con riguardo al dolo del reato.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché – riproponendo le medesime censure avanzate alla Corte di appello – tende ad ottenere in questa sede una nuova e non consentita lettura delle stesse emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole invero preclusa alla Corte di legittimità.
La doglianza, inoltre, trascura che la Corte di appello – pronunciandosi proprio sulla questione qui riprodotta – ha steso una motivazione del tutto congrua, fondata su oggettive risultanze dibattinnentali e non manifestamente illogica; come tale, quindi, non censurabile. La sentenza, in particolare, ha evidenziato che il carattere simulato della vendita della vettura emergeva da numerosi dati: a) il ricorrente aveva ricevuto notifica del preavviso di fermo del veicolo il 21/10/2015, a fronte di un debito erariale particolarmente ingente (16 milioni di euro); b) lo stesso aveva venduto il mezzo alla nuora il successivo 18/11/2015; c) quest’ultima aveva espressamente dichiarato che la vettura, sebbene a lei intestata ed assicurata, era in uso al proprio suocero (il ricorrente), che la faceva usare ai suoi “ragazzi”, ossia ai suoi dipendenti. In forza di questi elementi, la sentenza ha dunque adeguatamente riscontrato il profilo oggettivo del reato: il quid pluris di cui tratta il ricorso, quindi il profilo ingannevole, è stato riscontrato proprio nel carattere simulato della vendita, con la quale lo COGNOME si era formalmente disfatto del bene, pur rimasto nella sua effettiva disponibilità. In senso contrario, peraltro, non rileva l’assunto difensivo secondo cui l’Erario avrebbe potuto procedere al recupero del credito, aggredendo il provento della vendita: per giurisprudenza pacifica, infatti, il reato di sottrazione fraudolenta a pagamento di imposte costituisce fattispecie di pericolo (per tutte, Sez. 3, n. NUMERO_DOCUMENTO
del 12/9/2023, Saad, Rv. 285960), i cui caratteri vanno identificati al momento in cui l’atto è compiuto. Quanto poi al profilo psicologico, la sentenza di appello ha compiuto una corretta lettura degli elementi sopra richiamati, così riscontrando la piena consapevolezza dell’ingente debito e della destinazione della vettura alla procedura esecutiva (del tutto certa in caso di mancato pagamento); dal che un’operazione evidentemente destinata alla sottrazione fraudolenta del bene, come congruamente ricavato sia dalla stretta tempistica sia dall’acquirente del mezzo – la nuora – evidentemente legata al ricorrente da “vincolo fiduciario e mutualistico”.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 21 giugno 2024
Il Copsigliere estensore
Il Presidente