Sottrazione Fraudolenta: Anche una Scissione Societaria Può Essere Reato
La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 9308/2024 getta luce su un tema cruciale per imprenditori e amministratori: l’uso di operazioni societarie, come la scissione, per eludere le responsabilità fiscali. Il caso in esame riguarda una condanna per sottrazione fraudolenta, confermando che anche un atto formalmente lecito può configurare un reato se finalizzato a danneggiare le pretese del Fisco. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.
I Fatti di Causa: L’Operazione di Scissione Sotto Accusa
La vicenda trae origine da un’operazione di scissione societaria. L’amministratrice di fatto di una S.r.l., gravata da un ingente debito IVA accertato per oltre 621.000 euro, decideva di trasferire i migliori asset dell’azienda a una società di nuova costituzione.
Questo schema lasciava la società originaria, definita una “bad company”, priva delle risorse patrimoniali necessarie a far fronte al debito erariale. L’obiettivo era chiaro: rendere la riscossione coattiva da parte dello Stato inefficace o, quantomeno, estremamente difficoltosa. L’operazione, pur apparendo come una normale riorganizzazione aziendale, nascondeva in realtà un intento distrattivo confermato anche dal commercialista coinvolto.
Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso
Condannata in primo grado e in appello per diversi reati tributari e penali, tra cui la sottrazione fraudolenta ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 74/2000, l’imputata ha presentato ricorso per cassazione basato su due motivi principali:
1. Liceità dell’operazione: Sosteneva che la scissione fosse un’operazione legittima e che non costituisse l’atto fraudolento richiesto dalla norma.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Lamentava una motivazione carente sul diniego delle circostanze attenuanti.
L’Analisi della Corte sulla Sottrazione Fraudolenta
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che l’argomentazione dell’imputata era “rivalutativa”, cioè un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, compito precluso in sede di legittimità.
I giudici di merito avevano correttamente identificato l’operazione di scissione come un atto fraudolento. Non rileva la forma giuridica dell’atto, ma la sua finalità e il suo effetto concreto. In questo caso, l’operazione aveva messo a rischio la garanzia patrimoniale per l’adempimento del debito erariale, indipendentemente dal fatto che la nuova società avesse potuto ottenere nuove finanze. La vecchia società era rimasta incapace di assolvere al suo obbligo di pagamento.
La Corte ha ribadito un principio consolidato: anche una singola operazione societaria può integrare il reato di sottrazione fraudolenta se, valutata nel contesto delle vicende successive, si rivela un atto negoziale fraudolento o simulato idoneo a impedire il pagamento delle imposte.
Il Diniego delle Circostanze Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione puntuale e logica: la complessiva condotta criminale dell’imputata, caratterizzata da plurime violazioni tributarie e una tentata truffa, dimostrava un’elevata intensità del dolo. Questa determinazione nel commettere i reati è stata considerata incompatibile con la concessione delle attenuanti generiche, che richiedono segnali di merito positivi.
Le motivazioni
La decisione della Cassazione si fonda su un’interpretazione sostanziale della norma sulla sottrazione fraudolenta. Il fulcro non è la natura lecita o illecita dello strumento giuridico utilizzato (la scissione societaria è, di per sé, un’operazione legale), bensì lo scopo per cui viene impiegato. La legge penale tributaria mira a colpire qualsiasi comportamento astuto e ingannevole che depauperi il patrimonio del debitore al solo fine di sottrarsi agli obblighi fiscali. La Corte ha ritenuto che trasferire gli asset di valore in una nuova entità, lasciando un guscio vuoto a garanzia di un debito certo, rappresenti esattamente la condotta che il legislatore ha inteso punire. La motivazione della sentenza è quindi ancorata all’effetto oggettivo dell’operazione: l’aver reso la riscossione coattiva del credito erariale significativamente più difficile, se non impossibile.
Le conclusioni
Questa sentenza rappresenta un importante monito per amministratori e professionisti. Le operazioni di riorganizzazione aziendale devono essere sorrette da valide ragioni economiche e non possono essere utilizzate come schermo per finalità illecite. La giurisprudenza conferma che il Fisco e la magistratura penale sono attenti a guardare oltre le apparenze formali per colpire la sostanza dei comportamenti fraudolenti. La scelta di impoverire una società debitrice per proteggere gli asset aziendali non solo è inefficace sul piano civile, ma espone a gravi conseguenze penali, dimostrando che la tutela del credito erariale è un principio cardine del nostro ordinamento.
Una normale operazione di scissione societaria può essere considerata un reato?
Sì, secondo la Corte, anche un’operazione formalmente lecita come la scissione societaria integra il reato di sottrazione fraudolenta se viene utilizzata con il fine specifico di rendere inefficace o difficoltosa la riscossione di un debito tributario, depauperando la società debitrice dei suoi asset principali.
Cosa si intende per ‘atto fraudolento’ nel reato di sottrazione fraudolenta?
Per ‘atto fraudolento’ si intende qualsiasi negozio giuridico, anche un singolo atto come una scissione, che sia simulato o posto in essere con l’intento di ingannare il fisco, mettendo a rischio la garanzia patrimoniale su cui lo Stato può rivalersi per il pagamento delle imposte.
Perché sono state negate le attenuanti generiche all’imputata?
Le attenuanti generiche sono state negate perché la Corte ha ritenuto che la complessità della vicenda criminale, caratterizzata da molteplici violazioni tributarie e una tentata truffa, dimostrasse un’elevata intensità del dolo (la volontà di commettere il reato), elemento che contrasta con i segnali di merito che giustificherebbero una riduzione della pena.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9308 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9308 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2023
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nata a Brescia il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 06/12/2022 della Corte di appello di Brescia, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 6 dicembre 2022 la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza in data 24 febbraio 2022 del GUP del Tribunale di Bergamo, ha revocato la confisca di sette lingotti d’oro, disponendone la restituzione all’avente diritto, e ha confermato le restanti statuizioni, in particolar la condanna per i reati degli art. 3, 10-quater, 2, 11 d.lgs. n. 74 del 2000 e degli art. 56 e 640 cod. pen., tutti commessi in concorso.
L’imputata ricorre per cassazione sulla base di due motivi.
Con il primo deduce il vizio di motivazione in merito al reato del capo 4), contestando la sussistenza di un atto fraudolento ai sensi dell’art. 11 d.lgs. n. 74
L/m
del 2000 e con il secondo denuncia il vizio di motivazione per il diniego RAGIONE_SOCIALE generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il primo motivo è rivalutativo. L’imputata sostiene la liceità dell’operazione di scissione con cui aveva trasferito i migliori asset della debitrice RAGIONE_SOCIALE, di cui era amministratrice di fatto, a una società di nuova costituzione, così da rendere inefficace o particolarmente difficoltosa la riscossione coattiva del debito erariale per evasione di IVA, già accertato dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo per euro 621.122,00. Gli scopi e la funzione dell’operazione distrattiva sono stati confermati dal commercialista. Correttamente i Giudici di merito hanno considerato che, se anche la nuova società avesse ottenuto nuova finanza, comunque sarebbe stata messa a rischio la garanzia patrimoniale per l’adempimento del debito erariale e in sostanza la ricorrente non sarebbe stata capace con la bad company di assolvere all’obbligo solidale di pagamento dell’IVA.
La decisione è in linea con la giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, anche una singola operazione di scissione societaria può essere idonea, se valutata in relazione, non solo al momento in cui l’atto di scissione viene compiuto, ma anche in relazione alle vicende successive, a costituire quell’atto negoziale fraudolento e/o simulato idoneo ad integrare il reato in questione (Sez. 3, n. 232 del 27/09/2017, dep. 2018, Zattera, Rv. 272173 – 01).
Il secondo motivo è generico e non si confronta con la puntuale motivazione della sentenza impugnata secondo cui la complessiva vicenda criminosa, caratterizzata da plurime violazioni tributarie e da una tentata truffa, ha dimostrato un’elevata intensità del dolo, obiettivamente contrastante con i segnali di merito che dovrebbero giustificare le circostanze attenuanti generiche.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE. I J tJ ‘ 1
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spe processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Così deciso, il 18 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente