Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8134 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 8134  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Urbino il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 22/12/2022 della Corte di appello di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata sia annullata senza rinvio, limitatamente alla cessione dell’immobile alla moglie, perché il fatto non sussiste, con revoca della relativa confisca, ed eliminazione di due mesi di reclusione quale aumento per la continuazione, con rigetto del ricorso nel resto. 
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22 dicembre 2022, la Corte di appello di Ancona, in riforma dell’assoluzione pronunciata in primo grado, ha affermato la responsabilità penale dell’imputato in relazione al reato continuato di sottrazione fraudolenta di
beni di cui all’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000, mediante donazione di immobili al figlio e alla moglie e cessioni gratuite alla nipote.
Avverso la sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si censurano vizi della motivazione e la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. relativamente alla valutazione degli indizi. La difesa ricorda che la fraudolenza è un requisito oggettivo che non può essere confuso con la mera idoneità alla riduzione delle garanzie del credito verso l’erario, dovendosi configurare con connotati di artificio, inganno, menzogne. Ne fa conseguire che la natura simulata dell’alienazione non coincide con il concetto di fraudolenza.
Si contesta la valutazione della Corte d’appello, la quale ha valorizzato in chiave accusatoria: la pluralità e contemporaneità delle alienazioni (tutte del 12 luglio 2017); la gratuità delle cessioni; il fatto che le alienazioni fossero avvenute dopo l’inizio delle verifiche fiscali e che i destinatari fossero tutti congiunti familiari. Quanto al primo aspetto, la difesa ritiene che si tratti di una circostanza neutra, dovuta alla comodità di concentrare gli affari in un unico momento e davanti a un unico notaio; quanto alla gratuità, la stessa non sarebbe sufficiente a configurare la fraudolenza; quanto all’inizio della verifica fiscale, si sostiene che l’imputato non ne era formalmente a conoscenza, perché l’avviso di accertamento gli era stato notificato il 17 gennaio 2018; quanto ai destinatari, la circostanza sembrerebbe smentire la fraudolenza dell’intento.
2.2. In secondo luogo, si lamentano vizi della motivazione per la parziale valutazione del quadro probatorio e, in particolare, della deposizione di COGNOMECOGNOME Nel ritenere congetturalnnente sussistente il reato, la Corte territoriale avrebbe svalutato le risultanze delle indagini difensive.
2.2.1. Secondo la difesa, la donazione in favore della figlia del fratello dell’imputato sarebbe stata effettuata in adempimento di un patto fiduciario intervenuto tra i fratelli anni prima, come testimoniato dallo stesso fratello dell’imputato, COGNOME NOME. Sul punto, contraddittoriamente, la Corte territoriale avrebbe ammesso che il patto fiduciario anche riguardante beni immobili non ha bisogno di una forma scritta, ma avrebbe valorizzato contro l’imputato proprio la mancanza della forma scritta. Né la sentenza avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni della ritenuta inattendibilità delle deposizioni di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
2.2.2. Quanto alla cessione della casa di proprietà in favore della moglie, la Corte di appello non avrebbe fornito motivazione sulla asserita inattendibilità della deposizione di questa, limitandosi ad addurre la mancanza di riscontri, in realtà
ravvisabili sia nelle dichiarazioni dell’imputato sia in quelle di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
2.2.3. Relativamente alla vendita dell’immobile in favore del figlio dell’imputato, COGNOME NOME, la Corte distrettuale si sarebbe limitata a svalutare la deposizione della moglie dell’imputato secondo cui la donazione aveva come causa l’iscrizione del ragazzo all’università, senza considerare le dichiarazioni del teste COGNOME, il quale aveva affermato di essersi rivolto negli anni passati a COGNOME NOME, che lui considerava proprietario dell’immobile, così confermando che la donazione dell’immobile stesso era stata rispondente all’esigenza di regolarizzare uno stato di fatto da tempo esistente nei rapporti familiari.
2.3. In terzo luogo, si denunciano la violazione degli artt. 530 e 533 cod. proc. pen. i vizi della motivazione in relazione alla mancanza di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
2.4. Una quarta censura è riferita alla violazione della disposizione incriminatrice nonché dell’art. 76, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 602 del 1973, in merito alla donazione della prima casa in favore della moglie, sulla quale l’imputato si era riservato il diritto di abitazione. Non si sarebbe considerato che tale immobile non può essere oggetto di riscossione coattiva, cosicché la relativa donazione non ha legtotot contribuito a rendere inefficace alcuna procedura esecutiva.
2.5. Con un quinto motivo, si sostiene l’inammissibilità della confisca sui beni oggetto della donazione, perché appartenenti a soggetti estranei al reato, non ricorrendo i  requisiti del vantaggio economico, della mancanza di buona fede e del concorso nella commissione dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo, con cui si contesta l’erronea applicazione del concetto di atti fraudolenti, è infondato. Il ricorso richiama ripetutamente il principio affermato dalle Sezioni Unite Zucchi con riferimento al diverso reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice di cui all’art. 388, primo comma, cod. pen., secondo cui non è sufficiente che gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato sui propri o altrui beni siano oggettivamente finalizzati a consentirgli di sottrarsi agli adempimenti indicati nel provvedimento, rendendo così inefficaci gli obblighi da esso derivanti, ma è necessario che tali atti abbiano natura simulata o fraudolenta; siano cioè connotati da una componente di artificio, inganno o menzogna concretamente idonea a vulnerare le legittime pretese del creditore (Sez. U, n.
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12213 del 21/12/2017, dep. 2018, Rv. 272171, che, in applicazione del suddetto principio, ha ritenuto priva di offensività perché non fraudolenta, la vendita di una parte di beni immobili effettuata, con atto pubblico regolarmente trascritto, dal debitore intimato successivamente alla notifica dell’atto di precetto. Si pone in coerenza con tali principi l’orientamento giurisprudenziale di legittimità riferito all’art. 11, del d.lgs. n. 74 del 2000, nell’affermare che il reato è integrato dall’uso di mezzi fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi a pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi e non presuppone come necessaria la sussistenza di una procedura di riscossione coattiva, essendo, invece, sufficiente l’idoneità, con giudizio’ex ante, a rendere in tutto o in parte inefficace l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria, come nel caso della cessione di immobili e quote sociali in prossimità degli esiti di una verifica fiscale (Sez. 3, n. 39079 del 09/04/2013, Rv. 256376). Nello stesso senso, si è affermato che gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta allorquando siano connotati da elementi di artificio, inganno o menzogna tali da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, così mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo più difficoltosa la procedura di riscossione coattiva, come nel caso di cessione di azienda a prezzo irrisorio (Sez. 3, n. 35983 del 17/09/2020, Rv. 280372), o nel caso di un qualsivoglia stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione (Sez. 3, n. 29636 del 02/03/2018, Rv. 273493). Quanto alla gratuità delle alienazioni, va poi rammentato che è configurabile il reato di cui al richiamato art. 11 anche nel caso di trasferimento a titolo gratuito di beni immobili o mobili registrati, suscettibili espropriazione presso terzi ai sensi dell’art. 2929-bis cod. civ., in quanto tale trasferimento rende più difficoltosa l’azione recuperatoria, potendo il terzo contestare la sussistenza dei presupposti di applicazione della suddetta disposizione civilistica (Sez. 3, n. 32504 del 04/12/2017, dep. 2018, Rv. 273496). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tali principi sono stati correttamente richiamati e applicati dalla Corte territoriale, la quale ha valorizzato in punto di fatto, quali chiari ed evidenti indi di fraudolenza, con logica coerenza: la pluralità e contemporaneità delle tre alienazioni, eseguite tutte il 12 luglio 2017, la gratuità delle cessioni, la circostanza temporale che queste sono avvenute dopo l’inizio delle verifiche fiscali (che avrebbero co . ndotto all’accertamento di ingenti debiti erariali) originate da significative movimentazioni verso “paradisi fiscali” – restando irrilevante il momento della notificazione dell’avviso di accertamento, evidentemente successivo allo svolgimento dell’accertamento stesso – e la destinazione dei beni a stretti familiari dell’imputato. Né è consentita in questa sede una valutazione
alternativa del quadro istruttorio già adeguatamente scrutinato dal giudice di secondo grado.
1.2. Il secondo motivo, con cui si contesta la natura fraudolenta degli atti di donazione degli immobili al figlio, alla moglie e alla nipote, invocando l’esecuzione di un patto fiduciario con il fratello ed esigenze legate alla crescita e all’iscrizione universitaria del figlio, è inammissibile, poiché propone nella sostanza doglianze in punto di fatto che sollecitano, in realtà, una rivalutazione preclusa in sede di legittimità, sulla base di una “rilettura” (peraltro parcellizzata) degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (ex plurimis, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/08/2014, Rv. 260608; Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011).
In ogni caso deve rilevarsi come sia argomentata in modo logico e coerente la conclusione della Corte d’appello, che ha svalutato la pretesa esistenza di causali antecedenti rispetto alle cessioni – non a caso svoltesi contestualmente e senza corrispettivo – in quanto legate a non meglio precisati rapporti familiari, ricostruiti ex post sulla base delle deposizioni degli stessi soggetti parti dei negozi di disposizione o sulla base di ipotesi congetturali, solo apparentemente suffragate dalla testimonianza di COGNOME, circa la necessità di un riordino del patrimonio familiare, ipotizzata dalla difesa mediante richiamo di estratti del testimoniale arbitrariamente selezionati.
1.3. Il terzo motivo di doglianza è inammissibile, in quanto del tutto generico, limitandosi ad invocare il principio dell -oltre ogni ragionevole dubbio”, in maniera assertiva e senza un concreto confronto argomentativo con l’apparato motivazionale della sentenza, la quale risulta – come visto – adeguatamente argomentata quanto alla penale responsabilità.
1.4. Il quarto motivo, concernente la donazione della casa di abitazione alla moglie, è inammissibile.
Il delitto previsto dall’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 presuppone l’idoneità degli atti simulati o fraudolenti a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva; idoneità non ravvisabile ove il debitore erariale abbia disposto dell’unico immobile di sua proprietà, non di lusso, adibito a propria residenza anagrafica, trattandosi di bene comunque non espropriabile dall’agente della riscossione ex art. 76, comma 1, lettera a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo introdotto dall’art. 52, comma 1, lettera g), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Infatti, il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è reato di pericolo concreto ed esige, pertanto, che la condotta sia idonea a rendere inefficace la
procedura di riscossione coattiva (Sez. 3, n. 26057 del 29/04/2022, Rv. 283298; Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, dep. 2017, Rv. 268797).
La richiamata giurisprudenza fa dunque riferimento alla previsione normativa, secondo cui l’esecuzione è esclusa solo per l’unico immobile di proprietà del contribuente, non di lusso, adibito a propria residenza anagrafica. Ma la sussistenza di tali requisiti non è stata esaurientemente prospettata nel caso di specie, in cui la difesa si è limitata a richiamare l’atto di donazione, l’atto d acquisto e il certificato storico di famiglia, senza specificarne il contenuto – e, dunque, senza fornire adeguate argomentazioni a sostegno della natura non di lusso dell’immobile e della residenza anagrafica nello stesso – nell’ambito di un procedimento penale dal quale emerge pacificamente, per la semplice formulazione dell’imputazione, la proprietà di più immobili in capo all’imputato.
1.5. Il quinto motivo, concernente la confisca degli immobili, è inammissibile, in quanto generico, essendo basato sulla congetturale esclusione della sussistenza dei presupposti per la confisca di beni formalmente intestati a terzi. Deve in ogni caso rilevarsi che la Corte di merito ha correttamente evidenziato come i congiunti abbiano conosciuto o, in ogni caso, avrebbero potuto comprendere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, gli scopi fraudolenti perseguiti dal loro dante causa, vista la tipologia e le caratteristiche degli atti dispositivi dei quali erano parti. Si dunque fatta corretta applicazione del principio secondo cui è persona “non estranea al reato”, ai sensi dell’art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, anche il soggetto che abbia ricavato un tornaconto dallo stesso, per avere acquistato, a condizioni apprezzabilmente vantaggiose, un bene che ne costituisce il prezzo o il profitto e che non sia in buona fede, potendo conoscere, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, la provenienza illecita di detto bene (ex plurimis, Sez. 3, n. 42008 del 05/10/2022, Rv. 283713).
2.11 ricorso, per tali motivi, deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/11/2023.