Sottoscrizione Digitale: Quando un Errore Formale Viene Corretto dalla Cassazione
Nel processo telematico, la validità degli atti dipende dal rispetto di precise regole tecniche, prima fra tutte la corretta apposizione della sottoscrizione digitale. Questo caso, deciso dalla Corte di Cassazione, offre un importante chiarimento su come un errore di valutazione sulla presenza di una firma digitale possa portare all’annullamento di una decisione di inammissibilità, riaffermando il valore probatorio e legale degli strumenti informatici nel processo penale.
I Fatti di Causa: Un’Istanza di Revisione Dichiarata Inammissibile
La vicenda ha origine da una domanda di revisione di un processo penale, presentata da un condannato alla Corte di Appello di Napoli. Quest’ultima, con un’ordinanza, dichiarava la domanda inammissibile. La motivazione addotta era di natura puramente formale: secondo la Corte territoriale, l’istanza era “priva di sottoscrizione digitale”.
Sentendosi leso da questa decisione, che gli precludeva la possibilità di far riesaminare il suo caso, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, l’atto era stato regolarmente sottoscritto con firma digitale.
La Sottoscrizione Digitale e l’Intervento della Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il punto cruciale della decisione risiede in una prerogativa specifica della Suprema Corte: quando si discute di una questione procedurale (“in rito”), essa può agire come “giudice del fatto processuale”. Ciò significa che, in questi casi, la Cassazione ha il potere di accedere direttamente agli atti del fascicolo per verificare la correttezza della procedura seguita.
Esercitando tale potere, i giudici di legittimità hanno esaminato la documentazione trasmessa e hanno constatato una realtà diversa da quella rappresentata dalla Corte d’Appello. L’istanza di revisione era stata proposta personalmente dal soggetto interessato tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) e, soprattutto, era munita di una regolare sottoscrizione digitale.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha specificato che la firma digitale apposta sull’atto era in formato CAdES-BES, un formato tecnicamente avanzato che garantisce integrità e validità nel tempo. Dalle verifiche, la firma è risultata integra e il relativo certificato di firma attendibile. Di fronte a questa evidenza oggettiva, la motivazione dell’inammissibilità fornita dalla Corte d’Appello è risultata priva di fondamento.
Inoltre, la Cassazione ha ribadito che, ai sensi dell’articolo 633 del codice di procedura penale, la domanda di revisione può essere validamente proposta personalmente dal condannato, come avvenuto nel caso di specie. La combinazione di questi elementi – presentazione personale consentita dalla legge e presenza di una valida sottoscrizione digitale – rendeva l’atto perfettamente ammissibile. La declaratoria di inammissibilità era, pertanto, errata e doveva essere annullata.
Conclusioni
La sentenza rappresenta un importante promemoria sull’affidabilità e sulla piena validità giuridica degli strumenti digitali nel processo penale. Essa sottolinea l’obbligo per i giudici di merito di effettuare attente verifiche tecniche prima di dichiarare l’inammissibilità di un atto per motivi formali legati alla digitalizzazione. La decisione riafferma inoltre il ruolo della Corte di Cassazione come garante non solo della corretta interpretazione della legge, ma anche del corretto svolgimento del processo, potendo intervenire direttamente per sanare errori procedurali evidenti. Per i cittadini e gli avvocati, questo pronunciamento conferma che il corretto utilizzo della PEC e della firma digitale costituisce un canale sicuro ed efficace per l’interlocuzione con la giustizia.
Un’istanza può essere dichiarata inammissibile per mancanza di sottoscrizione digitale?
Sì, ma solo se la firma è effettivamente assente o non valida. In questo caso, l’ordinanza di inammissibilità è stata annullata perché la Corte di Cassazione ha accertato che una firma digitale valida era presente sull’atto.
La Corte di Cassazione può verificare direttamente la presenza di una firma digitale su un atto processuale?
Sì, la sentenza chiarisce che quando si tratta di una questione procedurale, la Corte di Cassazione agisce come “giudice del fatto processuale” e ha il potere di accedere direttamente agli atti del fascicolo per verificare elementi come la presenza e la validità di una firma digitale.
Quale tipo di firma digitale era stata utilizzata nel caso in esame?
La sentenza specifica che l’istanza era stata firmata con una sottoscrizione digitale in formato CAdES-BES. La Corte ha verificato che la firma era integra e il certificato associato risultava attendibile.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16695 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16695 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 40483/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SALERNO il 27/09/1977 ; avverso l’ordinanza del 17/08/2024 della Corte d’Appello di Napoli; vista la relazione del Consigliere NOME COGNOME vista la requisitoria scritta del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
in procedura a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 17 agosto 2024 la Corte di Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile la domanda di revisione introdotta da NOME COGNOME
Il motivo della inammissibilità Ł di carattere formale, trattandosi secondo la Corte di merito di una «istanza priva di sottoscrizione digitale».
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME nelle forme di legge.
Il ricorrente contesta la causa di inammissibilità ed afferma che vi era regolare sottoscrizione dell’istanza «con firma digitale».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato.
Va premesso che trattandosi di questione in rito questa Corte ha accesso agli atti del fascicolo ed Ł giudice del fatto processuale.
Ciò posto, la domanda di revisione in questione – per quanto appare dal fascicolo qui trasmesso – risulta proposta personalmente dal soggetto interessato, a mezzo PEC e con sottoscrizione digitale (la firma Ł in formato CADES-BES, risulta integra e il certificato risulta attendibile).
La domanda di revisione può essere proposta personalmente dal condannato ai sensi dell’art. 633 cod.proc.pen. e, pertanto, la declaratoria di inammissibilità deve essere sottoposta a rivalutazione, previo annullamento della decisione impugnata.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Napoli.
Così deciso il 29/01/2025.
Il Presidente NOME COGNOME