Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32056 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32056 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME, nato a Specchia (LE) il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 11/04/2024 del Tribunale del riesame di Taranto visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22/03/2024 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto ha respinto l’istanza, formulata ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere applicata a NOME COGNOME con quella degli arresti domiciliari con applicazione del cd. braccialetto elettronico presso l’abitazione della madre sita in Specchia (LE).
Il Tribunale del riesame, investito dell’appello, l’ha rigettato con ordinanza in data 11/04/2024.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si deduce il difetto di motivazione in ordine agli elementi di novità dedotti con la richiesta di sostituzione della misura.
Rileva il ricorrente che erroneamente il Tribunale del riesame ha ritenuto l’istanza di sostituzione della misura cautelare una mera riproposizione di altra istanza, già avanzata ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. e già respinta, in quanto non sono stati considerati gli elementi nuovi addotti a sostegno della domanda e, in particolare, la circostanza che è stata chiesta l’applicazione degli arresti domiciliari “in un contesto socio-territoriale al di fuori del raggio d’azione riferib all’imputato, pacificamente circoscritta all’area amministrativa del comune di Ginosa”. Né è stato considerato che la madre, disposta ad ospitare il NOME nella propria abitazione, dispone di redditi sufficienti a provvedere alle esigenze del figlio.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di violazione di legge in riferimento all’art. 13 Cost. e all’art. 275 cod. proc. pen., in ordine alla scelta della misura pi adeguata alle esigenze cautelari sussistenti nel caso di specie e, comunque, di quella che impone la minore compressione possibile della libertà personale dell’indagato.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
In ordine al primo motivo, il Collegio rileva che il Tribunale del riesame di Taranto ha adeguatamente motivato in relazione a tutti gli elementi addotti a sostegno dell’istanza di sostituzione della misura e ha concluso nel senso che
I .
l’elevato rischio di reiterazione di reati della stessa specie, desunto dalla gravità del fatto commesso, dai precedenti penali e delle pendenze giudiziarie, rende evidente l’inadeguatezza e l’insufficienza della misura cautelare degli arresti donniciliari, “quand’anche con applicazione del cd. braccialetto elettronico e quale che sia il contesto domestico di esecuzione della misura richiesta” (p. 4 ordinanza impugnata).
2. Il secondo motivo è declinato in modo generico.
Il ricorrente, infatti, si è limitato a rilevare che il Tribunale del riesame non tenuto in minimo conto, nel bilanciamento dei contrapposti interessi cui deve ispirarsi la scelta della misura adeguata al caso concreto, del “principio di libertà” sancito all’art. 13 Cost.
Tale motivo è aspecifico, in quanto non si correla con le ragioni espresse dall’ordinanza impugnata sul punto (pagg. 3-4). Il Tribunale ha richiamato il contenuto dell’ordinanza emessa in sede di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., da cui emerge che l’imputato ha dieci precedenti penali, di cui uno per il reato di evasione. Inoltre, pendono tre processi nei suoi confronti tra i quali anche uno per tre fatti di evasione, in relazione al quale è intervenuta condanna sia in primo che in secondo grado. Tali condanne e pendenze giudiziarie, valutate unitamente alle condotte delittuose oggetto del procedimento nel quale è stata applicata la misura cautelare, hanno fatto ritenere adeguata la sola misura della custodia in carcere.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 26/06/2024