Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5528 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5528 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Tunisia il 29/07/1983
avverso l’ordinanza del 04/10/2024 del Tribunale della libertà di Firenze
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Firenze, costituito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha rigettato l’appello cautelare proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso le ordinanze emesse il 17 maggio 2024 e il 4 luglio 2024, dal G.i.p. del Tribunale di Livorno, le quali avevano respinto l istanze di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, misura disposta in relazione alla detenzione, a fine di spaccio, di circa gr. 50 di cocaina e di oltre kg. due di hashish, nonché al delitto di resistenza a pubblica ufficiale, fatti per i quali, all’esito del giudizio abbrevi il ricorrente è stato condannato alla pena di quattro anni e quattro mesi di reclusione.
Avverso l’indicato provvedimento, l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, che deduce il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e al criterio di scelt della misura applicata, considerando sia la risalenza nel tempo dell’unico precedente, commesso nel 2015, sia il periodo trascorso dall’applicazione della misura.
3. Il ricorso è inammissibile perché generico.
Va ricordato che la valutazione di pericolosità concreta ed attuale richiesta dall’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. deve essere espressa in sede di applicazione della misura, e può essere sottoposta a rivalutazione solo ove emergano nuove condizioni di fatto, che consentano di modificare le conclusioni sulla permanenza e l’intensità dell’esigenza cautelare. Oltre che sulla collocazione della norma nell’ambito delle disposizioni generali in tema di applicabilità della misura, una conclusione del genere poggia sulla previsione dell’art. 299 cod. proc. pen., che impone la revoca o la sostituzione della misura la rivisitazione degli elementi legittimanti il provvedimento in presenza di nuove risultanze che attestino la mancanza o la modifica delle esigenze cautelari.
Si è, difatti, affermato che, in tema di misure cautelari personali, la disciplina prevista dall’art. 299 cod. proc. pen. sulla revoca e sostituzione della misura, impone la costante verifica della perdurante legittimità delle restrizioni personali attraverso un costante adeguamento dello status libertatis, a seguito di fatti sopravvenuti ovvero per eventuali modifiche della situazione processuale o dei presupposti e condizioni di legge, nonché per fatti preesistenti e non
conosciuti o non valutati dal giudice (da ultimo, cfr. Sez. 4, n. 37527 del 21/06/2017, COGNOME, Rv. 270795).
Si rammenta, inoltre, che, come affermato dalla prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte, il tempo trascorso dalla commissione del reato deve essere oggetto di valutazione, a norma dell’art. 292 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), da parte del giudice che emette l’ordinanza di custodia cautelare, mentre analoga valutazione non è richiesta dall’art. 299 cod. proc. pen. ai fini della revoca o sostituzione della misura (Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278999; Sez. 2, n. 46368 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 268567). Di conseguenza, il mero decorso del tempo, se non accompagnato da fatti sopravvenuti, non è elemento di per sé solo rilevante ai fini della rivalutazione delle esigenze cautelari, perché la valenza di tale fattore si esaurisce nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia stessa (da ultimo, Sez. 4, n. 13895 del 05/03/2020, COGNOME, Rv. 278866).
Nel caso in esame, non solo il ricorrente non ha indicato alcun fatto sopravvenuto, diverso dal periodo di carcerazione subita, che consenta di ritenere affievolito in quadro cautelare, ma il tribunale ha ribadito la permanenza del pericolo di recidivanza, in considerazione della notevole quantità di sostanza stupefacente detenuta, denotante l’inserimento dell’indagato in un importante circuito criminale, e dei precedenti penali specifici: pericolo ritenuto no fronteggiabile con la misura degli arresti domiciliari in considerazione di una pregressa condanna per il delitto di evasione.
A fronte di tale motivazione, le censure difensive si rilevano del tutto generiche, e, quindi, non superano il vaglio di ammissibilità.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 08/01/2025.