Sostituzione Misura Cautelare e Disparità di Trattamento: La Cassazione Fa Chiarezza
La richiesta di sostituzione di una misura cautelare è un momento delicato nel procedimento penale. Spesso, la difesa fa leva sulla disparità di trattamento rispetto ad altri co-indagati. Ma questo è sufficiente? Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale argomentazione, sottolineando la centralità della valutazione individuale e delle specifiche circostanze procedurali.
I Fatti del Caso
Un soggetto, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, presentava appello al Tribunale chiedendo la revoca o la sostituzione della misura con una meno afflittiva. La sua principale argomentazione si fondava sulla constatazione che ad altri co-indagati, accusati di reati anche più gravi, era stata revocata o sostituita la custodia cautelare in carcere.
L’indagato considerava questa circostanza un “fatto nuovo sopravvenuto”, tale da giustificare una nuova valutazione della sua posizione. Tuttavia, il Tribunale di Caltanissetta rigettava l’appello. L’indagato, non soddisfatto, decideva di ricorrere per Cassazione, lamentando violazioni di legge e vizi di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
La Questione sulla Sostituzione Misura Cautelare
Il nucleo del ricorso verteva su un principio fondamentale: la parità di trattamento. L’indagato sosteneva che, se ad altri era stata concessa una misura meno grave, a maggior ragione doveva essere concessa anche a lui. La questione giuridica, quindi, è se un provvedimento favorevole emesso nei confronti di un co-indagato costituisca automaticamente un motivo valido per ottenere la sostituzione della misura cautelare.
La difesa mirava a dimostrare che la disparità di trattamento fosse illogica e violasse i principi del giusto processo. Tuttavia, come vedremo, la Corte di Cassazione ha adottato un approccio molto più rigoroso e personalizzato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si basa su un’analisi attenta delle motivazioni del provvedimento impugnato e sui principi consolidati in materia di misure cautelari.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha smontato l’argomentazione difensiva attraverso tre passaggi logici chiari e inequivocabili:
1. Carattere Personale della Valutazione Cautelare: In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio cardine del nostro sistema: la valutazione delle esigenze cautelari è strettamente personale. Non può basarsi su un confronto generico con altre posizioni, ma deve essere ancorata alla pericolosità specifica del singolo individuo, al suo ruolo nel presunto reato e al suo profilo personale. L’automatismo è escluso.
2. Limiti del “Fatto Nuovo Sopravvenuto”: Sebbene un provvedimento favorevole a un co-indagato possa teoricamente rappresentare un “fatto nuovo”, la sua rilevanza non è assoluta. Non basta invocarlo; è necessario dimostrare una piena equivalenza tra le posizioni processuali, cosa che il ricorrente non ha fatto. Egli si è limitato a sollecitare una rivalutazione generica senza fornire elementi concreti di confronto.
3. La Ragione Specifica della Diversità di Trattamento: Questo è il punto cruciale. La Corte ha evidenziato come il ricorrente avesse completamente ignorato la vera motivazione dietro la revoca delle misure agli altri co-indagati. Il Tribunale, infatti, aveva spiegato che quelle decisioni erano state prese a causa della “prossima scadenza dei termini di fase della misura cautelare”. Si trattava, quindi, di una situazione procedimentale del tutto peculiare e non sovrapponibile a quella del ricorrente, per il quale evidentemente i termini non erano in scadenza.
Le Conclusioni
Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: non è sufficiente lamentare una disparità di trattamento per ottenere la sostituzione di una misura cautelare. È indispensabile confrontarsi analiticamente con le motivazioni del provvedimento che si impugna e dimostrare una concreta e totale sovrapponibilità delle situazioni. In assenza di ciò, il richiamo al trattamento più favorevole riservato ad altri soggetti del medesimo procedimento si rivela un’argomentazione debole e destinata all’inammissibilità. La valutazione del giudice deve rimanere ancorata alla situazione individuale, tenendo conto di tutti i fattori specifici, incluse le scadenze procedurali che possono determinare esiti apparentemente diversi per soggetti coinvolti nello stesso caso.
Una decisione favorevole a un co-indagato obbliga il giudice a concedere lo stesso trattamento anche a me?
No. Secondo la Corte, non esiste alcun automatismo. La valutazione delle esigenze cautelari è sempre personalizzata e deve basarsi sulla situazione specifica di ogni singolo indagato.
Perché il ricorso è stato considerato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, poiché il ricorrente non ha dimostrato una piena equivalenza della sua posizione con quella degli altri co-indagati e non si è confrontato con la motivazione del provvedimento impugnato, che spiegava come la revoca per gli altri fosse dovuta all’imminente scadenza dei termini della misura.
Cosa si intende per “fatto nuovo sopravvenuto” in tema di misure cautelari?
Un provvedimento favorevole emesso per un co-imputato può costituire un “fatto nuovo sopravvenuto”, ma la sua rilevanza è limitata al quadro indiziario e non si estende automaticamente alle esigenze cautelari, che richiedono sempre una valutazione personalizzata e specifica.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26382 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26382 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME NOME COGNOME sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza di cui in epigrafe, emessa ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato l’appello di NOME COGNOME volto ad ottenere la revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico con altra meno afflittiva, per il reato di cui all’art. d.RR. n. 309 del 1990.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso NOME COGNOME con atto sottoscritto dal difensore, articolando un unico motivo, con il quale censura violazioni di legge e vizio di motivazione, in ordine alle esigenze cautelari, per la disparità di trattamento rispetto ad altri coindagati, anche per reati più gravi, per i quali è stata o revocata o sostituita la custodia cautelare in carcere, da riteners fatto nuovo sopravvenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Deve preliminarmente darsi atto che NOME COGNOME è sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere in quanto gravemente indiziato di appartenenza ad un’associazione dedita al narcotraffico.
Secondo l’orientamento di legittimità in tema di valutazione dell’istanza di sostituzione della misura cautelare, l’analogo provvedimento emesso nei confronti di un coimputato può costituire un fatto nuovo sopravvenuto, del quale tenere conto, senza però che vi sia alcun automatismo circa l’estensione della valutazione favorevole al coindagato (Sez. 2, n. 20281 del 18/02/2016, COGNOME, Rv. 266889) e comunque utile con riferimento al quadro indiziario, ma non anche alle esigenze cautelari da vagliare sempre in modo personalizzato.
Nel caso in esame, il ricorrente sollecita una rivalutazione del quadro cautelare senza offrire alcun elemento per ritenere sussistente una piena equivalenza con le altre posizioni, ma soprattutto omettendo di confrontarsi con il provvedimento impugnato nella parte in cui spiega come la sostituzione e la revoca, riconosciuta ai coindagati, siano state determinate dalla prossima scadenza dei termini di fase della misura cautelare e, quindi, da una situazione procedimentale del tutto peculiare e non sovrapponibile con quella di Milazzo.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 12 giugno 2025
La Consigliera estensora
Il Prsidente