Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20784 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20784 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
sui ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ISOLA DI CAPO RIZZUTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro – adito ai sensi dell’art.310 cod.proc.pen. – ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza depositata il 17/04/2023, con la quale il Tribunale di Crotone, ai sensi dell’art.304, comma 2, cod.proc.pen., aveva disposto la sospensione dei termini di fase della durata della misura cautelare cui era sottoposto l’odierno ricorrente, attesa la ritenuta complessità del dibattimento e procedendosi per uno dei reati indicati nell’art.407, comma 2, letta), cod.proc.pen..
Nella motivazione dell’ordinanza il Tribunale ha premesso che l’COGNOME era stato sottoposto alla misura di massimo rigore in relazione ai reati di associazione finalizzata al narcotraffico, di evasione e porto abusivo d’armi; che la difesa aveva contestato la sussistenza dei presupposti per la citata sospensione dei termini, adottata nonostante la stessa avesse prestato il consenso all’acquisizione degli atti di indagine preliminare e rinunciato ai propri testi ammessi, con l’eccezione del consulente nominato in relazione alle operazioni di trascrizione delle intercettazioni; che la difesa aveva dedotto che una parte del lavoro di trascrizione era stata già messa in atto a, dal precedente perito e che non esistee9 comunque una complessità oggettiva del dibattimento tale da giustificare un provvedimento di sospensione dei termini di fase.
Il Tribunale ha osservato che l’applicazione dell’art.304, comma 2, cod.proc.pen. era rimessa al prudente apprezzamento del giudice, soprattutto con riguardo al requisito della particolare complessità del giudizio; e che quest’ultima, in particolare, ricorreva allorquando fosse ravvisabile una situazione immediatamente percepibile che impedisse la sollecita definizione del provvedimento; che il provvedimento impugnato aveva quindi adeguatamente dato atto della sussistenza dei necessari presupposti applicativi.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite i propri difensori, articolando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto – in relazione all’art.606, comma 1, lett.b), ed e), cod.proc.pen. – la violazione dell’art.304, comma 2, cod.proc.pen., dell’art.13 Cost., degli artt. 5 e 6 della CEDU e il difetto d motivazione sui presupposti per l’adozione del provvedimento.
Ha dedotto che il Tribunale non avrebbe adeguatamente motivato in ordine alle ragioni concrete tali da rendere – di fatto – complessa l’attività
trascrizione, a fronte della richiesta di assunzione di un solo testimone indicato dalla difesa; ha altresì dedotto che il Tribunale distrettuale non avrebbe dato alcuna risposta alla questione inerente alla legittimità di un provvedimento di sospensione adottato a seguito di soli ritardi imputabili al perito già nominato, che in un anno non aveva trascritto 67 conversazioni ) senza indicare le ragioni concrete della propria condotta nonché in relazione all’esigenza istruttoria ulteriore di sentire un solo ulteriore testimone; h dedotto che il Tribunale sarebbe incorso in violazione di legge per difetto assoluto di motivazione, nella parte in cui non aveva risposto alla censura in base alla quale il ritardo ingiustificato del perito non poteva rientrare tra motivi di complessità del procedimento, in relazione all’art.304, comma 2, cod . p roc. pen..
Ha quindi rinnovato la questione di legittimità costituzionale dell’art.304, comma 2, cod.proc.pen., in relazione agli artt. 2, 13 e 117 della Costituzione e agli artt. 5 e 6 della CEDU, ritenendo che la disposizione censurata presentasse un deficit di oggettività tale da porla in contrasto con la necessità di parametri certi e determinati cui ancorare la limitazione della libertà personale del soggetto ancora imputato.
Con il secondo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. – il difetto di motivazione in relazione alla sussistenz dell’attualità delle esigenze cautelari; ha dedotto che l’originaria ordinanza del Tribunale aveva motivato sul punto con una mera clausola di stile, non motivando le ragioni in base alle quali non potesse ritenersi adeguata e proporzionata una misura più gradata, quale quella degli arresti domiciliari, eventualmente accompagnati da modalità elettroniche di controllo non motivando su tutte le ulteriori argomentazioni in fatto addotte dalla difesa
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo di ricorso si risolve in una censura al ragionamento posto alla base dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che 9 tra i presupposti applicativi per l’adozione dell’ordinanza di sospensione della durata dei termini di fase, ai sensi dell’art.304, comma 2, cod.proc.pen.(,-) potesse rientrare, non una circostanza di tipo oggettivo
legatcualla complessità dell’attività istruttoria da espletare, bensì quell derivante dall’inadempienza di uno degli ausiliari, il quale – nella fattispecie concreta in esame – avrebbe ingiustificatamente omesso, per circa un anno ) di espletare la dovuta attività di trascrizione delle intercettazioni.
La censura non è fondata.
2.1 Va pregiudizialmente rilevato che la particolare complessità del dibattimento, che giustifica la sospensione della durata dei termini della custodia cautelare, deve essere apprezzata con riferimento alla fase dibattimentale nella sua interezza e non in sola relazione alla fase ancora da espletare (Sez. 1, n. 4435 del 14/01/2009, Grozavu, Rv. 242799); derivandone, per diretta conseguenza logica, che l’ordinanza può essere adottata in ogni momento del giudizio e, qualora intervenga in una fase avanzata del dibattimento, non deve dipendere necessariamente da fatti sopravvenuti e imprevedibili, ma semplicemente dalla valutazione prognostica che la complessità del dibattimento stesso possa far superare i termini massimi di fase (Sez. 6, n. 18218 del 11/03/2003, Sabatino, Rv. 225343) e ciò in quanto, proprio in diretta derivazione da tale carattere prognostico, il giudizio di particolare complessità deve essere formulato, alla stregua di criteri adeguatamente motivati, non con riguardo all’attività di studio degli atti, bensì in ragione dell’attività da compiere nel corso della celebrazione del dibattimento o del giudizio (Sez. 6, n. 21745 del 04/05/2018, COGNOME, Rv. 273020); tanto sulla base di un accertamento fattuale che è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato (Sez. 6, n. 28663 del 23/06/2015, COGNOME, Rv. 264054).
Ne deriva quindi, in diretta correlazione con le tematiche poste alla base del motivo di ricorso, che – dato per non rilevante, sulla base dei motivi predetti, l’allungamento dei tempi derivante dal pregresso svolgimento del giudizio, anche se per ipotesi dovuto alla non giustificata inerzia di uno dei suoi attori – deve intendersi legittimamente disposta la sospensione dei termini della custodia cautelare per tutti gli imputati quando la complessità del dibattimento riguardi l’espletamento di una perizia – nella specie relativa alla trascrizione delle intercettazioni – che presenta il carattere del necessità ed inevitabilità, anche se riguardante la posizione di uno solo di essi, posto che si tratta di un atto di natura oggettiva relativo dibattimento, senza distinzione tra le posizioni dei singoli imputati e che rientra nel potere discrezionale del giudice decidere se effettuare o meno la perizia medesima (Sez. 5, n. 53234 del 17/07/2018, R., Rv. 274163).
Il tutto richiamando il principio, pure adeguatamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, in base al quale in tema di sospensione dei
termini di durata della custodia cautelare, la valutazione concernente la particolare complessità del dibattimento attiene a tutte le concorrenti esigenze processuali, nonché ai carichi di lavoro – ivi compresa la contingente situazione dell’ufficio giudiziario – e ai tempi occorrenti per l’approfondimento della posizione di ciascun imputato, per l’esame dei testi, per l’espletamento di particolari mezzi istruttori, in modo da accertare se nel caso di specie ricorra una situazione oggettiva tale da impedire la sollecita definizione del giudizio (Sez. 1, n. 3423 del 14/01/2009, COGNOME, Rv. 242633; Sez. 2, n. 3155 del 22/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282520 – 02).
2.2 Alla luce di quanto esposto, deve ritenersi che il Tribunale distrettuale si sia complessivamente ben confrontato con i predetti principi; attribuendo rilievo alle sole circostanze contingenti sussistenti al momento dell’emissione del provvedimento e ritenendo – sulla base di una valutazione discrezionale non tangibile in questa sede – che i tempi necessari per l’espletamento della perizia fossero idonei a concretizzare l’attributo di particolare complessità necessario per la sospensione dei termini.
Quanto alla prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art.304, comma 2, cod.proc.pen. (da ritenere implicitamente disattesa dal Tribunale distrettuale e riproposta in questa sede), la stessa deve ritenersi manifestamente infondata sulla scorta della condivisione delle argomentazioni già espresse sul punto da Sez.U, 1°/10/1991, n.20, COGNOME, RV. 188529.
Pronuncia nella quale è stato evidenziato che «La Corte Costituzionale ha sempre affermato che il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 contenuto nella costituzione non deve intendersi nel senso che il legislatore non possa dettare norme diverse per regolamentare situazioni che esso considera diverse, ma che tale principio va inteso nel senso che deve essere assicurato ad ognuno eguaglianza di trattamento quando siano ragionevolmente ritenute eguali le situazioni soggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono. Nella specie la disparità di trattamento lamentata non discenderebbe comunque da norme statuenti difformità di disciplina di eguali situazioni astrattamente ipotizzate quanto piuttosto da occasionali circostanze di fatto, legate a fattor irrilevanti per la norma; i criteri di computo dei termini di custodia cautelare risultano correlati, con disciplina valida erga omnes, alle particolari necessità imposte dai livelli contingenti di
criminalità COGNOME ed COGNOME alle COGNOME conseguenti COGNOME indispensabili COGNOME operazioni processuali; non sussiste neppure un contrasto della norma in esame con il disposto di cui all’ultimo comma dell’art. 13 della costituzione: i limiti massimi della custodia cautelare restano prefissati per legge, anche se la stessa legge, per ovvi motivi di necessità, consente per situazioni del tutto peculiari legate o ad esigenze personali dell’imputato o ad esigenze inderogabili per l’accertamento della verità proroghe di tali termini, non ad libitum del magistrato ma solo quando sussistano precisi presupposti prefissati per legge, ponendo comunque un tetto massimo anch’esso prefissato per legge (il problema se tale tetto massimo sia congruo e ragionevole esula dalla questione in esame che si riferisce ai termini di fase e non a quelli complessivi); – non sussiste il contrasto della norma in esame neppure con il principio costituzionale di cui all’art. 24: il diritto di dife la sua inviolabilità non apparvero in alcun modo compromessi dalla disposizione in esame che anzi, proprio perché non impone a chi presiede il dibattimento una sua chiusura affrettata per impedire la scadenza di termini di custodia, consente una serena disamina delle risultanze processuali e sufficiente ampiezza di discussione di tali risultanze a tutto vantaggio dell’imputato. È da rilevare che questi ha certamente un interesse a non vedere protratta la sua carcerazione, ma ha anche, anzi principalmente, interesse a vedere accertata nel modo più completo la sua eventuale innocenza o la sua minore responsabilità. È ben vero che l’imputato può desiderare una accelerazione dei tempi del dibattimento per limitare il sacrificio connesso alla sospensione dei termini di custodia: ciò tuttavia non comprime l’esercizio pieno e completo del diritto di difesa ma impone semmai solo la rinuncia a tattiche puramente dilatorie che, peraltro, non sono coperte da alcuna garanzia costituzionale non potendosi riconnprendere nel diritto di difesa la facoltà di influenzare impunemente l’andamento e la dimensione cronologica del processo; nessun contrasto si rinviene neppure con l’art. 27 comma 2 Cost. (da definire più opportunamente come non considerazione di colpevolezza): il prolungamento della detenzione, dovuto a particolari esigenze cautelari e processuali, conserva la natura di custodia e non si trasforma in alcun modo in una espiazione anticipata della pena», con argomentazioni che appaiono sicuramente Corte di Cassazione – copia non ufficiale
estensibili anche alla dedotta violazione dei parametri europei interposti invocati dal ricorrente.
D’altra parte, va richiamato sul punto anche il principio espresso da Corte Cost. 17/07/2012, n.204; la quale, investita della questione di legittimità dell’art.304, comma 2, cod.proc.pen. nella parte in cui consente la sospensione dei termini di fase durante il dibattimento in relazione a un atto (quale, nella specie, proprio la redazione di una perizia trascrittiva di intercettazioni) astrattamente espletabile in sede di indagini preliminari, ha rilevato che «La circostanza che la “particolare complessità del dibattimento” possa essere condizionata dalla «concreta dinamica del processo» e che questa, a sua volta, si ricolleghi alle iniziative probatorie delle parti – e segnatamente, per quanto qui rileva, a quelle del pubblico ministero concernenti una perizia – non determina alcun vulnus costituzionale in un sistema che è caratterizzato, tra l’altro, dalla previsione dei «termini finali complessivi, in funzione di limite massimo insuperabile (c.d. massimo dei massimi) anche ove si verifichino ipotesi di sospensione, proroga o neutralizzazione del decorso dei termini di custodia cautelare» (sentenza n. 299 del 2005)».
Il motivo inerente al difetto di motivazione del provvedimento impugnato in punto di persistente sussistenza delle esigenze cautelari è manifestamente infondato.
Deve infatti ritenersi, in ragione della lettura combinata dell’art.304, comma 2 e dell’art.310 cod.proc.pen., che l’ordinanza in questione possa essere impugnata con il mezzo dell’appello in sola correlazione con la dedotta assenza dei presupposti previsti per la sospensione dei termini di custodia cautelare; essendo le questioni inerenti alla persistente attualità e concretezza delle esigenze cautelari e alla proporzionalità della misura conoscibili solo a seguito della presentazione di apposita e distinta istanza ai sensi dell’art.299, comma 3, cod.proc.pen..
5. Il ricorso va quindi rigettato.
Vanno altresì trasmessi gli atti alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma iter disp. att. cod. proc. pen.
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Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Il Consigliere estensore
Così deciso il 19 aprile 2024
Il Presidente