Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1834 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1834 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MAZARA DEL VALLO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del PG COGNOME: il Proc. Gen.si riporta alla requisitoria già depositata e conclude per l’inammissibilità;
udito il difensore: l’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO espone i motivi di gravame ed insiste nell’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza emessa il 13 giugno 2023 dal Tribunale del riesame di Palermo, con la quale è stato rigettato l’appello proposto nei confronti dell’ordinanza della Corte di appello di Palermo che aveva disposto la sospensione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen., nei confronti degli imputati sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere per delitti di criminalità organizzata.
Il ricorrente deduce violazione di legge processuale ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen.: la sospensione dei termini della custodia, che secondo la motivazione della Corte di appello sarebbero stati destinati a scadere nel mese di novembre 2023, sarebbe stata dovuta anche alla necessità di rimuovere gli effetti di una violazione di legge, eccepita dalla difesa, e relativa al mancata notificazione ad uno dei due difensori dell’imputato dell’avviso di deposito della sentenza di primo grado. Rilevata la fondatezza dell’eccezione, la Corte di appello, prima dell’udienza fissata per il mese di settembre 2023, avrebbe pertanto disposto la notifica, consentendo al secondo difensore di proporre autonoma impugnazione, in pari tempo disponendo l’altrimenti non necessaria sospensione dei termini di custodia. Così facendo, avrebbe cagionato un vulnus al diritto inviolabile dell’imputato alla libertà personale.
In tal modo, osserva il ricorrente, la sospensione del termine sarebbe stata disposta in pendenza del termine per proporre impugnazione, termine riconosciuto al secondo difensore dell’imputato, e ciò avrebbe aggravato la posizione del COGNOME rispetto a quella degli altri imputati. La Corte avrebbe dovuto separare i procedimenti ovvero, quantomeno, far decorrere la sospensione dal momento dell’apertura del dibattimento.
In ogni caso, sarebbero inconferenti i richiami operati dalla Corte di appello alla complessità della motivazione della sentenza di primo grado ovvero degli atti di appello da esaminare, posto che il giudizio di complessità rilevante ai sensi dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen., va effettuato con esclusivo riferimento all’attività processuale da compiere e non a quella già compiuta.
Il ricorrente denuncia pure l’incostituzionalità dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen., per violazione degli artt. 3, 13 comma quinto, 111 e 117 Cost. e 6 Cedu nella parte in cui non prevede che i termini di custodia cautelare non debbano essere sospesi in caso di rimessione nel termine per proporre impugnazione.
3. Si è proceduto a discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Un primo motivo di inammissibilità concerne la deduzione della violazione di legge processuale, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., che è consentita solo laddove si tratti di denunciare violazione di norme la cui osservanza è prevista a pena di nullità, inutilizzabilità o decadenza, vizi nel caso di specie nemmeno menzionati nel motivo di ricorso.
Del resto, non compete alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti procedimento che non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente (Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, De brio, Rv. 244328).
Il ricorso, in realtà, investe la motivazione del provvedimento impugnato, ma nemmeno sotto questo profilo coglie nel segno, essendo al contrario manifestamente infondato.
A norma dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen. i termini di durata massima della custodia cautelare possono essere «sospesi, quando si procede per taluno dei reati indicati dall’art. 407, comma 2, lettera a), nel caso di dibattimenti o giudizi abbreviati particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni».
Certamente è corretta l’osservazione difensiva secondo la quale la valutazione in ordine alla “particolare complessità” del giudizio, innanzitutto, implica un apprezzamento di carattere prognostico, da formulare con riguardo non all’attività già espletata, ma all’attività da compiere (cfr., con espresso riferimento al dibattimento di appello, Sez. 6, n. 21745 del 04/05/2018, Rao, Rv. 273020 e Sez. 2, n. 44625 del 12/07/2013, COGNOME, Rv. 257514); come pure quella secondo la quale non ha rilievo dirimente la necessità di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale (cfr. ad esempio, Sez. 2, n. 16361 del 02/04/2008, COGNOME, Rv. 240410, e Sez. 1, n. 2669 del 10/01/2005, COGNOME, Rv. 230555).
Consolidato è però l’insegnamento di questa Corte, secondo cui, «ai fini della sospensione dei termini di durata della custodia cautelare nel giudizio di appello, la particolare complessità di quest’ultimo può essere desunta dall’elevato numero degli imputati (nella specie, sette), dalla tipologia e gravità delle imputazion relative a delitti di criminalità organizzata, dalla qualità e dal numero di question
sollevate con gli atti di appello e dalla necessità di fissare più udienze per l discussione delle parti, indipendentemente da un provvedimento di rinnovazione dell’istruttoria» (Sez. 5, n. 40452 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 277406; Sez. 2, n. 29395 del 27/06/2012, Cante, Rv. 253327). I principi sono pacifici, tanto da essere stati riportati negli esatti termini anche da sentenze successive e recenti, non massimate: cfr. Sez. 6, n. 43950 del 17/10/2023, COGNOME; Sez. 2, n. 46558 del 06/10/2022, COGNOME Stefano; Sez. 2, n. 3155 del 22/12/2021, dep. 2022, COGNOME; Sez. 1, n. 11603 del 27/01/2021, NOME.
Ai fini di tale apprezzamento, da riferire al dibattimento nella sua interezza e non alle posizioni dei singoli imputati (Sez. 2, n. 19942 del 17/02/2012, COGNOME, Rv. 252839), possono rilevare la sopravvenienza di nuove difficoltà tecniche che si innestano su una attività istruttoria già complessa (v. Sez. 6, n. 15884 del 06/04/2016, Zona, Rv. 266544, la quale ha valorizzato il danneggiamento di un supporto informatico relativo alla trascrizione di conversazioni intercettate, caratterizzata da molteplicità, lunghezza e difficile intellegibilità), ovvero ostaco di natura logistica, riguardanti l’organizzazione dei mezzi e delle strutture necessarie per lo svolgimento del dibattimento (cfr., ad esempio, Sez. 5, n. 21325 del 27/04/2010, COGNOME, Rv. 247308).
L’ordinanza in esame appare immune da censure, avendo confermato la sospensione dei termini di custodia cautelare durante il giudizio di appello primariamente in considerazione della particolare complessità del dibattimento, affermata sulla base del numero degli imputati (dodici), della tipologia e gravità delle imputazioni (relative a delitti di criminalità di tipo mafioso), della qualit del numero di questioni sollevate con gli atti di appello e della necessità di fissare più udienze per la discussione delle parti.
Dunque, la motivazione è corretta e va aggiunto che la valutazione sulla particolare complessità del giudizio, se adeguatamente motivata come nel caso di specie, costituisce un accertamento fattuale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 28663 del 23/06/2015, COGNOME, Rv. 264054; Sez. 2, n. 36638 del 17/04/2013, COGNOME, Rv. 256063).
La circostanza che la sospensione dei termini sia avvenuta prima della celebrazione dell’udienza di discussione è del tutto irrilevante, come pure lo è la circostanza che per uno degli imputati (l’odierno ricorrente, appunto), non fossero ancora spirati i termini per l’impugnazione (v. Sez. 6, n. 28560 del 26/06/2009, Mangion, Rv. 244424).
Per completezza occorre rilevare che, nel corso della discussione orale, il difensore si è intrattenuto sulla norma di cui all’art. 304, comma 5, cod. proc. pen., sostenendo che il processo a carico del COGNOME, unico degli imputati ad
essersi trovato nella condizione di cui si è detto in premessa (cioè la mancata notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello ad uno dei difensori), doveva essere separato. Ebbene, le conclusioni prese dalla Corte di appello in ordine alla sospensione dei termini di custodia sarebbero implausibili, perché il procedimento separato non sarebbe stato contraddistinto da analoga complessità.
Il riferimento giurisprudenziale è a quelle pronunce che hanno affermato, invero, che «l’ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare emessa a norma dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen. è efficace per tutta la durata del giudizio e, nel caso di separazione processuale della posizione di alcuni imputati, si estende automaticamente al processo derivante dallo stralcio, sempre che persistano le condizioni di complessità del dibattimento» (Sez. 1, n. 3044 del 26/10/2022, dep. 2023, Fallica, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
L’osservazione è fuori fuoco: il comma 5 dell’art. 304 si riferisce ai casi previsti dalle lettere a) e b) del comma 1 e dal comma 4 della medesima norma, e non richiama invece il comma 2, applicato nel caso di specie.
La norma prevista dall’art. 304, comma 5, cod. proc. pen. mira a limitare, nel processo plurimo, la protrazione della libertà personale quale effetto della sospensione dei termini custodiali determinata da situazioni processuali che si riferiscono ad un singolo imputato; situazioni che non debbono nuocere agli altri imputati. Il comma 2, invece, riguarda una situazione di carattere oggettivo, che investe tutti gli imputati.
Ancora una volta va osservato che la sospensione dei termini non è stata disposta per ragioni di carattere personale dell’imputato COGNOME, ma per la complessità del procedimento, che riguardava tutti gli imputati.
In ogni caso, è certamente fuori discussione che il processo a carico dell’odierno ricorrente mantenesse lo stesso livello di complessità sia che l’imputato fosse giudicato in un processo cumulativo sia che, in ipotesi, fosse giudicato da solo, tenuto conto di almeno alcuni degli elementi posti a fondamento dell’ordinanza della Corte di appello (tipologia e gravità delle imputazioni, numero di questioni da affrontare).
La questione di legittimità costituzionale proposta non è rilevante ai fini della decisione, perché, come si è visto, la sospensione dei termini ex art. 304, comma 2, cod. proc. pen. non è stata disposta a causa della rimessione nei termini per impugnare di un difensore.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 05/12/2023