Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4843 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 4843  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/06/2023 del TRIB. RIESAME di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
1.Con la prefata ordinanza il Tribunale di Palermo, Sezione Riesame, rigettava l’appello proposto dall’COGNOME contro l’ordinanza della Corte d’appello di Palermo che aveva rigettato l’istanza dello stesso di declaratoria di inefficacia della misura della custodia cautelare in carcere, argomentata sulla scorta dell’inoperatività nella fattispecie in esame della sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare contemplata, nel contesto della normativa c.d. emergenziale, dall’art. 83, quarto comma, del d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla legge n. 27 del 2020.
Propone ricorso per cassazione avverso tale ordinanza NOME COGNOME, con il difensore di fiducia AVV_NOTAIO, affidandosi ad un unico motivo con il quale lamenta violazione degli artt. 303, comma 1, lett. b), n. 3, 306 e 311 cod. proc. pen., 416-bis cod. pen., 83, commi e, 3 e 4 del d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla legge n. 27 del 2020.
A fondamento della doglianza il ricorrente deduce che il comma 4 del predetto art. 83, laddove prevede la sospensione del termine di durata massima delle misure cautelari, deve essere interpretato nel senso che detta sospensione può operare solo se ricorre una delle ipotesi di sospensione dei termini procedurali disciplinate dal comma 2 della medesima disposizione.
Ciò posto, evidenzia che, nel periodo rilevante, ricompreso tra le date del 9 marzo e dell’Il maggio 2020, non era in corso alcun termine processuale a sé riferibile atteso che il termine di durata delle indagini preliminari era ormai scaduto sin dalla data del 5 aprile 2019, sicché nei suoi confronti non avrebbe potuto operare, a differenza di quanto ritenuto dal provvedimento impugNOME, la sospensione contemplata dal richiamato art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla I. n. 27 del 2020, con l’ulteriore conseguenza che il termine massimo di fase della custodia cautelare era decorso alla data del 17 luglio 2020, anteriore a quella nella quale il GRAGIONE_SOCIALEP. aveva, in data 8 settembre 2020, disposto il giudizio abbreviato.
Il ricorrente contesta, in particolare, l’interpretazione che il Tribunale del Riesame ha operato dei principi ritraibili dalla sentenza c.d. COGNOME delle Sezioni Unite della Corte di cassazione assumendo che essi sarebbero applicabili solo ai procedimenti penali già pervenuti a giudizio e non anche a quelli che si trovano nella fase di indagini preliminari: questa esegesi comporterebbe, ad avviso della difesa dell’COGNOME, una sorta di “confusione” tra termini processuali e termini di durata massima delle misure cautelari. Osserva ulteriormente a riguardo che, nel caso concreto, il termine di durata massima delle indagini preliminari era già scaduto da tempo, talché non potrebbe essere compiuto il medesimo ragionamento operato dal precedente di legittimità richiamato ripetutamente
nella motivazione della decisione impugnata, ossia la sentenza n. 24975 del 2022, pronunciata dalla Sezione Prima Penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso non è fondato.
Nella motivazione della pronuncia delle Sezioni Unite “COGNOME” – che pure il ricorrente richiama per sostenere le proprie doglianze – è puntualizzato che “la sospensione dei termini di prescrizione nelle altre fasi del procedimento o del processo non è altrettanto necessariamente legata alla sopravvenuta impossibilità di celebrare un’udienza, posto che il citato secondo comma dell’art. 83 sospende, senza distinzione, «tutti i termini procedurali», purché, come detto, gli stessi decorrano nell’intervallo temporale considerato da tale disposizione e siano tali nel senso indicato dal primo comma dell’art. 172 cod. proc. pen.” (Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, COGNOME).
Nella giurisprudenza di questa Corte, dopo la richiamata decisione, si è consolidato l’indirizzo interpretativo, cui il collegio intende dare continuità, per i quale la sospensione dei termini di custodia cautelare di cui all’art. 303 cod. proc. pen., prevista dall’art. 83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 – che opera a prescindere da un provvedimento del giudice, in quanto imposta dalla legge – può essere esclusa solo qualora l’interessato formalizzi la volontà di non avvalersene (Sez. 2, n. 47116 del 14/10/2021, Ielapi, Rv. 282686 – 01).
Peraltro, per quel che maggiormente rileva in questa sede, nel ribadire tale principio con riguardo al soggetto detenuto nella fase delle indagini preliminari, questa stessa Corte ha puntualizzato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, commi 2, 3 e 4, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 e successive modificazioni, in relazione agli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost., nella parte in cui consente che la sospensione dei termini cautelari di fase si applichi anche agli indagati sottoposti a custodia cautelare per i quali il pubblico ministero non abbia ancora esercitato l’azione penale, in quanto un’interpretazione costituzionalmente orientata di tale norma impone, da un lato, di annoverare tra i «detenuti» anche gli indagati in custodia cautelare e, dall’altro, di includere questi ultimi tra i soggetti che, al fine di impedi la sospensione dei termini di custodia cautelare, possono richiedere che si proceda, nella specie sollecitando il pubblico ministero ad esercitare l’azione penale (cfr., ex aliis, Sez. 3, n. 36359 del 28/04/2021, Dragotto, Rv. 282368 01; Sez. 3, n. 17394 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281729 – 01).
Né peraltro assume rilievo, rispetto alla vicenda che ne occupa, la peculiare circostanza sulla quale insiste la difesa del ricorrente, ossia il fatto che il termine
di durata delle indagini era ormai scaduto quando è entrato in vigore il predetto art. 83, quarto comma, del d.l. n. 18 del 2020, conv. dalla I. n. 27 del 2020, atteso che questo non comporta che la difesa non potesse paralizzare con una propria istanza la sospensione del termine di durata delle indagini preliminari, istanza che vieppiù sarebbe stata ragionevole in una ipotesi nella quale si era realizzato un ritardo nell’esercizio dell’azione penale.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma 1’11 gennaio 2024
Il Consigliere Estensore