Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1303 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1303 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Ostuni il 27/07/1935
avverso l’ordinanza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di POTENZA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 5 maggio 2023 la Corte d’appello di Potenza, in funzione di giudice della revisione, ha accolto l’istanza del condannato NOME COGNOME di sospensione dell’esecuzione ex art. 635 cod. proc. pen. della pena oggetto della sentenza del Tribunale di Brindisi 3 ottobre 2022, ma al tempo stesso ha applicato al condannato la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza per scongiurarne il pericolo di fuga nelle more della definizione del procedimento di revisione.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo, in cui deduce violazione norma
processuale, in quanto la misura cautelare disposta ex art. 635, comma 2, cod. proc. pen., deve rispettare gli stessi limiti di cui all’art. 274 cod. proc. pen. e, n caso in esame, in cui la pena da eseguire è di tre mesi di reclusione, andrebbe considerato che il pericolo di fuga permette l’applicazione della misura solo per pene non inferiori a due anni di reclusione; inoltre, l’ordinanza non spiega in alcun modo da dove ha ricavato il giudizio sull’esistenza delle esigenze cautelari, su cui manca del tutto motivazione.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
L’art. 635, comma 1, cod. proc. pen. dispone che la Corte d’appello, quale giudice investito della richiesta di revisione del processo, può in qualunque momento disporre, con ordinanza, la sospensione dell’esecuzione della pena. Nel silenzio della norma la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la sospensione dell’esecuzione – “istituto di carattere eccezionale, poiché deroga al principio di obbligatorietà dell’esecuzione” (Sez. 1, n. 35873 del 27/11/2020, Favara, n.nn.) debba essere disposta in caso di “ragionevole prognosi di favorevole esito della revisione” (Sez. 1, n. 19107 del 31/03/2023, Zuncheddu, n.m.).
La stessa norma dell’art. 635, comma 1, cod. proc. pen. prevede che, nel caso in cui provveda a sospendere l’esecuzione della pena, il giudice della revisione possa anche applicare una delle misure cautelari coercitive previste dagli artt. 281, 282, 283, 284 cod. proc. pen.
Come emerge dalla lettera della norma, l’applicazione della misura cautelare speciale dell’art. 635 cod. proc. pen. non è, però, una mera conseguenza automatica del provvedimento di sospensione dell’esecuzione della pena, ma deve essere frutto di una valutazione ulteriore del giudice della revisione (“applicando, se del caso, una delle misure coercitive”).
Il giudice della revisione diventa, pertanto, anche giudice della cautela, pur se egli non deve effettuare valutazioni sui gravi indizi di colpevolezza, in quanto gli stessi sono logicamente incompatibili con la decisione di sospensione dell’esecuzione della pena, che, come detto, presuppone una ragionevole prognosi di favorevole esito della revisione.
La valutazione cui è chiamato il giudice della revisione per decidere se applicare o meno una misura cautelare nelle more del giudizio di cui agli artt. 633 e ss. cod. proc. pen. è, pertanto, soltanto quella sulle esigenze cautelari, ma lo
standard di valutazione delle esigenze cautelari è diverso da quello ordinario di cui all’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., in quanto riguarda soggetto che è già stato condannato per il reato che gli è stato attribuito (Sez. 1, n. 5596 del 13/10/1999, Sofri, Rv. 214496: In ordine ai presupposti dell’applicazione delle misure cautelari previste dalla norma speciale dell’art. 635 cod. proc. pen. la giurisprudenza di legittimità ritiene che “l’art. 635 c.p.p., comma 1, concede al giudice, investito della richiesta di revisione del processo, la facoltà di sospendere l’esecuzione della pena, applicando, se del caso, una delle misure coercitive ivi previste. A quest’ultimo riguardo, anche se il vaglio delle esigenze cautelari indubbio presupposto per l’applicazione di una delle misure previste dall’art. 281 c.p.p. e segg. – deve essere più rigoroso, riguardando comunque la posizione di persone già condannate, la relativa valutazione va condotta alla stregua dei criteri enunciati dall’art. 274 c.p.p., essendo questo l’unico parametro normativo offerto in proposito dal sistema).
La “non piena identità di valutazioni cautelari da assumere nel corso del procedimento penale e quelle conseguenti alla presentazione della richiesta di revisione” (Sez. 5, Sentenza n. 4645 del 10/10/2012, dep. 2013, Nunziata, n.m.) comporta che la motivazione sulle esigenze cautelari possa essere più affievolita rispetto a quella cui è ordinariamente chiamato il giudice della cautela.
Ma, pur se nel contesto di una motivazione affievolita, un percorso logico che spieghi quali sono le esigenze cautelari cui è funzionale l’applicazione della misura, e da quali circostanze il giudice ne trae l’esistenza, deve pur esservi nella ordinanza applicativa.
Nel caso in esame, la ordinanza impugnata specifica che la misura cautelare è stata disposta per il pericolo di fuga, ma non spiega in alcun modo da quali circostanze sia desumibile tale pericolo, ed è, pertanto, affetta dal vizio di motivazione denunciato con il ricorso.
L’ulteriore argomento sviluppato nel motivo è assorbito.
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con appello di Potenza. rinvio per nuovo giudizio alla Corte di
Così deciso il 16 novembre 2023
Il consigliere estensore
Il presidente