Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1175 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 1175 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il 06/04/1972 COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il 21/09/1979 COGNOME nata a VIBO VALENTIA il 20/06/1973 COGNOME nato a VIBO VALENTIA il 08/03/1972
avverso l’ordinanza del 10/10/2023 del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Vibo Valentia ha rigettato l’istanza di sospensione del processo, avanzata nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nell’ambito del processo n. 3135/2021 R.G.N.R., avente a oggetto, anche, i reati di bancarotta fraudolenta e di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di bancarotta.
Avverso detta ordinanza, gli imputati, con un unico atto, hanno proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con un unico motivo, deducono il vizio di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 18 e 479 cod. proc. pen.
Rappresentano che: a seguito della revoca della sentenza dichiarativa del fallimento, la difesa aveva chiesto la sospensione del processo; il Tribunale aveva rigettato l’istanza, in quanto il processo aveva a oggetto anche reati «non direttamente attinti dagli effetti della declaratoria di revoca della sentenza dichiarativa di fallimento».
Tanto premesso, i ricorrenti sostengono che, ai sensi degli artt. 479 e 18 cod. proc. pen., il Tribunale, a seguito della revoca della sentenza dichiarativa del fallimento, sarebbe stato obbligato a sospendere il processo e a separare le posizioni processuali “coinvolte” dalla revoca della sentenza dichiarativa di fallimento.
I ricorsi sono inammissibili, attesa la non autonoma impugnabilità dell’ordinanza con cui è stata rigettata la richiesta di sospensione del processo.
Va, al riguardo, ricordato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, le ordinanze pronunciate nel corso del giudizio sono impugnabili, ove non diversamente disposto, unitamente al provvedimento finale della fase processuale in corso, secondo quanto previsto dall’art. 586 cod. proc. pen.
Tale principio è derogabile nel solo caso in cui l’ordinanza sia affetta da abnormità, che, nel caso in esame, oltre a non essere stata prospettata dagli interessati, non appare configurabile, atteso che il provvedimento censurato (in base agli elementi rappresentati dai ricorrenti) appare costituire manifestazione del potere discrezionale del giudice davanti al quale il processo pende. Esso, sotto il profilo strutturale, non pare porsi al di fuori del sistema delineato dalla legg processuale e, sotto il profilo funzionale, non ha di certo determinato la stasi del processo o l’impossibilità di proseguirlo.
L’inammissibilità, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., deve essere dichiarata de plano.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro 4.000,00.
t
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 24 novembre 2023.