Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12690 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1   Num. 12690  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Mazzarino il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta del 24/10/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la  requisitoria del  Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 24.10.2024, il Tribunale di Caltanisetta, in funzione di giudice del riesame, ha provveduto su un appello, presentato nell’interesse di COGNOME NOME, avverso un’ordinanza della Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta in  data  7.10.2024,  con  cui  era  stata  rigettata  la  richiesta  di  scarcerazione dell’imputato per la perdita di efficacia della misura della custodia in carcere ex art. 303, comma 1, lett. b), numeri 3) e 3bis ), cod. proc. pen.
L’ordinanza  impugnata  dà  atto  che,  con  la  richiesta  di  declaratoria  della inefficacia della misura era stato rappresentato:
-che il giudizio di primo grado, instaurato con decreto del 2.12.2019, si è concluso con condanna il 10.11.2022 e, dunque, dopo due anni, undici mesi e otto giorni trascorsi dall’imputato in stato di custodia cautelare;
-che il termine di fase indicato dall’art. 303, comma 1, lett. c), n. 3), cod. proc. pen., considerato l’aumento previsto dal n. 3bis ), è pari a due anni;
-che nel corso del processo di primo grado si sono verificati periodi di sospensione: per 53 giorni dal 19.3.2020 all’11.5.2020 a causa della emergenza epidemiologica da Covid-19; per 23 giorni, ex art. 304, comma 2, cod. proc. pen., nei quali si sono tenute le udienze; per complessivi 196 giorni in occasione del rinvio delle udienze del 27.11.2020, del 26.3.2021 e del 21.5.2021 per legittimo impedimento dello stesso imputato COGNOME; per 28 giorni in occasione del rinvio dell’udienza del 21.1.2022 per legittimo impedimento dell’imputato COGNOME;
-che, invece, non si possa fare riferimento al distinto termine di tre anni richiamato  dalla  Corte  di  Assise d’Appello nell’ordinanza  del  13.2.2020, adottata ai sensi dell’art. 304, comma 6, cod. proc. pen., trattandosi di un criterio sussidiario e non sostitutivo rispetto ai singoli periodi di sospensione disposti con le successive ordinanze;
-che, pertanto, la scadenza della misura si ottiene sommando alla data del 9.12.2019 il termine di fase di due anni, più altri 300 giorni di sospensioni disposte dalla Corte d’assise, con la conseguenza che il termine sarebbe scaduto il 2.9.2022 prima della sentenza di condanna di primo grado.
La Corte d’Assise d’Appello aveva rigettato l’i stanza di scarcerazione, ritenendo che la Corte d ‘Assise in primo grado avesse correttamente indicato, ai sensi dell’art. 304, comma 6, cod. proc. pen. la scadenza del termine di fase nel giorno 1.12.2022, considerato che il 13.2.2020 aveva sospeso i termini in ragione della particolare complessità del procedimento con un’ordinanza non impugnata dai difensori e che, di conseguenza, il termine era da reputarsi sospeso non solo nei giorni di udienza e di deliberazione della sentenza, ma anche con riferimento ai relativi intervalli temporali.
Con  l’appello,  la  difesa  ha  censurato la  decisione  della  Corte  d’Assise d’Appello , eccependo che la sospensione del 13.2.2020 era stata seguita da cinque ulteriori ordinanze di sospensione dei termini, le quali andavano ritenute prevalenti nei confronti della prima ordinanza con un effetto di revoca.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto l’appello infondato e lo ha rigettato, in quanto non spiega perché l’ordinanza del 13.2.2020 debba ritenersi logicamente incompatibile con le ordinanze sospensive successive, atteso che tra le stesse c’è tutt ‘ al più un rapporto di continenza, dovendosi attribuire alla prima un’efficacia assai più ampia rispetto alle seguenti, le quali sono state verosimilmente pronunciate solo al fine di ribadire la ricorrenza di ulteriori e distinte circostanze di sospensione.
Di conseguenza, il Tribunale ha concluso nel senso di riconoscere la superfluità delle  cinque  ordinanze  di  sospensione  successive  a  quelle  del  13.2.2020  e  ha
respinto la tesi difensiva secondo cui tali ordinanze avrebbero una forza abrogante rispetto alla prima.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME NOME , articolando un unico motivo, con il quale rileva, ai sensi dell’art. 606, comma 1,  lett.  c),  cod.  proc.  pen.,  che  le  cinque  ordinanze  di  sospensione  sono logicamente incompatibili con il raddoppio dei termini e che, pertanto, andavano ritenute prevalenti sull’ordinanza adottata ex art. 304, comma 6, cod. proc. pen.
In particolare, il ricorso censura che il Tribunale del riesame non affronti il problema del valore giuridico delle cinque ordinanze di sospensione; peraltro, in caso di dubbio, la logica giuridica vorrebbe che fossero interpretate nel senso di conferire loro un effetto favorevole all’imputato.
In materia di sospensione dei termini di custodia cautelare, ogni decisione sull’applicazione  di  una  causa  di  sospensione  assume  autorità  di  giudicato,  nel senso che ha effetto fin tanto che non intervenga un nuovo elemento che incida sulla valutazione precedente. Le ordinanze successive, quindi, sono logicamente incompatibili con quella precedente della quale non si può più tenere conto.
Con requisitoria scritta trasmessa il 19.12.2024, il AVV_NOTAIO Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando che l’ordinanza di sospensione – non impugnata – è indipendente dalle ragioni di sospensione per altra causa dei termini di custodia cautelare, né può ritenersi superata da elementi sopravvenuti, per effetto di valutazioni espresse ai fini dell’adozione delle successive ordinanze, che non incidono sulla sussistenza del presupposto legittimante la precedente, più estesa, sospensione dei termini.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Ai sensi dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen., i termini di durata massima di custodia cautelare possono essere sospesi nella fase del giudizio di qualsiasi grado quando il dibattimento sia particolarmente complesso.
Il ricorso eccepisce che le ordinanze di sospensione dei termini successive a quella adottata per la particolare complessità del dibattimento costituiscono un nuovo elemento, suscettibile di influire sulla valutazione che aveva dato causa alla precedente decisione.
Si tratta, però, di un argomento che non può essere condiviso.
La causa della originaria sospensione dei termini risiedeva nella particolare complessità del dibattimento, che non è evidentemente superata dall’intervento di ulteriori  e  autonome  cause  di  sospensione  per  motivi  del  tutto  diversi,  quali
l’impedimento  dell’imputato  ovvero  la  sospensione  straordinari a  dei  termini  in occasione della emergenza epidemiologica da Covid-19.
La sospensione ex art. 304, comma 2, cod. proc. pen. interrompe il decorso dei  termini,  che  riprendono  a  decorrere  solo  quando  sia  cessata  la  causa determinante la sospensione stessa.
Ove intervengano cause ulteriori di sospensione dei termini, che non siano tuttavia idonee a determinare il superamento della causa della sospensione data per l’intera durata del dibattimento (sia pure entro i confini temporali stabiliti dal successivo comm a 6), vige l’unico limite che i periodi di sospensione successivi non possono essere sommati a quello, immanente, dell’ordinanza resa ex art. 304, comma 2, cod. proc. pen.: ciò che, nel caso di specie, non si è verificato.
Quest’ultima considerazione vale anche a fornire risposta all’ulteriore notazione  difensiva  secondo  cui  le  ordinanze  di  sospensione  successive  siano logicamente incompatibili con quella precedente.
Non si determina, infatti, alcuna situazione di inconciliabile coesistenza degli effetti ch e producono l’una e le altre, dal momento che la durata della sospensione dei termini non muta e che le sospensioni ricollegabili alle plurime ordinanze tutt’al più  coincidono  senza  dare  vita  ad  alcuna  concreta  ripercussione  sulla  durata complessiva della sospensione stessa.
Del resto, non è illogico che le ordinanze di sospensione successive per motivi autonomi e diversi dalla particolare complessità del dibattimento possano essere prudenzialmente  adottate  dal  tribunale,  anche  perché  l’ordinanza  ex  art.  30 4, comma 2, cod. proc. pen. è appellabile ai sensi del successivo comma 3 e potrebbe essere annullata.
Alla luce di quanto fin qui osservato, dunque, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Giacché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, si deve disporre ex art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen. che copia  del  provvedimento  sia  trasmessa,  a  cura  della  Cancelleria,  al  Direttore dell ‘Istituto penitenziario ove è attualmente ristretto il ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso l’8.1.2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME