Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10434 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10434 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato a Gioia Tauro (RC) il 19/2/1983
avverso l’ordinanza del 15/10/2024 del Tribunale del riesame di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/10/2024, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Palmi il 18/9/2024, che aveva disposto la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare ai sensi dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen.
Propone ricorso per cassazione l’COGNOME, deducendo – con unico motivo – la violazione della norma citata, con vizio di motivazione. Il Tribunale avrebbe
confermato la sospensione dei termini con argomento viziato ed in ragione di evenienze del tutto ipotetiche, quali la possibile richiesta di rinvio per legittim impedimento da parte di un difensore o i numerosi testi da sentire, invero non ancora ammessi e, dunque, insuscettibili di essere valutati nella loro portata istruttoria. La motivazione, inoltre, sarebbe contraddittoria, in quanto per un verso affermerebbe la necessità di un numero elevato di udienze per svolgere il dibattimento, ma, per altro verso, ammetterebbe la natura per lo più documentale delle prove. Infine, il Tribunale richiamerebbe anche il notevole carico di lavoro dell’Ufficio e la carenza di organico, così introducendo un elemento estraneo alla “particolare complessità” del giudizio indicata nell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta infondato.
Il Tribunale del riesame, pronunciandosi sull’appello cautelare, ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Palmi con ampio argomento, fondato su elementi concreti e tutt’altro che congetturali, oltre che pienamente aderenti ai costanti indirizzi giurisprudenziali di questa Corte.
4.1. La “particolare complessità” del dibattimento richiesta dall’art. 304, comma 2, cod. proc. pen. per la sospensione dei termini di cui all’articolo precedente è stata ravvisata, infatti, alla luce: del numero degli imputati a giudizio (dieci); dell’elevato numero di contestazioni mosse agli stessi; delle molteplici ed articolate vicende oggetto di imputazione, con correlata necessità di valutare i collegamenti tra gli imputati; della “enorme” mole del materiale intercettivo acquisito durante le indagini; dell’impossibilità di fissare udienze quotidiane, anche in ragione dei numerosi ed impegnativi processi pendenti presso lo stesso Tribunale in esito ad indagini della locale Direzione distrettuale antimafia.
4.2. In sintesi, dunque, l’ordinanza ha sottolineato una pluralità di elementi, e li ha ritenuti – con adeguata valutazione di merito, non sindacabile in questa sede – sicure e rilevanti “estrinsecazioni oggettive della complessità del dibattimento”; a queste, poi, sono state aggiunte le criticità di natura organizzativa nell’Ufficio, nei termini sopra richiamati.
Tanto premesso, questa motivazione non risulta affatto ipotetica od astratta, come sostenuto nel ricorso, né rileva che la valutazione dei testi da escutere sia avvenuta prima della ammissione dei mezzi di prova: il Tribunale del riesame, infatti, ha motivato il proprio giudizio non sulla base di argomenti eventuali o teorici, ma in ragione di obiettivi elementi valutabili anche prima dell’ammissione istruttoria, quali il numero e la complessità dei capi di
imputazione, i particolari ed ampi collegamenti tra le stesse contestazioni, il numero degli imputati e dei testimoni richiesti e da escutere, la mole delle intercettazioni. Lo stesso Tribunale, peraltro, ha correttamente richiamato il costante indirizzo, qui da ribadire, per il quale il giudizio di complessità, ex art. 304, comma 2, cod. proc. pen., che legittima la sospensione dei termini di custodia cautelare, ha carattere prognostico, dovendo essere formulato non con riguardo all’attività espletata ed esaurita, bensì in ragione dell’attività da compiere ed implica un accertamento fattuale insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato. (Sez. 6, n. 28663 del 23/6/2015, COGNOME, Rv. 264054: nella specie, la Corte ha ritenuto correttamente motivata l’ordinanza di sospensione dei termini che aveva fondato la valutazione di complessità del procedimento alla luce della struttura delle imputazioni, del numero degli imputati e di quello assai elevato di testimoni indicati nelle rispettive liste, nonché dell necessità di trascrivere un rilevante numero di conversazioni intercettate. In termini, successivamente, tra le molte, Sez. 4, n. 20784 del 19/4/2024, Astorino; Sez. 1, n. 16848 del 20/3/2024, COGNOME; Sez. 5, n. 14439 del 9/2/2024, Desio).
Con riguardo, poi, alle criticità organizzative dell’Ufficio innanzi al quale si celebra il processo, questa Corte ha ripetutamente affermato che il provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare per la particolare complessità del giudizio ben può prendere in considerazione anche le esigenze connesse ai carichi di lavoro dell’organo giudicante e dei magistrati che lo compongono, valutando così, quali ragioni estrinseche al processo, anche l’eventuale impiego di questi ultimi in altri complessi dibattimenti o comunque in altre attività giudiziarie (tra altre, Sez. 2, n. 27022 del 6/4/2011, Marino, Rv. 250886. Analogamente, tra le non massimate, Sez. 6, n. 24468 del 20/4/2021, COGNOME; Sez. 1, n. 56702 del 5/6/2018, Guardo).
Conclusivamente, dunque, l’ordinanza impugnata risulta immune da vizi, avendo affrontato – con particolare ampiezza – tutte le doglianze difensive, poi ribadite in questa sede, superandole con una adeguata lettura del giudizio in corso alla luce dei canoni giurisprudenziali appena richiamati.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2025
Il C nsigliere estensore