Sospensione condizionale della pena: l’importanza di richiederla in Appello
L’ordinanza in esame offre uno spunto cruciale sulla procedura penale e, in particolare, sul beneficio della sospensione condizionale della pena. La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: le richieste e le doglianze devono essere presentate nei tempi e nei modi corretti. Omettere un passaggio, come la richiesta di un beneficio in appello, può precludere la possibilità di discuterne in un secondo momento, con conseguenze significative per l’imputato. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. L’unico motivo del ricorso era la mancata concessione della sospensione condizionale della pena, un beneficio che, se accordato, avrebbe evitato al condannato di scontare la pena inflitta. Tuttavia, un dettaglio procedurale si è rivelato decisivo: questa specifica richiesta non era mai stata avanzata durante il processo d’appello. L’imputato, quindi, si è rivolto alla Suprema Corte per lamentare un’omissione su cui, però, non aveva sollecitato una decisione nel precedente grado di giudizio di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione e il principio applicato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione (ovvero se l’imputato avesse o meno diritto al beneficio), ma si è fermata a un livello preliminare, quello procedurale. I giudici hanno applicato un consolidato principio di diritto, già sancito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 22533 del 2019. Secondo tale principio, sebbene il giudice d’appello abbia il dovere di motivare la mancata applicazione d’ufficio del beneficio in presenza dei presupposti, l’imputato non può lamentarsi in Cassazione della sua mancata concessione se non ne ha fatto esplicita richiesta nel corso del giudizio di merito.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte sono nette e si basano sulla logica del sistema processuale. Il ricorso per Cassazione non è una terza istanza di merito dove si possono riesaminare i fatti o introdurre nuove richieste. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi inferiori. Se l’imputato non ha mai chiesto la sospensione condizionale della pena in appello, non ha dato modo alla Corte d’Appello di pronunciarsi specificamente su quel punto. Di conseguenza, non può poi accusare la stessa Corte di un’omissione in sede di legittimità. La mancata richiesta nel giudizio di merito è vista come una sorta di acquiescenza o disinteresse verso quel specifico beneficio, che non può essere ‘recuperato’ presentando un ricorso in Cassazione. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista quando l’inammissibilità è dovuta a colpa del ricorrente.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza sottolinea un insegnamento fondamentale per chiunque affronti un processo penale: la diligenza procedurale è essenziale. Ogni richiesta, inclusa quella relativa a benefici come la sospensione condizionale della pena, deve essere formalizzata in modo chiaro e tempestivo nel grado di giudizio competente, ovvero quello di merito (primo grado e appello). Affidarsi alla possibile concessione d’ufficio da parte del giudice è un rischio che può costare caro. La mancata richiesta preclude la possibilità di sollevare la questione davanti alla Corte di Cassazione, rendendo di fatto definitiva la decisione sulla pena senza poter più sperare nel beneficio. È un monito per gli imputati e i loro difensori a curare ogni aspetto della strategia processuale, senza lasciare nulla al caso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo, relativo alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, non era stato sollevato come motivo di appello nel precedente grado di giudizio.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Si può chiedere la sospensione condizionale per la prima volta in Cassazione?
No. Secondo il principio di diritto richiamato dalla Corte, l’imputato non può lamentarsi in Cassazione della mancata concessione del beneficio se non ne ha fatto esplicita richiesta durante il giudizio di merito (ad esempio, in appello).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10263 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10263 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME ( CUI CODICE_FISCALE ) nato il 25/02/1992
avverso la sentenza del 14/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e La sentenza impugnata;
letto il motivo di ricorso;
rilevato che:
l’unica censura riguarda la mancata concessione della sospensione condizionale della pena;
si tratta di motivo non proposto in occasione dell’interposizione dell’atto di appello avverso la sentenza di primo grado;
il motivo è inammissibile alla luce del principio di diritto per cui “in tema d sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito” (Sez. U – , Sentenza n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376 – 01);
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/01/2025