Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45934 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45934 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Catania, in qualità di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 13 giugno 2024 dichiarava inammissibile l’istanza presentata nell’interesse di COGNOME Salvatore e volta ad ottenere la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso il condannato, articolando un unico motivo consistente nella violazione di legge e nella mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente riteneva errata l’interpretazione data dalla Corte all’art. 671 cod. proc. pen., poiché in precedenza con la sentenza n. 1047/2022 l’imputato era stato assolto dal reato sub B) e dunque, la pena era stata rideterminata in una entità inferiore ai due anni.
Sulla scorta di questo presupposto il ricorrente riteneva che, essendo venuto meno il vincolo della continuazione fra i reati in ragione di tale pronuncia fosse concedibile il beneficio in sede esecutiva; una contraria interpretazione sarebbe del tutto illogica.
A seguito della assegnazione del ricorso alla settima sezione il ricorrente depositava note a sostegno della assegnazione ad altra sezione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto palesemente infondato.
La mera lettura della norma rende giustizia dell’interpretazione che il ricorrente dà dell’art. 671 co 3 cod proc pen : la possibilità da parte del giudice della esecuzione di concedere la sospensione condizionale della pena è una eccezione, essendo di norma di competenza del giudice della cognizione, che svolge gli accertamenti necessari ai fini della concessione del beneficio; tale eccezionale possibilità è collegata al riconoscimento del concorso formale o della continuazione fra i reati.
L’insegnamento di questa Corte è del tutto conforme : la sospensione condizionale della pena può essere riconosciuta esclusivamente dal giudice della cognizione, che deve valutare la sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive richieste dall’art. 163 cod. pen., mentre, in sede esecutiva, il beneficio può essere concesso solo in applicazione della disciplina del concorso formale o della continuazione. (Sez. 7 – , Ordinanza n. 31091 del 15/10/2020 Rv. 279875)
Il giudice dell’esecuzione, qualora, in applicazione dell’art. 669, comma 8, cod. proc. pen., pronunci ordinanza di revoca del capo di una sentenza di condanna per essersi formato, sullo stesso fatto e contro la stessa persona, un giudicato
assolutorio, può, nel rideterminare la pena, disporne la sospensione condizionale, costituendo l’adozione dei provvedimenti conseguenti a tale decisione esplicazione di un potere coessenziale a quello di porre nel nulla il giudicato. (Sez. 1, n. 51692 del 30/10/2018 Rv. 274547 – 01)
Il legislatore non ha previsto altre eccezioni e, del resto, la ratio è facilmente intuibile : se non fosse stata data tale possibilità in fase esecutiva, in caso di riduzione della pena complessivamente inflitta sotto i due anni, in ragione del riconoscimento del vincolo della continuazione fra reati, ovvero del concorso formale, il condannato ne sarebbe stato fortemente penalizzato, non avendo altra sede e altra autorità cui rivolgersi per chiedere la concessione del beneficio.
Quanto accaduto nel caso di specie è però del tutto differente, in quanto la riduzione della pena sotto i due anni è stata operata dal giudice della cognizione in appello e, quindi, il ricorrente avrebbe potuto o chiedere già in quella sede, con le conclusioni, la concessione del beneficio, ovvero proporre ricorso avverso la sentenza avanti questa Corte.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2024