Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21576 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21576 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 28/08/1958
avverso l’ordinanza del 04/12/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata nel preambolo, La Corte di appello di Perugia ha rigettato l’istanza con cui NOME COGNOME aveva chiesto la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena inflitta con sentenza dello stesso ufficio giudiziario in data 8 giugno 2022, divenuta irrevocabile il 18 ottobre 2023.
A ragione della decisione osserva che la sospensione condizionale della pena può essere riconosciuta solo nella fase di cognizione. Nella fase esecutiva, invece, il beneficio può essere concesso, ai sensi dell’articolo 671, comma 3, cod. proc. pen., soltanto nei casi di riconoscimento della continuazione o del concorso formale, e, secondo l’interpretazione estensiva consolidatasi nella giurisprudenza
di legittimità, anche nei casi di abolitio criminis e di declaratoria di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice. A tale ultime due ipotesi non è equiparabile, però, la rescissione del giudicato, che, secondo la ricorrente, aveva rimosso l’unico precedente penale – la condanna inflittale dal Tribunale di Napoli con sentenza il 2 Marzo 2017 – che aveva indotto il giudice della a negarle il beneficio, pure espressamente richiesto .
Ricorre per cassazione il difensore di NOME COGNOME deducendo un unico motivo con cui denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 671, comma 3, 673, 629-bis cod. proc. pen. in riferimento agli articoli 3, 27, primo e terzo comma, 111, 117, primo comma, della Costituzione.
Secondo la ricorrente, l’ordinanza impugnata, seguendo linea interpretativa da tempo affermatasi nella giurisprudenza costituzionale e di legittimità ampiamente richiamata, avrebbe dovuto equiparare agli eventi già considerati legittimanti la concessione del beneficio da parte del giudice dell’esecuzione la rescissione del giudicato di condanna per il reato ostativo alla sospensione condizionale della pena.
D’altra parte, risulta dagli atti di causa che l’unica ragione per cui la sentenza di condanna del 8 giugno 2022 non ha concesso alla COGNOME la sospensione condizionale è rappresentata dall’unico precedente penale all’epoca esistente, che, tuttavia, nelle more è venuto definitivamente meno, stante l’intervenuta rescissione del giudicato, con conseguente ripristino dello stato di incensuratezza dell’odierna ricorrente .
Non sono ipotizzabili ulteriori condizioni ostative se si considera che alla COGNOME sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche e che i coimputati nella sua stessa posizione hanno tutti ottenuto il beneficio.
In alternativa, la Corte di appello avrebbe dovuto sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 673 , comma 3, cod. proc. pen.
Di recente con la sentenza n. 208 del 2024, di cui sono riportati ampi stralci nel ricorso, la Consulta ha ribadito la validità del filone giurisprudenziale richiamato dalla difesa, fondato sull’ interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata dell’art. 673, comma 3, cod. proc. pen. , confermando la possibilità per il giudice dell’esecuzione di concedere il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione in luogo del giudice della cognizione in casi ulteriori rispetto a quelli individuati dalla giurisprudenza di legittimità, quando imposto da esigenze di ordine lo Figc coessenziali alla razionalità del sistema.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità per la manifesta infondatezza delle censure proposte.
Presupposto di fatto delle argomentazioni giuridiche sviluppate dalla ricorrente è che la sentenza della Corte di appello di Perugia in data 8 giugno 2022 le abbia negato il beneficio della sospensione condizionale della pena a cagione di una precedente condanna, che è stata successivamente oggetto di rescissione ex art. 629bis cod. proc. pen., con ordinanza della Corte dia appello di Napoli del 10 agosto 2022.
Per effetto dell’ intervenuta rescissione l’adito giudice dell’esecuzione , in accoglimento dell ‘interp retazione costituzionalmente orientata della dell’art. 673, comma 3, cod. proc. pen., una volta constatato il sopravvenuto venir meno della condizione ostativa, rappresentata dalla precedente condanna irrevocabile, avrebbe dovuto concedere il beneficio invocato.
L’ indicato presupposto, tuttavia, non sussiste.
L’ ipotesi avanzata dalla difesa secondo cui il giudice della cognizione non aveva concesso la sospensione condizionale della pena a causa dlela precedente condanna oggetto di rescissione non trova alcun appiglio nelle sentenze di condanna emesse in esito al giudizio di primo grado e a quello di appello.
La questione è stata già affrontata da questa Corte di cassazione nella sentenza n. 2803/2023 in data 18 ottobre 2023 con cui la quinta sezione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso la pronuncia della Corte di appello di Perugia in data 8 giugno 2022.
Nel valutare manifestamente infondato uno dei motivi – esattamente il terzo con cui era stato sollecitato «il l’intervento ex officio della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 609 comma 2 cod. proc. pen., perché dopo la sentenza di secondo grado è stata emessa ordinanza della Corte d’appello di Napoli, del 10 agosto 2022, di rescissione del giudicato ex art. 629 bis cod. proc. pen. a riguardo di una sentenza del Tribunale di Napoli del 2 marzo 2017 nell’ambito di altro procedimento penale, irrevocabile il 16 giugno 2017, che in definitiva ha eliminato l’unico precedente penale a carico della ricorrente, evidentemente ritenuto ostativo al riconoscimento della sospensione condizionale e della non menzione e che ella non avrebbe potuto far valere con i motivi di appello)» – la Corte legittimità ha, tra l’altro , osservato che «Le ragioni di censura, inoltre, al di là della invocazione di un differente approccio valutativo alla luce dell’ordinanza ex art. 629 bis cod. proc. pen. allegata al ricorso – che ripristinerebbe, secondo la tesi difensiva, uno stato di formale incensuratezza, tuttavia pur sempre in pendenza di un precedente “giudiziario” – non esplicitano le argomentazioni che in concreto avrebbero dovuto ispirare il riconoscimento della sospensione condizionale della pena – il cui presupposto è rappresentato dalla prognosi favorevole in ordine alla
futura astensione dalla commissione di ulteriori reati – e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale – fondata sulla prospettiva del futuro ravvedimento, potenzialmente non favorita dalla pubblicità dell’intervenuta condanna ».
In assenza di indicazioni esplicite di segno contrario, invero nemo prospettate dalla ricorrente, deve ritenersi che la mancata concessione della sospensione condizionale della pena nel procedimento definito della sentenza della Corte di appello di Perugia in data 8 giugno 2022 non sia dovuta alla riscontrata presenza di una condizione ostativa, ovvero il precedente penale poi interessato alal rescissione, ma sia il risultato dell’esercizio del potere discrezionale dei giudici della cognizione, cui è affidato il giudizio prognostico sulla pericolosità sociale del condannato.
L’assenza di giustificazioni adeguate ed esaustiva delle scelte discrezionali o la contrarietà di queste ultime alla legge possono essere sindacate -come in concreto avvenuto nel caso in verifica -con i mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento ; a tali vizi non può invece porsi rimedio in sede esecutiva.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la ricorrente va altresì condannata al pagamento della somma di euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 13 marzo 2025