Sopravvenuta Carenza di Interesse: Quando un Ricorso Diventa Inutile
La sopravvenuta carenza di interesse è un principio fondamentale nel nostro ordinamento processuale che può determinare la fine di un giudizio prima ancora di entrare nel merito. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come questo principio si applichi nel contesto penale, specificamente in relazione alle impugnazioni di misure cautelari come il sequestro. Vediamo come la revoca del provvedimento originale ha reso l’intero ricorso inammissibile, con importanti conseguenze anche sulle spese processuali.
I Fatti del Caso: Il Sequestro e l’Impugnazione
La vicenda ha inizio con un provvedimento di sequestro emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina nei confronti di un indagato per reati fiscali, previsti dal D.Lgs. 74 del 2000. L’indagato, ritenendo ingiusto il provvedimento, ha proposto una richiesta di riesame.
Il Tribunale di Latina, tuttavia, ha rigettato tale richiesta, confermando la legittimità del sequestro. Non dandosi per vinto, l’indagato ha deciso di portare la questione fino all’ultimo grado di giudizio, proponendo ricorso per cassazione e lamentando vizi procedurali e una carenza di motivazione riguardo all’ammontare del sequestro e al cosiddetto periculum in mora.
L’Elemento Decisivo: La Revoca del Sequestro
Mentre il ricorso era pendente dinanzi alla Suprema Corte, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo: il sequestro, ovvero l’atto che aveva dato origine a tutta la controversia, è stato revocato. A fronte di questa novità, la stessa difesa dell’indagato ha presentato una memoria, rinunciando di fatto al ricorso e documentando la sopravvenuta carenza di interesse a proseguire il giudizio.
La Sopravvenuta Carenza di Interesse e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha preso atto della situazione e ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il ragionamento dei giudici si basa su un principio consolidato: un’impugnazione è ammissibile solo se l’atto contestato è ancora efficace e produttivo di effetti.
Nel momento in cui il provvedimento di sequestro è stato revocato, è venuto meno l’interesse concreto e attuale dell’indagato a ottenere una pronuncia sul suo ricorso. In altre parole, non aveva più senso per la Corte decidere se l’ordinanza del Tribunale fosse giusta o sbagliata, perché l’oggetto della contesa (il sequestro) non esisteva più. L’impugnazione, quindi, ha perso la sua stessa ragione d’essere.
Principio di Diritto sulle Spese Processuali
Un aspetto particolarmente interessante della sentenza riguarda la decisione sulle spese processuali. Di norma, chi vede il proprio ricorso dichiarato inammissibile viene condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. In questo caso, però, la Cassazione ha stabilito diversamente.
Richiamando precedenti pronunce delle Sezioni Unite, la Corte ha chiarito che quando l’inammissibilità deriva da una sopravvenuta carenza di interesse che si è verificata dopo la proposizione del ricorso, non si può parlare di soccombenza, nemmeno “virtuale”. Il ricorrente non ha “perso” la causa nel senso tradizionale del termine, perché un evento esterno ha reso il giudizio superfluo. Di conseguenza, non è tenuto a pagare né le spese del procedimento né alcuna ammenda.
le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri logico-giuridici. In primo luogo, l’interesse ad agire e a impugnare deve sussistere non solo al momento della proposizione del ricorso, ma per tutta la durata del processo. La revoca del sequestro ha fatto venir meno l’efficacia dell’ordinanza originaria, eliminando così l’interesse dell’indagato a una pronuncia favorevole. La Corte sottolinea che l’impugnazione presuppone la “perdurante efficacia” dell’atto contestato. In assenza di tale efficacia, il giudizio di impugnazione non ha più un oggetto su cui pronunciarsi.
In secondo luogo, per quanto riguarda le spese, la Corte applica un principio di equità processuale. L’inammissibilità non deriva da un errore o da una colpa del ricorrente al momento della presentazione del ricorso (che poteva essere fondato), ma da un evento successivo e indipendente dalla sua volontà. Per questo motivo, non sarebbe giusto applicare la regola della soccombenza, che presuppone una parte “vincitrice” e una “perdente” sulla base del merito della questione. La cessazione della materia del contendere neutralizza questo meccanismo, escludendo qualsiasi condanna alle spese.
le conclusioni
La sentenza offre importanti spunti pratici. Insegna che, nei procedimenti di impugnazione contro misure cautelari, è fondamentale monitorare costantemente lo stato del provvedimento principale. Se questo viene revocato o annullato, l’interesse a proseguire il ricorso cessa e la strategia difensiva deve adeguarsi, come correttamente fatto in questo caso. Inoltre, la pronuncia conferma un principio di garanzia per il cittadino: l’inammissibilità dovuta a eventi sopravvenuti non comporta sanzioni economiche, riconoscendo che la prosecuzione del giudizio è divenuta semplicemente inutile per cause esterne alla volontà delle parti.
Quando un ricorso diventa inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse?
Un ricorso diventa inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse quando il provvedimento originariamente impugnato (in questo caso, un sequestro) viene revocato o annullato mentre il giudizio di impugnazione è ancora in corso. Ciò fa venir meno l’interesse concreto della parte a ottenere una decisione nel merito.
Se un sequestro viene revocato, l’impugnazione contro di esso ha ancora senso?
No, secondo la sentenza, l’impugnazione perde la sua ragione d’essere. Il suo scopo è rimuovere un provvedimento che produce effetti negativi; se il provvedimento non esiste più, non c’è più nulla da rimuovere e il ricorso viene dichiarato inammissibile.
In caso di inammissibilità per carenza di interesse sopravvenuta, il ricorrente deve pagare le spese?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se la carenza di interesse si manifesta dopo la presentazione del ricorso, non si configura una soccombenza. Pertanto, il ricorrente non è condannato né al pagamento delle spese processuali né al versamento di una somma alla cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20848 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20848 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME, nato a Latina il DATA_NASCITA; avverso l’ordinanza del 13/06/2023 del Tribunale di Latina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13 giugno 2023, il Tribunale di Latina ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall’indagato avverso il provvedimento di sequestro emesso il 20 aprile 2023 dal Gip del medesimo Tribunale, in relazione al reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000.
Avverso l’ordinanza, l’indagato ha proposto, per il tramite del difensore di fiducia, ricorso per cassazione, con tre motivi di doglianza, chiedendone l’annullamento, sul rilievo della violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., nonché della mancanza di motivazione in relazione all’ammontare del sequestro e al periculum in mora.
Con memoria successiva, la difesa ha rinunciato al ricorso, prospettando la sopravvenuta carenza di interesse allo stesso – sul rilievo che il sequestro originariamente disposto è stato revocato – e producendo la relativa documentazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Invero, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità è inammissibile, per sopravvenuto difetto di interesse, la richiesta di riesame proposta dal prevenuto avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale qualora l’ordinanza cautelare genetica sia stata, nelle more, annullata, in quanto l’impugnazione presuppone la perdurante efficacia dell’ordinanza originaria, salvo che egli, personalmente, non abbia manifestato, e debitamente motivato, che intende servirsi dell’eventuale pronuncia favorevole ai fini della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione (così, per tutte, Sez. 6 n. 49861 del 02/10/2018, Rv. 274311).
Tale principio trova applicazione nel caso di specie, in cui la difesa ha espressamente prospettato e documentato la carenza di interesse, in conseguenza della revoca del sequestro.
Deve poi escludersi la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento o di una somma a favore della cassa delle ammende. E ciò, in forza del principio per cui, alla dichiarazione di inammissibilità del ricors per cassazione per il venir meno dell’interesse alla decisione sopraggiunto alla sua proposizione, non consegue la condanna del ricorrente né alle spese del procedimento, né al pagamento della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in quanto non si configura una ipotesi di soccombenza della parte, neppure virtuale (così Sez. U, n. 31524 del 14/07/2004, Rv. 228168; Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, Rv. 208166; Sez. 1, n. 11302 del 19/09/2017, dep. 2018, Rv. 272308).
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 06/02/2024