Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27189 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27189 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CAGLIARI il 13/04/1980
avverso l’ordinanza del 13/03/2025 del TRIB. LIBERTA’ di CAGLIARI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata nell’interesse del ricorrente, con la quale si insiste sui temi del ricorso e sul suo accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Cagliari, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari reali, ha confermato il decreto del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, emesso il 3 maggio 2025, che aveva disposto il sequestro preventivo di una automobile di proprietà della RAGIONE_SOCIALE nell’ambito del procedimento penale nei confronti di NOME COGNOME persona sottoposta ad indagini in relazione ai reati di appropriazione indebita e truffa.
L’automobile era stata ritrovata nella disponibilità del ricorrente.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari, dopo l’emissione del decreto di sequestro, aveva dichiarato la propria incompetenza territoriale in favore di quella del Tribunale di Catania.
2. Ricorre per cassazione NOME COGNOME quale terzo interessato, deducendo, con unico motivo, violazione di legge, in primo luogo, per non avere il Tribunale rilevato l’assenza agli atti del Tribunale della richiesta di sequestro avanzata dal Pubblico ministero al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari. In secondo luogo, il ricorrente avrebbe dimostrato l’acquisto in buona fede dell’autovettura in sequestro dall’indagato NOMECOGNOME che risultava proprietario del veicolo in base alla iscrizione al PRA, sicché egli non poteva ritenersi acquirente a non domino del mezzo, così come sostenuto dal Tribunale.
In terzo luogo, proprio in quanto acquirente di buona fede, nei confronti del ricorrente sarebbe assente il requisito del periculum in mora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo manifestamente infondato. 1.Quanto alla prima argomentazione, il Tribunale ha fondato il proprio convincimento basandosi su quanto contenuto nel provvedimento genetico e sugli atti delle indagini.
La mancanza della richiesta originaria del Pubblico ministero non ha influito in nessun modo sulla decisione ed il ricorrente non ha, pertanto, alcun interesse a coltivare la (presunta) eccezione.
2.In ordine alla seconda argomentazione, il ricorrente non tiene minimamente conto della motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui il Tribunale ha evidenziato come la proprietà del mezzo in sequestro fosse incerta sotto il profilo civilistico, concorrendo due distinte querele tese a rivendicarla. Una prima querela proposta dalla società di leasing che assumeva di essere proprietaria dell’automobile e di averla ceduta in noleggio all’indagato Guerra; l’altra querela proposta dal ricorrente che sosteneva di avere acquistato l’autovettura dal Guerra in modo legittimo ed in buona fede in quanto costui risultava proprietario del veicolo sulla base delle annotazioni contenute nel PRA. Sicché, in forza di questa incertezza, il Tribunale ha sottolineato che la restituzione del mezzo al ricorrente non poteva in ogni caso avere luogo, dovendosi eventualmente disporre il rinvio del procedimento al giudice civile, ai sensi dell’art. 324, comma 8, cod. proc. pen.
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Ciò rende il ricorrente finanche privo dell’interesse a coltivare il ricorso, non potendo egli ottenere, in nessun caso ed allo stato degli atti, la restituzione del
bene.
Peraltro, nel ricorso si sorvola del tutto sulla congrua motivazione offerta dal
Tribunale a proposito delle ragioni poste a giustificazione del vincolo cautelare e del
periculum in mora, argomenti che non possono essere censurati in questa
sede, tenuto conto dei limiti previsti dall’art. 325 cod. proc. pen. in quanto non costituenti alcuna violazione di legge.
Tanto supera ed assorbe ogni ulteriore deduzione, anche in relazione al contenuto della memoria depositata.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila
alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso, 1’11/06/2025.