Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30437 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30437 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
TERZA SEZIONE PENALE
ALDO ACETO
ha pronunciato la seguente
Sui ricorsi proposti da:
NOME nata a Genova il 12/08/1967, avverso l’ordinanza del 25/03/2025 del Tribunale di Firenze;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
Il sequestro, inizialmente disposto sulle quote sociali della RAGIONE_SOCIALE di proprietà dei ricorrenti per complessivi euro 600.000,00 e sulla somma di euro 398.259,98 presente su conto corrente n. 191/0010516 acceso presso la Banca Popolare di Sondrio e intestato alla RAGIONE_SOCIALE Ł stato poi eseguito, previo dissequestro delle quote sociali, per l’intera somma di euro 998.259,88, corrispondente al profitto del reato contestato, sulle somme presenti sul conto corrente n. 191/0010516 acceso presso la Banca Popolare di Sondrio e intestato alla RAGIONE_SOCIALE sulla base del provvedimento del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze in data 07/03/2025.
– Relatore –
Sent. n. sez. 1055/2025
CC – 08/07/2025
R.G.N. 13443/2025
mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, lamentando inosservanza e violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 322, 324 e 591 cod. proc. pen.
Premette la difesa che il Tribunale cautelare ha ritenuto che i ricorrenti fossero carenti di interesse ad agire per il dissequestro delle somme giacenti sul conto della RAGIONE_SOCIALE, avendo agito in sede cautelare in proprio e non quali amministratori della società, senza considerare che il sequestro non Ł diretto nei confronti della società, ma delle tre persone fisiche che utilizzano la società come schermo ed hanno quindi disponibilità del denaro della stessa, come precisato dal giudice per le indagini preliminari a pagina 13 del decreto di sequestro preventivo, tanto che l’oggetto del sequestro Ł il denaro presente sui conti correnti della società, ma nella disponibilità degli indagati in cui Ł stato anche convertito il sequestro inizialmente avente ad oggetto le quote sociali delle tre persone fisiche indagate, sicchŁ non Ł comprensibile il difetto di legittimazione e di interesse affermato dal Tribunale cautelare.
Aggiunge la difesa che la fungibilità tra beni personali e beni societari, entrambi nella piena disponibilità degli indagati, Ł dimostrata dalla sostituzione della misura, dal momento che il sequestro, non diretto alla società, avrebbe dovuto essere eseguito su denaro o altri beni nella disponibilità degli indagati, quindi sui loro conti personali, che sono stati equiparati a quelli della società e considerati, quindi, nella disponibilità degli indagati, perchØ il pubblico ministero ed il giudice per le indagini preliminari convergono nel ritenere che la RAGIONE_SOCIALE sia fittizia e che i beni societari siano in realtà nella disponibilità dei ricorrenti e solo fittiziamente intestati alla società.
Diversamente, ove il sequestro fosse stato diretto alla società, il provvedimento non avrebbe potuto riguardare le quote sociali, il denaro o altri beni personali nella disponibilità degli indagati.
Richiama in proposito giurisprudenza di legittimità e conclude nel senso che, poichØ il sequestro Ł stato eseguito nei confronti delle persone fisiche, o i beni sono nella disponibilità degli indagati e costoro hanno diritto alla restituzione oppure si tratta di beni nella disponibilità della società ed allora non avrebbero potuto essere sottoposti a sequestro.
E’ pervenuta memoria a firma dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia dei ricorrenti, con la quale, richiamate le argomentazioni contenute nel ricorso, si ribadisce la legittimazione e l’interesse dei ricorrenti posto che i beni in sequestro sono nella disponibilità dei ricorrenti medesimi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
Deve essere ricordato, sulla base di quanto affermato nella pronuncia di questa Sezione n. 9790 del 10/03/2025, che la legittimazione astratta alla proposizione del riesame reale Ł attribuita, dall’art. 322 cod. proc. pen., all’imputato, alla persona alla quale le cose sono state sequestrate ed a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Però, oltre alla legittimazione, deve sussistere l’interesse all’impugnazione, previsto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale requisito necessario per tutte le impugnazioni, anche quelle cautelari.
In materia, Ł stato ormai superato l’indirizzo giurisprudenziale piø risalente, secondo il quale, valorizzando la lettera dell’art. 322 cod. proc. pen. e il principio generale espresso dall’art. 568, comma 3, dello stesso codice, la persona sottoposta alle indagini nei cui confronti sia stato adottato un decreto di sequestro preventivo Ł legittimata a richiedere il riesame di detto provvedimento anche se la cosa sequestrata sia di proprietà di terzi, sia perchØ presupposto del sequestro preventivo Ł che la persona sottoposta alle indagini abbia
un qualche potere di disposizione sulla cosa, sia perchØ i provvedimenti cautelari influenzano comunque il corso del procedimento penale (Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, Rv. 251091; Sez. 4, n. 21724 del 20/04/2005, Rv. 231374; Sez. 6, n. 3366 del 28/09/1992, Rv. 192089).
Infatti, a partire da Sez. 1, n. 7292 del 12/12/2013, dep. 2014, Rv. 259412, Ł stato ripetutamente affermato il principio secondo il quale l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto ed attuale all’impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 16352 dell’11/01/2021, COGNOME, Rv. 281098; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, Rv. 276545; Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Rv. 271231; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Rv. 267672; Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Rv. 263799).
E’ stato, infatti, chiarito, in conformità al condivisibile orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento al previgente articolo 343-bis cod. proc. pen. del 1930 (Sez. 3, n. 470 del 07/03/1986, COGNOME, Rv. 172572), che, sulla base della pressochØ omologa formulazione delle corrispondenti disposizioni processuali (l’articolo 343-bis cod. proc. pen. del 1930, da un lato, e l’articolo 322 cod. proc. pen. vigente, dall’altro), nell’indicazione dei soggetti legittimati, « la persona … che avrebbe diritto alla … restituzione » non si pone in posizione alternativa rispetto agli altri soggetti indicati, ma costituisce una espressione sintetica riferibile a tutti i soggetti legittimati alla restituzione, sicchØ l’imputato e l’indagato, in quanto tali, non possono chiedere il riesame in base ad un loro preteso interesse, ma solo in quanto provino di aver diritto alla restituzione del bene della vita che sia stato oggetto del vincolo imposto a seguito dell’emanazione di un provvedimento cautelare reale.
AffinchØ sia legittimato a proporre impugnazione, pertanto, l’indagato o l’imputato deve reclamare una relazione con la cosa a sostegno della sua pretesa alla cessazione del vincolo cautelare, in quanto il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante (Sez. 3, n. 30008 del 08/04/2016, Conte, Rv. 267336; Sez. 1, n. 15998 del 28/02/2014, Rv. 259601).
Lo sviluppo interpretativo giurisprudenziale ha, invero, messo in evidenza che, nella valutazione della legittimazione al riesame reale, vengono anche in rilievo le norme generali in materia di impugnazione (in particolare gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen.) che non possono ritenersi derogate dalle norme in tema di impugnazioni delle misure cautelari reali, che, indicando tre categorie di “legittimati” («l’imputato…, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione…»), individuano il genus di persone che avrebbero astratto interesse alla proposizione del riesame o dell’appello. Le norme sulle impugnazioni in generale, invece, disciplinano il diverso profilo dell’ammissibilità, postulando la necessità di un concreto interesse all’impugnazione, in assenza del quale l’impugnazione va dichiarata inammissibile. In altri termini, l’art. 322 cod. proc. pen. individua le categorie astrattamente legittimate all’impugnazione “reale”, mentre gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen. impongono un vaglio di ammissibilità fondato sulla verifica della concreta legittimazione in ragione della sussistenza di un interesse concreto e attuale. Ebbene, nel caso dell’impugnazione del sequestro preventivo Ł proprio la morfologia delle misure cautelari reali – che impongono un vincolo giuridico sul bene – a rendere indispensabile
l’effetto di restituzione quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare (Sez. 3, n. 16352 dell’11/01/2021, cit.; Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266713).
In tale contesto, dunque, la sussistenza dell’interesse ad impugnare non può presumersi dalla legittimazione ad impugnare: Ł infatti onere di chi impugna dedurre la sussistenza dell’interesse ad impugnare, ai sensi degli artt. 568, comma 4, e 581 comma 1, lettera d), cod. proc. pen. Nei procedimenti cautelari reali la sussistenza dell’interesse Ł strettamente collegata alla richiesta di restituzione del bene, sicchØ Ł onere di chi impugna indicare, a pena di inammissibilità, oltre all’avvenuta esecuzione del sequestro, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sottoposta a sequestro, relazione che consentirebbe la restituzione del bene a chi impugna.
Tanto premesso, nel caso di specie, il Tribunale cautelare ha affermato che, essendo il sequestro stato eseguito, per l’intera somma, sul denaro presente sul conto corrente n. 191/0010516 della RAGIONE_SOCIALE, unico soggetto legittimato ad avere un interesse alla restituzione non sono i ricorrenti, ma Ł la società RAGIONE_SOCIALE dal cui conto corrente sono stati prelevati i denari caduti in sequestro.
L’affermazione del Tribunale, tuttavia, si pone in contrasto con la costruzione effettuata dagli inquirenti posta a base della misura cautelare reale e con gli insegnamenti affermati in materia da questa Corte: il meccanismo illecito descritto nel provvedimento genetico Ł incentrato su una frode c.d. ‘carosello’, nell’ambito della quale la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE operavano quali società filtro tra società cartiere e la società cessionaria finale, al fine di ostacolare la individuazione del beneficiario del meccanismo fraudolento, con lo scopo di acquistare prodotto petrolifero a prezzi ‘fuori mercato’ (in ragione dell’IVA non versata dalle società cartiere) per poi rivenderlo a prezzi vantaggiosi, grazie alla interposizione fittizia di società cartiere e società filtro che avevano permesso il conseguimento di un indebito risparmio di imposta con il quale erano stati poi pagati i debiti erariali e bancari della RAGIONE_SOCIALE I ricorrenti, NOME e NOME COGNOME, sono individuati come amministratori di fatto della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della cessionaria finale, RAGIONE_SOCIALE, reale destinataria del prodotto.
Nel meccanismo fraudolento, la RAGIONE_SOCIALE Ł definita come un apparato fittizio nella disponibilità degli indagati (pagina 13 del provvedimento cautelare primigenio), circostanza che – afferma il giudice per le indagini preliminari – rende possibile procedere al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente sui beni e sul denaro della RAGIONE_SOCIALE in quanto nella disponibilità degli indagati per interposta persona.
3.1. La giurisprudenza di legittimità, nella sua piø autorevole composizione, ha infatti affermato come non sia possibile la confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati tributari commessi da suoi organi, salva l’ipotesi in cui la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso cui l’amministratore agisca come effettivo titolare, come affermato in numerose pronunzie (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647; nello stesso senso, Sez. 2, n. 45520 del 27 ottobre 2015, Terlizzi, Rv. 265532; Sez. 1, n. 50823 del 27/06/2017, dep. 2018, New Parco delle Rose, Rv. 274640). In una simile ipotesi, infatti, la trasmigrazione del profitto del reato in capo all’ente non si atteggia alla stregua di trasferimento effettivo di valori, ma quale espediente fraudolento non dissimile dalla figura della interposizione fittizia; con la conseguenza che il denaro o il valore trasferito devono ritenersi ancora pertinenti, sul piano sostanziale, alla disponibilità del soggetto che ha commesso il reato, in “apparente” vantaggio dell’ente ma, nella sostanza, a favore proprio.
E sul presupposto della diretta ed immediata appartenenza dei beni, formalmente nella titolarità della “società-schermo”, alla persona fisica che ne ha l’effettiva disponibilità, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare ulteriori principi.
Per un verso, si Ł affermato che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, prevista dall’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, può essere disposto sul patrimonio della persona giuridica che sia priva di autonomia e costituisca un mero schermo attraverso cui l’indagato agisca come effettivo titolare dei beni anche nel caso in cui il vincolo reale sia riferito al profitto di un reato che il titolare sostanziale della società-schermo abbia commesso in una diversa veste, ossia quale amministratore di altra società ovvero indipendentemente dallo svolgimento di funzioni amministrative di enti (Sez. 3, n. 34956 del 01/10/2020, Zhou Deli, Rv. 280541).
Per altro verso, si Ł osservato che, in tema di confisca per equivalente operata per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, la natura di societàschermo ben può essere compatibile con l’operatività della stessa, atteso che detta caratteristica non comporta necessariamente l’autonomia dell’ente rispetto a chi lo gestisce ed amministra (Sez. 3, n. 12920 del 11/02/2022, Currò, Rv. 282986).
3.2. Consegue che, in casi siffatti, in cui il decreto di sequestro preventivo di urgenza del pubblico ministero ed il successivo decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari hanno qualificato la RAGIONE_SOCIALE come un mero schermo fittizio dei soggetti indagati e, dunque, titolare solo formale dei beni sociali, considerati nella disponibilità effettiva degli indagati stessi, questi ultimi sono all’evidenza legittimati ad impugnare il sequestro preventivo di quei beni che, seppure formalmente appartenenti alla società, si trovavano, prima della esecuzione del sequestro, nella loro effettiva disponibilità. E ciò Ł confermato proprio dal tipo di sequestro preventivo emesso in via di urgenza dal pubblico ministero e poi convalidato e riemesso dal giudice per le indagini preliminari: trattasi, infatti, di un sequestro preventivo non diretto sul profitto del reato incamerato, per ipotesi, dalla società, ma finalizzato alla confisca per equivalente di beni corrispondenti al valore del profitto del reato, quantificato in euro 998.259,98, nella disponibilità delle persone fisiche indagate.
E’ dunque il titolo cautelare che ne definisce l’oggetto: deve trattarsi di beni in sequestro che siano nella disponibilità degli indagati, con la conseguenza che rispetto a tali beni gli indagati devono ritenersi legittimati a proporre i mezzi di impugnazione consentiti dall’ordinamento (cfr., Sez. 1, n. 50823 del 27/06/2017, dep. 2018, New Parco delle Rose, cit., laddove la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che, in funzione di giudici dell’esecuzione, avevano rigettato la richiesta di restituzione di beni confiscati nei confronti dell’imputato, formulata da una società che, formalmente estranea agli illeciti, risultava partecipata al 90% da altra società oggetto di espressa confisca, ritenendola titolare solo formale dei beni).
Del resto, questa Corte, a fronte di un ricorso proposto in sede cautelare da società ritenute titolari solo formali dei beni caduti in sequestro, in realtà nella diretta disponibilità delle persone fisiche indagate, ha affermato che il ricorso fosse inammissibile, non avendo le ricorrenti fornito alcuna specifica allegazione di essere titolari del diritto alla restituzione dei beni in sequestro e, quindi, di un interesse giuridicamente apprezzabile, perchØ concreto ed attuale, all’impugnazione (Sez. 3, n. 33988 del 16/06/2023, COGNOME, Rv. 285206, non massimata sul punto).
4. In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Firenze, perchØ proceda a nuovo giudizio, tenendo conto dei principi di diritto sopra
enunciati.
P.Q.M
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Firenze competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p. Così Ł deciso, 08/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME