Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17479 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17479 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 10/06/1990
COGNOME NOMECOGNOME nato a Trentola Ducenta il 03/10/1961
avverso l’ordinanza del 6/11/2024 emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con l’ordinanza impugnata ha accolto le richieste di riesame proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro probatorio limitatamente alle somme di danaro e ha nel resto confermato il vincolo reale apposto sui dispositivi informatici dal Pubblico Ministero
presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con decreto emesso in data 2 ottobre 2024.
Secondo l’ipotesi di accusa, gli imprenditori NOME e NOME COGNOME avrebbero offerto al consigliere regionale NOME COGNOME e ad alcuni suoi accompagnatori il soggiorno su uno yacht per un fine settimana in cambio dell’interessamento del politico per il superamento di alcuni ostacoli amministrativi (in particolare, la valutazione di impatto ambientale), che si frapponevano al conseguimento di un finanziamento di Invitalia per la realizzazione di un grande caseificio.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorre avverso questa ordinanza e ne chiede l’annullamento, deducendo due motivi.
Con unico motivo il difensore deduce la violazione degli art. 324, 256 e 247 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe violato i principi di proporzionalità e di adeguatezza del sequestro probatorio disposto.
Nel decreto di perquisizione e sequestro emesso dal Pubblico Ministero di Santa Maria Capua Vetere, infatti, mancherebbe l’illustrazione preventiva, anche minimale, di un programma organizzativo, tale da consentire il sindacato di proporzionalità dei mezzi allestiti rispetto al materiale sequestrato da esaminare.
Il provvedimento del Pubblico Ministero, dunque, contrasterebbe con i principi di proporzionalità e adeguatezza del sequestro probatorio affermati dalla più recente giurisprudenza di legittimità- e, dunque, violerebbe l’art. 42 Cost., e gli artt. 7 e8 della Carte dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’art. 8 della Convenzione Edu.
Il sequestro, infatti, già al momento dell’adozione del mezzo di ricerca della prova dovrebbe, nella motivazione, indicare le ragioni che rendono necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo di ogni dispositivo elettronico e telematico nella disponibilità dei ricorrenti.
Il difensore rileva che il pubblico ministero ha acquisito in modo indiscriminato tutti i devices telematici e telefonici rinvenuti in uso all’indagato in occasione della perquisizione.
Il sequestro disposto, dunque, avrebbe determinando una compressione ingiustificata dei diritti fondamentali dei ricorrenti e assunto un carattere esplorativo, volto a ricercare notitiae criminis diverse da quella per cui si procede.
Il Tribunale del riesame, inoltre, avrebbe illegittimamente affermato che «eventuali censure attinenti al mero profilo dell’esecuzione del sequestro probatorio non possono essere dedotte innanzi al tribunale del riesame» e, dunque, avrebbe omesso di confrontarsi con la valenza «esplorativa» del sequestro probatorio disposto dal pubblico ministero.
Il Pubblico ministero, infatti, non si sarebbe conformato ai principi di diritto costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, che richiede al pubblico ministero:
di precisare le ragioni per le quali è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo;
di indicare i criteri che devono presiedere alla selezione dei dati informatici e delle ragioni della perimetrazione temporale, eventualmente più ampia di quella indicata nell’imputazione provvisoria;
di predisporre un’adeguata organizzazione per compiere la selezione del materiale in sequestro nel più breve tempo possibile, provvedendo alla restituzione della copia integrale all’avente diritto;
di indicare la tempistica necessaria all’estrapolazione dei dati ritenuti rilevanti.
Ad avviso del difensore, la carenza di queste indicazioni disvelerebbe il carattere marcatamente esplorativo del sequestro probatorio disposto e la conseguente violazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza.
In data 3 gennaio 2025 l’avvocato NOME COGNOME ha depositato motivi nuovi, ribadendo le censure già proposte, anche con riferimento alle modifiche legislative in sede di discussione in Parlamento.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 14 gennaio 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
In data 30 gennaio 2025 l’avvocato COGNOME ha depositato memoria di replica, insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto, in quanto i motivi proposti sono fondati.
Con unico motivo il difensore deduce la violazione degli art. 324, 256 e 247 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe violato i principi di proporzionalità e di adeguatezza del sequestro probatorio disposto.
3. Il motivo è fondato.
3.1.11 principio di proporzionalità, sul piano normativo, è espressamente sancito, oltre che dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., dai parr. 3 e 4 dell’art. 5 del Trattato dell’Unione europea, dagli artt. 49, par. 3 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, pur non espressamente evocato dalla CEDU
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e
è come ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo quale canone di legittimità delle ingerenze lesive dei diritti fondamentali.
L’obbligo di necessaria osservanza del principio di proporzionalità, con riferimento al sequestro probatorio, è stato affermata nella giurisprudenza dalle Sezioni unite nella sentenza COGNOME del 2004 (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226711 – 01) ed è stato ulteriormente ribadito dalla sentenza Botticelli del 2018 (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548 – 01).
3.2. Nella sentenza COGNOME, le Sezioni unite hanno statuito che anche per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226711 – 01).
Le Sezioni unite, in questa sentenza, hanno confutato l’argomento dell’autoevidenza del nesso pertinenziale in caso di sequestro del corpo del reato e, a fondamento dei propri rilievi, hanno posto un argomento costituzionalmente orientato.
Secondo la Corte, infatti, questa interpretazione è «l’unica compatibile con i limiti dettati all’intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei dirit costituzionalmente garantiti dell’individuo, qual è certamente il diritto alla “protezione della proprietà” riconosciuto dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Il giusto equilibrio tra i motivi di interesse generale e il sacrificio del diri del singolo al rispetto dei suoi beni, che il canone costituzionale e quello convenzionale pretendono, sarebbe altrimenti messo in irrimediabile crisi dall’opposta regola, secondo cui il sequestro probatorio del corpo del reato è legittimo tout court, indipendentemente da ogni riferimento alla concreta finalità probatoria perseguita, in tal modo autorizzandosi un vincolo di temporanea indisponibilità della cosa che, al di fuori dell’indicazione dei motivi di interesse pubblico collegati all’accertamento dei fatti di reato, viene arbitrariamente e irragionevolmente ancorato alla circostanza del tutto accidentale di essere questa cosa oggetto sul quale o mediante il quale il reato è stato commesso o che ne costituisce il prodotto, il profitto o il prezzo.
E la lesione del principio di ragionevolezza e proporzionalità della misura sarebbe tanto più grave laddove si tratti di cose configurabili come corpo del reato, ma di proprietà della vittima o di terzi estranei alla condotta criminosa» (pag. 12 della sentenza).
Le Sezioni unite hanno, inoltre, affermato che «la portata precettiva degli artt. 42 Cost. e 1 primo Protocollo addizionale CEDU postula necessariamente che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, pur
quando essa si qualifichi come corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalità – anche sotto il profilo procedimentale – e di concreta idoneità in ordine all’an e alla sua durata, in particolare per l’aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato – lo spossessamento del bene e il fine endoprocessuale perseguito – l’accertamento del fatto di reato – (v. Corte eur. dir. uomo, 24 ottobre 1986, Agosi c. U.K.)».
3.3. Questi principi di diritto sono stati ribaditi dalle Sezioni unite nella sentenza COGNOME.
Questa pronuncia ha riaffermato che il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548 – 01).
Le Sezioni unite, richiamando espressamente i principi affermati nella sentenza COGNOME, hanno ribadito l’«ineludibile necessità di un’interpretazione della norma che tenga conto del requisito della proporzionalità della misura adottata rispetto all’esigenza perseguita, in un corretto bilanciamento dei diversi interessi coinvolti.
Ed ogni misura, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi RAGIONE_SOCIALE.
Solo valorizzando l’onere motivazionale è possibile, come sottolineato dalla più attenta dottrina, tenere “sotto controllo” l’intervento penale quanto al rapporto con le libertà fondamentali ed i beni costituzionalmente protetti quali la proprietà e la libera iniziativa economica privata, riconosciuti dall’art. 42 Cost. e dall’art.1 del Primo protocollo addizionale alla Convenzione Edu, come interpretato dalla Corte Edu; in tale ottica, la motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all’accertamento penale diventa, allora, requisito indispensabile affinché il decreto di sequestro, per sua vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga appunto nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità».
Secondo le Sezioni unite, «il requisito della proporzionalità della misura, che, nell’ambito dei valori costituzionali, è espressione del principio di ragionevolezza, contiene in sé, inoltre, quello della “residualità” della misura: proprio la necessaria componente della misura di “incisione” sul diritto della persona di disporre
liberamente dei propri beni senza limitazioni che non derivino da interessi di altro segno maggiormente meritevoli di tutela (come quelli pubblici, connessi al processo penale, di accertamento dei fatti) contiene necessariamente in sé l’esigenza che al sequestro possa farsi ricorso solo quando allo stesso risultato (nella specie l’accertamento dei fatti appunto) non possa pervenirsi con modalità “meno afflittive”».
La giurisprudenza di legittimità, ha infatti, in più pronunce, ritenuto applicabili anche alle misure cautelari reali i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati dall’art. 275 c.p.p. per le misure cautelari personali, i quali devono costituire oggetto di valutazione preventiva e non eludibile da parte del giudice nell’applicazione delle cautele reali, al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata (Sez. 5, n. 8152 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 246103; Sez. 5, n. 8382 del 16/01/2013, COGNOME, 254712; Sez. 3, n. 21271 del 07/05/2014, COGNOME, Rv. 261509); e, su tale linea, si è dunque affermata la necessità di evitare che il sequestro preventivo assuma le caratteristiche di misura inutilmente vessatoria, sì che, con riguardo ad esempio all’apprensione di beni immobili, lo stesso deve essere limitato alla cosa o alla parte della cosa effettivamente pertinente al reato ipotizzato e deve essere disposto nei limiti in cui il vincolo imposto serve a garantire la confisca del bene o ad evitare la perpetuazione del reato (Sez. 3, n. 15717 del 11/02/2009, Bianchi, Rv. 243250; più in generale, Sez. 4, n. 18603 del 21/03/2013, Rv. 256068).
E anche nella giurisprudenza europea si è affermato che il bilanciamento tra i diversi interessi in gioco non potrebbe dirsi soddisfatto se la persona interessata abbia subito un sacrificio “eccessivo” nel suo diritto di proprietà (Corte Edu, 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi, cit.; Corte Edu 13 dicembre 2016, RAGIONE_SOCIALE Romania).
Secondo le Sezioni unite, da questi principi deriva la particolare connotazione della motivazione del provvedimento di sequestro probatorio «che dovrà essere funzionale a garantire che le esigenze di accertamento del fatto non possano essere perseguite in altro modo, non limitativo del diritto di disporre del bene ed eventualmente idoneo financo ad esonerare dalla necessità di procedere al sequestro».
Nell’elaborazione delle Sezioni unite, dunque, il rispetto del principio di proporzionalità costituisce il fondamento costituzionale per evitare che l’esercizio di un potere legittimo, quale quello di apprendere beni o dati per finalità probatorie, possa esorbitare la funzione che gli è attribuita dal legislatore e quanto strettamente necessario all’esecuzione della stessa.
3.4. I principi affermati dalle Sezioni unite comportano alcune conseguenze assai significative.
L’attuazione della legittima finalità di sequestrare beni, ai fini delle determinazioni relative all’esercizio dell’azione penale o della prova nel giudizio, non deve eccedere quanto strettamente necessario rispetto al fine perseguito e deve, dunque, essere realizzata in forme che, pur garantendone l’effettività, si rivelino adeguate alla tutela degli altri diritti di rilievo costituzionale meritevoli protezione e il cui esercizio non pregiudichi le esigenze cautelari perseguite.
Il pubblico ministero, dunque, all’atto dell’adozione della misura cautelare reale e nella sua successiva dinamica esecutiva, e il giudice, nella fase del controllo di questa misura, devono evitare che il vincolo reale, eccedendo le proprie finalità ed esorbitando dall’alveo dei propri effetti tipici, comporti un’esasperata compressione dei diritti fondamentali della persona attinta dal vincolo reale, eccedendo quanto strettamente necessario rispetto al fine perseguito.
La violazione del principio di proporzionalità, in quanto aspetto fondante della legittimità del sequestro probatorio (e, al contempo, suo limite), non costituisce una questione meramente esecutiva della misura cautelare, ma può essere dedotto dal soggetto inciso dal vincolo reale già con il riesame.
Il principio di proporzionalità, inoltre, non opera esclusivamente quale limite alla discrezionalità del pubblico ministero nella fase genetica della misura cautelare, ma impone al giudice, lungo tutta la fase della sua efficacia, di graduare e modellare il contenuto del vincolo imposto, anche in relazione alle sopravvenienze che possono intervenire, affinché lo stesso non comporti restrizioni più incisive dei diritti fondamentali rispetto a quelli strettamente funzionali a tutelare le esigenze cautelari da soddisfare nel caso di specie.
3.5. Questi principi di diritto sono stati ulteriormente approfonditi dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alla specifica ambito dei sequestri probatori aventi ad oggetto dati contenuti in dispositivi informatici o telematici, che pongono complessi problemi di interferenza con il diritto alla riservatezza garantito dall’art. 8 CEDU e con i diritti al rispetto della vita privata e della vit familiare e alla protezione dei dati di carattere personale, sanciti rispettivamente dagli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
Il sequestro di un tali dispositivi costituisce, infatti, una misura particolarmente invasiva della sfera personale, in quanto dato che l’accesso a tale supporto di dati fornisce, non solo informazioni limitate a particolari condotte degli interessati, ma offre un quadro completo di aspetti significativi della loro vita passata e attuale.
Questa forma di sequestro rende, infatti, possibile un’esaustiva profilazione basata sulla personalità e sui movimenti degli interessati e consente di trarre conclusioni dettagliate su loro comportamenti, inclinazioni personali e idee; tali dati, inoltre, possono riguardare anche terzi estranei all’illecito penale, per cui la misura può incidere anche sulla loro sfera personale.
Questa Corte ha, dunque, rilevato che, se è illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, il sequestro a fini probatori dell’intero archivio di documentazione cartacea di un’azienda, che conduca a una indiscriminata apprensione di tutte le informazioni ivi contenute, senza che siano indicati specificamente quali documenti siano funzionali all’accertamento dei fatti oggetto di indagini (Sez. 6, n. 43556 del 26/9/2019, COGNOME, Rv. 277211), altrettanto deve dirsi per l’indiscriminata acquisizione, in difetto di specifiche ragioni, di un dispositivo, quale un personal computer, contenente una messa indistinta di dati informatici (Sez. 6, n. 24617 del 24/2/2015, COGNOME, Rv. 264092).
È, dunque, illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, il sequestro a fini probatori di un dispositivo elettronico che conduca, in difetto di specifiche ragioni, alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali criteri di selezione. (Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280838 – 01, fattispecie relativa a sequestro di un telefono cellulare e di un tablet; Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279949 – 02, fattispecie, in cui la Corte, in relazione al reato di finanziamento illecito ai partit ha ritenuto esplorativo e sproporzionato il sequestro indistinto di tutte le mail, personali e della società, riferibile ad un soggetto terzo estraneo al reato, trasmesse e ricevute nei dieci anni precedenti).
E’ parimenti illegittimo il decreto di sequestro probatorio di un telefono cellulare con il quale il pubblico ministero acquisisce la totalità dei messaggi, filmati e fotografie ivi contenuti, senza indicare le ragioni per le quali, ai fin dell’accertamento dei reati ipotizzati, si rende imprescindibile la integrale verifica di tutti i predetti dati e si giustifica, nel rispetto del principio di proporzionalità così penetrante sacrificio del diritto alla segretezza della corrispondenza (Sez. 6, n. 1286 del 20/11/2024, COGNOME, Rv. 287421 – 01, in motivazione la Corte ha precisato che, in tale ipotesi, la nullità del sequestro si estende, ex art. 185 cod. proc. pen., all’acquisizione della copia forense della intera memoria del dispositivo).
Per quanto non sia di per sé illegittimo il sequestro del dispositivo in luogo dell’estrazione immediata del suo contenuto, ove sussistano specifiche difficoltà tecniche, in tali casi l’apposizione del vincolo reale è soltanto strumentale rispetto
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all’acquisizione mirata di dati in esso contenuti, risultando altrimenti di per sé privo di giustificazione, in quanto sproporzionato.
Il sequestro a fini probatori non può, infatti, assumere una valenza meramente esplorativa, in quanto non è, nel disegno del legislatore, un mezzo di ricerca della notizia di reato, ma solo della sua conferma.
La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che un accesso e una captazione massiccia e indiscriminata di dati e documenti si pongano in contrasto con il principio di proporzionalità e con lo stesso art. 8 della Convenzione (ex plurimis: Corte EDU, 23 gennaio 2025, Reznik c. Ucraina, cit.; Id., 19 dicembre 2024, RAGIONE_SOCIALE c. Italia).
3.6. Dall’osservanza di tali principi risulta che il vincolo reale imposto dal provvedimento di sequestro deve essere ab origine commisurato, anche sul piano temporale, a quell’esigenza di estrapolazione e che, al contempo, deve essere assicurato un canone di selezione in assenza del quale il vincolo risulta nel suo complesso sproporzionato (Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non nnassimata sul punto).
Il legittimo esercizio da parte del pubblico ministero del potere di apprensione dei dispositivi elettronici e telematici per finalità investigative deve, dunque, essere proporzionato sotto specifici profili di ordine quantitativo, qualitativo e temporale.
Il decreto di sequestro probatorio di dati contenuti in dispositivi informatici o telematici adottato dal pubblico ministero, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve, dunque, illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e omnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell’imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, Corsaro, Rv. 286358 – 03).
Proprio in considerazione delle caratteristiche tecniche dei dispositivi informatici e telematici (compresi gli smartphone), della loro capacità di memoria e di archiviazione di una massa eterogenea di dati (messaggi, foto, mail) attinenti alla sfera personale del titolare, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia genetica che nella successiva fase esecutiva è, dunque, necessario che il pubblico ministero illustri nel decreto di sequestro probatorio:
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le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo o, in alternativa le specifiche informazioni oggetto di ricerca;
i criteri che devono presiedere alla selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, giustificando, altresì, l’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi dal perimetro temporale dell’imputazione provvisoria;
i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti.
Solo un’adeguata motivazione su tali punti consente, infatti, di valutare la sussistenza di un rapporto di proporzione tra le finalità probatorie perseguire dalla misura ed il sacrificio imposto al diretto interessato con la privazione della disponibilità esclusiva dei dati personali archiviati.
3.7. Il Tribunale di Napoli, tuttavia, non ha fatto corretta applicazione di questi principi di diritto, pur avendoli espressamente evocati nella motivazione.
Il Tribunale ha, infatti, citato alcune massime della giurisprudenza di legittimità sul tema della proporzionalità del sequestro probatorio, ma ha poi rilevato che « appaiono poco conferenti, almeno in vicende come quelle in esame, i richiami a parole chiave o ad archi temporali preventivamente individuati, che raramente sono individuabili in una prospettiva, accusatoria nella quale si pone l’attenzione sui rapporti tra esponenti politici e imprenditori in ipotesi corruttive. Ciò posto, la motivazione esplicita dall’organo requirente a pagina 30 del decreto impugnato appare al Tribunale del tutto esaustiva. Si sottolinea, infatti, la necessità di sottoporre a vincolo probatorio documenti, in forma cartacea o informatica, relativi alle procedure di finanziamento e di non assoggettabilità a Vinca, nonché tracce di accordi corruttivi con lo COGNOME e gli altri soggetti coinvolti nella procedura, comprese le interlocuzioni avute per via telematica contenute nei relativi supporti».
Il Tribunale, da ultimo, ha ribadito che questa motivazione «appare del tutto aderente ai principi giurisprudenziali sopra esaminati e non si vede davvero, in una vicenda in cui devono essere esplorati i rapporti assolutamente illeciti tra gli odierni istanti e il coindagato COGNOME come potesse essere limitato a monte, per parole chiave o per frangenti temporali, il contenuto dei dati da acquisire».
Il Tribunale del riesame si è, dunque, discostato consapevolmente dai principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ma la valenza “costituzionale” del principio di proporzionalità della misura cautelare, sancito dal diritto dell’Unione e dalla CEDU, come interpretata dalla Corte di Strasburgo, non ammette “zone franche”.
Nel caso di specie, peraltro, proprio la marcata specificità dell’imputazione provvisoria avrebbe dovuto imporre una delimitazione maggiormente selettiva dei dati da acquisire.
Le censure proposte dai ricorrenti, peraltro, non possono essere “derubricate” a questioni meramente esecutive, che esulano dall’ambito di cognizione del Tribunale del riesame, in quanto, come rilevato, la proporzionalità del sequestro ne costituisce specifico requisito di legittimità e fondamento costituzionale.
La motivazione del sequestro disposto dal pubblico ministero, peraltro, non è stata ab origine configurata in modo da rispettare il canone di proporzionalità, sia con riferimento al mancato ricorso ad apposite parole chiave (o criteri di selezione), che in relazione alla mancata delimitazione dell’ambito temporale dei dati da apprendere e alla delimitazione di un arco di ragionevolezza temporale della durata del vincolo reale.
Questa lacuna originaria, peraltro, non è stata sanata dal Pubblico ministero neppure al momento del conferimento del quesito al proprio consulente tecnico.
Tali rilievi impongono l’annullamento senza rinvio non solo dell’ordinanza impugnata, ma anche del decreto di sequestro probatorio.
L’accoglimento dei motivi di ricorso relativi all’inosservanza del canone di proporzionalità esime dal delibare le ulteriori censure formulate dai ricorrenti.
All’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nonché del decreto di sequestro probatorio, consegue la restituzione ai ricorrenti dei beni acquisiti, ivi compresa la copia integrale del contenuto dei supporti informatici.
Le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di sequestro di materiale informatico, hanno, infatti, affermato che la mera reintegrazione nella disponibilità del titolare del bene fisico oggetto di un sequestro probatorio non elimina il pregiudizio determinato dal vincolo cautelare su diritti fondamentali certamente meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza e al segreto o, comunque, alla «disponibilità esclusiva del “patrimonio informativo”» (Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270497 – 01), tutelati anche dagli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La restituzione conseguente all’annullamento del sequestro probatorio deve, pertanto, avere ad oggetto non solo i supporti materiali sequestrati, ma anche i dati estrapolati dagli stessi.
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Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto del Pubblico
Ministero del 2/10/2024 e dispone il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro. Manda alla Cancelleria per l’immediata
comunicazione al Procuratore in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art.
626 cod. proc. pen.
Così deciso il 04/02/2025.