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Sequestro probatorio smartphone: limiti e motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che confermava il sequestro di due smartphone appartenenti a un agente di polizia. La Corte ha stabilito che il decreto di sequestro probatorio smartphone era illegittimo perché generico e immotivato, violando il principio di proporzionalità. Non specificava né le informazioni da ricercare né i tempi per la selezione dei dati, configurandosi come una perquisizione esplorativa non consentita. La sentenza ribadisce la necessità di una motivazione specifica che bilanci le esigenze investigative con il diritto alla privacy e alla riservatezza.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro probatorio smartphone: la Cassazione fissa i paletti a tutela della privacy

Il sequestro probatorio smartphone è uno strumento investigativo sempre più frequente, ma quali sono i suoi limiti? Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha riaffermato con forza i principi a tutela dei diritti fondamentali, annullando un provvedimento di sequestro indiscriminato e sottolineando l’importanza di una motivazione adeguata e specifica. Questo caso offre spunti cruciali sul delicato equilibrio tra esigenze di indagine e diritto alla riservatezza nell’era digitale.

I fatti del caso

La vicenda riguarda un agente di polizia, indagato per favoreggiamento e accesso abusivo a sistema informatico. Nell’ambito delle indagini, il pubblico ministero aveva disposto il sequestro di due telefoni cellulari in sua disponibilità. Il decreto si limitava a ordinare l’apprensione dei dispositivi “ai fini delle successive analisi ed elaborazione di dati estratti”, senza fornire ulteriori dettagli.

L’indagato aveva impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, che tuttavia aveva confermato il sequestro. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una grave carenza di motivazione del decreto originario, tale da renderlo un atto meramente “esplorativo”, sproporzionato e lesivo dei diritti dell’indagato.

La decisione della Corte di Cassazione sul sequestro probatorio smartphone

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame. Gli Ermellini hanno ritenuto che il decreto di sequestro fosse affetto da un vizio di violazione di legge, riconducibile a una “motivazione apparente”.

In sostanza, il provvedimento impugnato non spiegava adeguatamente le ragioni per cui fosse necessario un sequestro così ampio e onnicomprensivo dell’intero dispositivo. Mancava l’indicazione delle informazioni specifiche da ricercare, dei criteri di selezione e dei tempi entro cui l’analisi si sarebbe dovuta concludere, con conseguente restituzione dei dati non pertinenti.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati, primo fra tutti quello secondo cui anche il sequestro probatorio deve rispettare i criteri di “adeguatezza”, “proporzionalità” e “gradualità”, stabiliti per le misure cautelari personali. Sequestrare uno smartphone significa incidere pesantemente non solo sul diritto di proprietà, ma anche e soprattutto sui diritti personalissimi alla privacy e alla riservatezza, data l’enorme mole di dati sensibili (messaggi, foto, dati sanitari, bancari) che questi dispositivi contengono.

Secondo la Cassazione, un’apprensione totale e indiscriminata di dati è ammissibile solo se accompagnata da una motivazione rafforzata che funga da “fattore di riequilibrio”. Il pubblico ministero deve esplicitare:

1. Le ragioni specifiche per cui è necessario un sequestro esteso, in relazione al tipo di reato, alla condotta dell’indagato e alla difficoltà di individuare a priori l’oggetto della ricerca.
2. I criteri di selezione del materiale informatico che verrà analizzato.
3. La giustificazione di un’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse.
4. I tempi certi entro cui avverrà la selezione e la successiva restituzione di una copia dei dati non rilevanti.

Nel caso di specie, espressioni generiche come “senza ritardo” per l’analisi o la restituzione “una volta terminati gli accertamenti di tipo tecnico” sono state ritenute del tutto insufficienti a soddisfare l’obbligo di motivazione. Tale carenza rende il sequestro illegittimo, trasformandolo in una ricerca indiscriminata che non trova legittimità nel nostro ordinamento. La motivazione del Tribunale del Riesame, che aveva tentato di integrare quella mancante del PM, non ha potuto sanare il vizio originario.

Le conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per le autorità inquirenti. Il sequestro probatorio smartphone non può essere una “carta bianca” per accedere all’intera vita digitale di una persona. La Corte di Cassazione ha chiarito che il potere di indagine deve essere esercitato nel rispetto rigoroso delle garanzie costituzionali. Ogni compressione dei diritti fondamentali deve essere strettamente necessaria, proporzionata allo scopo e, soprattutto, sorretta da una motivazione concreta, specifica e non meramente apparente. Per i cittadini, ciò si traduce in una maggiore tutela contro intrusioni ingiustificate nella propria sfera privata, anche quando si è sottoposti a un procedimento penale.

È legittimo sequestrare l’intero contenuto di uno smartphone a fini probatori?
Sì, ma solo a condizione che il provvedimento sia supportato da un’adeguata e specifica motivazione che spieghi perché un sequestro così esteso e onnicomprensivo sia necessario. Deve inoltre indicare i criteri di ricerca, i tempi di analisi e le modalità di restituzione dei dati non pertinenti, per bilanciare le esigenze investigative con il diritto alla privacy.

Quali requisiti deve avere un decreto di sequestro probatorio di un dispositivo elettronico per essere valido?
Deve rispettare i principi di adeguatezza, proporzionalità e gradualità. La motivazione deve indicare specificamente: le ragioni che giustificano un sequestro esteso, le informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale, la perimetrazione temporale dei dati di interesse e i tempi previsti per l’analisi e la restituzione dei dati non rilevanti.

Cosa intende la Cassazione per “motivazione apparente” in un decreto di sequestro?
Per “motivazione apparente” si intende un’argomentazione che, pur essendo formalmente presente, è talmente generica, vaga o tautologica (ad esempio, usando formule come “senza ritardo”) da non spiegare in concreto le ragioni della decisione. Tale vizio equivale a una totale mancanza di motivazione e determina la nullità del provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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