Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33614 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33614 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME
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avverso l’ordinanza del 24/11/2023 del TRIB. LIBERTAI di FROSINONE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha chiesto, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e succ. mod., dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Frosinone, in funzione di giudice del riesame, confermava il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal Pubblico ministero presso il suddetto Tribunale in data 9 novembre 2023 nel procedimento a carico di NOME e Blessing COGNOME.
Il sequestro d’iniziativa della polizia giudiziaria era stato eseguito in relazione agli indumenti, conservati presso l’ospedale di Frosinone, appartenenti a NOME COGNOME, vittima di omicidio per il quale erano indagate le predette COGNOME ed NOME.
Il Tribunale osservava che il decreto di convalida aveva illustrato in modo adeguato la sussistenza di finalità probatorie connesse al sequestro, coincidenti con l’esigenza di compiere accertamenti tecnici.
D’altro canto, in sintonia con la memoria depositata dal P.M. il 22 novembre 2023, rilevava la mancanza di interesse della COGNOME alla impugnazione del sequestro, attesa la pendenza di incidente probatorio, promosso su iniziativa della difesa della coindagata, finalizzato a eseguire accertamenti biologici concernenti proprio gli indumenti della vittima sottoposti a vincolo reale.
Ha proposto ricorso per cassazione l’indagata COGNOME, per il tramite del difensore, deducendo, in due motivi: 1) violazione dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, comma 3, 253 e 355, comma 2, cod. proc. pen.; 2) violazione dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., in relazione agli ar 324, 325 e 355, comma 3, cod. proc. pen.
Ricostruita in sintesi la vicenda procedimentale, operati ampi richiami alla giurisprudenza di legittimità in materia, la difesa della ricorrente contesta, in primo luogo, al Tribunale di Frosinone, quanto al fumus commissi dettai, di non aver fornito alcuna spiegazione logica rispetto alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME a proposito dell’origine autolesiva della ferita che presentava, essendosi limitato a richiamare la richiesta di incidente probatorio.
Quanto alle finalità probatorie, il provvedimento impugnato sarebbe inficiato, come il decreto di convalida, da profili di contraddittorietà o manifesta illogicità.
Segue a tale affermazione, di nuovo, ampia rassegna giurisprudenziale sui requisiti del fumus e delle finalità probatorie.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria inviata in forma scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e succ. mod., ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, non ravvisando carenze motivazionali sia con riferimento al fumus commissi delicti che i n relazione alle esigenze probatorie.
AVV_NOTAIO, nell’interesse dell’indagata, ha fatto pervenire memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni che seguono.
Giova premettere che, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano sia la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710 01), sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere GLYPH comprensibile GLYPH l’itinerario GLYPH logico GLYPH seguito GLYPH dal GLYPH giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01).
Quanto al decreto del Pubblico Ministero di convalida del sequestro, esso deve reputarsi sufficientemente motivato allorché consenta l’individuazione del fatto per cui si procede e delle ragioni del sequestro attraverso il richiamo “per relationem” agli atti redatti dalla polizia giudiziaria, senza che sia necessaria un’effettiva materiale riproduzione di tali atti all’interno o in allegato alla convalid posto che il diritto di difesa è, in tale ipotesi, garantito dalla consegna del verbale di sequestro e, comunque, dalla notifica del provvedimento del Pubblico ministero e dal successivo deposito di tali atti (Sez. 5, n. 7278 del 26/01/2006, Ballandi, Rv. 233608 – 01); deve, in particolare, ritenersi sufficiente l’affermazione che l’oggetto del vincolo riguardi cose pertinenti al reato anche in difetto della completa formulazione di un capo di imputazione che, tenuto conto della fase in cui interviene la convalida, ben può fare riferimento esclusivamente al titolo del reato per cui si procede e, come detto, agli atti redatti dalla polizia giudiziari (Sez. 2, n. 27859 del 30/04/2019, Chianese, Rv. 276727 – 01).
Nel caso di specie, l’organo del riesame si è conformato ai principi enunciati, correttamente ritenendo legittima, con riguardo alle finalità probatorie, da un lato, la tecnica della motivazione per relationem usata dal P.M. nel decreto di convalida al solo fine di richiamare i verbali di sequestro di p.g., dall’altro, riferimento, direttamente operato dall’organo dell’accusa, all’esigenza di disporre accertamenti di natura tecnica sugli indumenti della vittima sottoposti a vincolo, esigenza che ha trovato, in seguito, coerente sviluppo e attuazione nell’espletamento dell’incidente probatorio proprio su quegli indumenti.
Nel ricorso non si rinvengono critiche specifiche alle argomentazioni attinenti alla giustificazione delle finalità probatorie, spese dal Tribunale d Frosinone, ma solo rilievi meramente assertivi e confutativi (tra l’altro anche nella inammissibile declinazione della manifesta illogicità della motivazione), che non danno concretezza e coerenza alla sovrabbondante rassegna giurisprudenziale che occupa gran parte dell’atto impugnatorio.
Generica e aspecifica, oltre che non rispettosa del principio di autosufficienza del ricorso, è anche la censura sulla motivazione relativa al fumus commissi delicti, che, da un lato, fa leva su pretese dichiarazioni rese dalla vittima, non allegate al ricorso né in esso incorporate, dall’altro, attacca in modo apodittico il riferimento operato dal Tribunale alla pendenza dell’incidente probatorio.
4. In presenza delle descritte ragioni di inammissibilità del ricorso, diventa residuale e superfluo il tema, evidentemente preliminare sul piano logicoprocessuale, del concreto e attuale interesse al ricorso, tema peraltro neppure oggetto di specifiche contestazioni da parte della ricorrente.
Solo per ragioni di completezza si ritiene, comunque, di dedicare ad esso le seguenti sintetiche riflessioni.
È stato affermato, da un orientamento elaborato nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di sequestro probatorio, l’interesse dell’imputato a proporre richiesta di riesame prescinde dall’interesse alla restituzione della cosa, in quanto l’indagato ha diritto a chiedere la rimozione del provvedimento anche al solo fine di evitare che l’oggetto in sequestro entri a far parte del materiale probatorio utilizzabile (Sez. 5, n. 34167 del 13/05/2019 Karia Rv. 277314 – 01; Sez. 5, n. 8207 del 22/11/2017, dep. 2018, Xu, Rv. 272273 – 01; Sez. 4, n. 6279 del 01/12/2005, dep. 2006, Galletti ed altro Rv. 233402 – 01).
A tale orientamento se ne contrappone un altro, di segno opposto, seppure con riferimento ad un altro tipo di sequestro, secondo il quale l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 1, n. 6779 del 08/01/2019, Firriolo, Rv. 274992 – 01; Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, COGNOME e altri, Rv. 271231 – 01; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Held, Rv. 267672 – 01).
Il Tribunale di Frosinone, rispetto ai descritti orientamenti, ha optato per una linea, per così dire, mediana, non escludendo, tout court, l’interesse al riesame in caso di sequestro probatorio (in sintonia con quanto affermato dal primo filone ermeneutico), ma ritenendo, senza incorrere in errori di diritto, la carenza di interesse (all’istanza di riesame), nel caso di specie, a motivo della pendenza, alla data della pronuncia impugnata, della peculiare fase procedimentale dell’incidente
probatorio, che, semmai, dimostrava, nei fatti, l’interesse complessivo delle difese al mantenimento del vincolo reale (e, quindi, il disinteresse al suo riesame), avendo ad oggetto l’incidente de quo proprio gli indumenti sottoposti a sequestro.
Per le esposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, dal che discende la condanna della proponente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di ipotesi di esonero, al versamento di un’ulteriore somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2024
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