Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9690 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9690 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Torino nel procedimento a carico di COGNOME NOME, nato a Torino il DATA_NASCITA, e di COGNOME NOME, nato a Torino il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del 27.06.2023 emessa dal Tribunale di Torino;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni dei difensori, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME, nell’interesse del COGNOME e AVV_NOTAIO NOME COGNOME, nell’interesse del COGNOME, che hanno chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Torino ha annullato il decreto di sequestro probatorio adottato dal Pubblico Ministero del Tribunale di Torino in data 30 maggio 2023 ed eseguito in data 6 giugno 2023 nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, disponendo la restituzione agli aventi diritto di tutto quanto loro sequestrato, anche in copia.
L’imputazione provvisoria di rivelazione di segreto di ufficio trae origine dalla trasmissione da parte del Carabiniere in pensione NOME COGNOME alla dr.ssa NOME COGNOME, Pubblico ministero in servizio presso la Procura di Asti, della notizia dell’imminente co-assegnazione del fascicolo R.G.N.R. 1.8325/20 pendente presso la Procura della Repubblica di Torino in ordine alla c.d. Loggia Ungheria, e dall’ipotesi che tale notizia fosse stata rivelata al COGNOME da uno degli excolleghi e funzionari rimasti in servizio presso la Procura di Torino.
Secondo l’ipotesi di accusa, i dati relativi agli accessi al SICP avrebbero consentito di appurare che NOME COGNOME, che aveva avuto accesso a tali dati per ragioni di ufficio, avrebbe avuto assidui contatti con NOME COGNOME, sovraintendente dei Carabinieri in pensione e operante nel settore della c.d. RAGIONE_SOCIALE, a sua volta risultato in contatto con il COGNOME.
Il Tribunale del riesame ha, tuttavia, ritenuto insussistente il fumus commissi delicti e ha, dunque, annullato il sequestro probatorio, in quanto il COGNOME non risulta aver fatto accesso al SICP in epoca anteriore e prossima al messaggio intercorso tra il COGNOME e la COGNOME; il Tribunale ha, inoltre, ritenuto poco chiara quale sarebbe la notizia segreta in ipotesi rivelata (l’imminente coassegnazione del procedimento o una lista testi trasmessa nella chat), oltre che la dinamica traslativa della notizia in relazione ai soggetti coinvolti, e ha, comunque, rilevato che difetterebbe la proporzionalità del vincolo reale disposto.
Il Pubblico Ministero del Tribunale di Torino ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento, deducendo il vizio di violazione di legge per omessa motivazione in ordine al fumus commissi delicti e alla c:arenza del nesso pertinenziale tra l’ipotesi di accusa e il vincolo reale disposto.
Rileva il Pubblico Ministero, che, a fronte della ritenuta impossibilità «di ricostruire un preciso nesso pertinenziale tra l’ipotesi astratta ed un fatto sintomatico preciso e ben individuabile, tale da lasciar ipotizzare un quadro delittuoso e probatorio più esteso», il Tribunale avrebbe omesso di considerare «elementi fondamentali enunciati nel decreto di sequestro e negli atti posti a suo fondamento».
Nel decreto di sequestro sarebbe, infatti, stato evidenziato che il contenuto della chat rinvenuta nella messaggistica whatsapp all’indagato NOME, GLYPH –
relativa alla coassegnazione ad un secondo Pubblico Ministero del procedimento penale n. 18325/20 R.g.n.r., insieme ad alcuni elementi di indagine provenienti da annotazioni relative a quest’ultimo procedimento – delineerebbero con sufficienza i concreti contorni di fattispecie criminose, rendendo legittimo il decreto, invece annullato.
Il decreto di sequestro indicherebbe, come sufficiente presupposto per fondare il vincolo reale, condotte rivelatrici di notizie coperte da segreto, provenienti da un soggetto intraneo all’ufficio del Procura e da questi propalate direttamente all’indagato COGNOME o ad un terzo – l’indagato COGNOME – che poi avrebbe trasmesso tali notizie a COGNOME.
Ad avviso del Pubblico Ministero, dunque, «è evidente che tale notizia riservata non poteva che esser stata acquisita – direttamente o per interposta persona – attraverso una persona addentro all’Ufficio, in grado di accedere, in ragione del suo ruolo e/o dei suoi rapporti, a tali informazioni, un intraneus, a sua volta in contatto, direttamente o indirettamente, o con taluno degli indagati nel procedimento in questione o con lo stesso COGNOME».
Secondo il Pubblico Ministero, l’ordinanza impugnata non avrebbe tenuto conto neanche di altri elementi risultanti dagli atti: il COGNOME avrebbe effettuat accessi asseritamente non consentiti mediante SICP al procedimento n. 18325/20 in data 17.11.2020, in data 21.4.2021 e in data 18.11.2022.; nonché anche al procedimento n. 18691/22, stralcio del n. 18325/20, consultando il nominativo di COGNOME NOME oltre che l’elenco delle notizie di reato e l’elenco delle richieste in data 27.07.2022, come già aveva fatto in data 5.06.2021; inoltre, perquisendo l’ufficio di COGNOME, sarebbe stata trovata una cartellina della RAGIONE_SOCIALE contenente una relazione di bonifica veicolare e una relazione informatico-forense datata 20.06.2017 in favore di tale COGNOME, «ulteriore riscontro circa i rapporti esistenti tra COGNOME e COGNOME».
Per converso, la mancanza, in data 12.07.2022 o nei giorni immediatamente precedenti, di accessi di COGNOME al SICP, di contatti tra COGNOME e COGNOME, tra COGNOME e COGNOME, tra COGNOME e COGNOME, non sarebbe decisivo al fine di escludere il fumus commissi delicti, in quanto «da un lato l’acquisizione della notizia riservata potrebbe esser avvenuta anc:he non mediante l’accesso al SICP, dall’altro potendo gli indagati essere in contatto anche con modalità diverse, non rilevabili attraverso i tabulati telefonici».
Sulla base di tali argomenti, dunque, il Pubblico Ministero ricorrente ritiene indispensabile l’acquisizione dei telefoni cellulari, computer e altri strumenti telematici e/o informatici riconducibili agli indagati, «di cui dunque appare evidente la pertinenzialità rispetto al fatto di reato e già oggetto del decreto di perquisizione e sequestro annullato».
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 27 novembre 2023, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, nella persona di NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Con memorie depositate in data 24 novembre 2023 l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, nell’interesse del COGNOMEmelli, e in data 27 novembre 2023 l’AVV_NOTAIO, nell’interesse del COGNOME, hanno chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, stante la lacunosità della notizia di reato e il caratter meramente esplorativo del sequestro disposto.
Rilevano, inoltre, i difensori, come analoghi provvedimenti di sequestro probatorio emessi dal Pubblico Ministero di Torino in procedimenti analoghi, relativi alla rivelazione di segreto di ufficio in ordine al procedimento penale n. 18325/20 r.g.n.r. sarebbero stati già annullati dalla Corte di cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Con l’unico motivo di ricorso proposto, il Pubblico Ministero deduce il vizio di violazione di legge per omessa motivazione in ordine al fumus commissi delicti e alla carenza del nesso pertinenziale tra l’ipotesi di accusa e il vincolo reale disposto.
Il motivo è, tuttavia, diverso da quelli consentiti dalla legge, in quanto, deducendo il travisamento della prova per omissione, confligge con il sindacato sulla mera violazione della legge consentito dall’art. 325 cod. proc. pen. e, comunque, si risolve nella proposizione di una ricostruzione di fatto alternativa a quella accolta dal Tribunale per riesame.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argornentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (ex plurimis: Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; conf. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01).
4. Le Sezioni unite della Corte di cassazione, nel precisare il sindacato spettante al giudice in sede di riesame del sequestro probatorio, hanno, inoltre, sancito che il tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzat Tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente “prendere atto” della tesi accusatoria senza svolgere alcun’altra attività, ma determina soltanto l’impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offe dal pubblico ministero. L’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va, pertanto, compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (Sez. U. n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi, Rv. 206657).
La giurisprudenza successiva ha chiarito che la verifica della sussistenza del fumus commissi delicti postula che il giudice eserciti un controllo effettivo, che, pur coerente con lo stato del procedimento e con lo stato delle indagini, non sia meramente formale o apparente ma tenga conto di tutte le risultanze processuali e, quindi, sia gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, sia le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati (ex plurimis: Sez. 6, n. 33965 del 14/09/2021, NOME; Sez. 3, n. 58008 del 11/10/2018, COGNOME, Rv. 274693 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893 – 01; Sez. 1, n. 21736 dell’il maggio 2007, Citarella, Rv. 236474-01).
Il Tribunale del riesame di Torino, in applicazione di tali consolidati principi, ha assolto compiutamente il dovere di motivazione imposto dalla legge, ritenendo, con motivazione, congrua ed effettiva, l’insussistenza di una notizia di reato qualificata, idonea a fondare la misura cautelare reale adottata.
L’ipotesi di accusa si fonda sulla trasmissione da parte del Carabiniere in pensione COGNOME ad un Pubblico ministero in servizio presso la Procura di Asti della notizia dell’imminente co-assegnazione del fascicolo R.G.N.R. 18325/20 e sull’ipotesi che tale notizia fosse stata appresa dal COGNOME da uno degli excolleghi e funzionari rimasti in servizio presso la Procura di Torino.
Il Tribunale ha, tuttavia, rilevato che l’interrogazione fatta da COGNOME al SICP nel luglio 2022 (mese di assegnazione del fascicolo anche al dottor COGNOME) è avvenuta nella giornata del 27 luglio 2022 e, quindi, successivamente all’invio dei
messaggi riportati nell’annotazione di polizia giudiziaria del 22 dicembre 2022, che fonderebbero il fumus commissi delicti in capo al COGNOME per il reato ipotizzato.
Nella valutazione non illogica del Tribunale del riesame, dunque, il reato contestato appare, allo stato, una mera ipotesi investigativa, non suffragata da elementi indiziari idonei a configurare il fumus richiesto per l’adozione del provvedimento cautelare.
Il ricorso è, inoltre, aspecifico, in quanto il Pubblico Ministero ricorrente, non si è confrontato con il difetto di proporzionalità della misura cautelare disposta, ritenuta da integrare una sorta di «pesca a strascico».
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in tema di sequestro probatorio, l’acquisizione indiscrirninata di un’intera categorie di beni, nell’ambito della quale procedere successivamente alla selezione delle singole res strumentali all’accertamento del reato, è consentita a condizione che il sequestro non assuma una valenza meramente esplorativa e che il pubblico ministero adotti una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo, in ragione del tipo di reato per cui si procede, della condotta e del ruolo attribuiti alla persona titolare dei beni, e della difficoltà di individuare ex ante l’oggetto del sequestro» (Sez. 6, n. 34265 del 2020, COGNOME, Rv. 279949 – 02).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023,
Il Consigliere estensore
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