Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25944 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25944 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato in Germania il 24/10/1996;
avverso l’ordinanza emessa il 24/12/2024 dal Tribunale di Trento visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Trento ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il decreto di perquisizione personale, locale e informatica e il contestuale sequestro disposto dal Pubblico Ministero del Tribunale di Trento in data 26 novembre 2024.
Il ricorrente è sottoposto a indagine per i delitti di rivelazione di segreti
· ufficio contestati ai capi 65), 66), 67), 68), 69) dell’imputazione provvisori indicati nel decreto di perquisizione.
Secondo l’ipotesi di accusa, il ricorrente, in qualità di pubblico ufficiale con l qualifica di sottoufficiale dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione di Polizia Giudiziaria del Comando provinciale dei Carabinieri di Bolzano, assegnato alla segreteria del Sostituto Procuratore di Bolzano, dott. NOME COGNOME nel 2021 violando i doveri inerenti alle sue funzioni, avrebbe, in cinque occasioni, rivelato segreti di ufficio relativi all’attività di indagine in corso.
L’avvocato NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso questa ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, il difensore ha dedotto la violazione di legge e il vizio di mancanza di motivazione del decreto di perquisizione e sequestro e della successiva ordinanza emessa dal Tribunale del riesame, in quanto questi provvedimenti sarebbero del tutto privi di motivazione in ordine al fumus commissí delicti.
Il difensore ha premesso di aver eccepito nel procedimento di riesame la nullità del decreto di perquisizione e sequestro, in quanto lo stesso sarebbe integralmente privo di motivazione in ordine al fumus commissi delictí.
Il Tribunale del riesame si sarebbe, tuttavia, limitato a rigettare questa censura, rilevando apoditticamente che nel decreto del pubblico ministero «le ipotesi di reato (plurime violazioni dell’art. 326, co. 1, c.p.) sono sta compiutamente descritte e specificate nelle loro coordinate fattuali e spaziotemporali, come evincibile dalla mera lettura dei capi 65), 66), 67), 68), 69».
Il Tribunale di Trento, dunque, non si sarebbe confrontato con i motivi di riesame e con le deduzioni svolte dalla difesa nei motivi aggiunti depositati in data 23 dicembre 2023 e non avrebbe svolto alcun sindacato analitico sulla idoneità delle evidenze prodotte dal Pubblico Ministero a integrare il fumus commissi delicti di ciascuno dei reati contestati.
2.2. Con il secondo motivo il difensore ha censurato la violazione di legge e il vizio di mancanza di motivazione sempre in ordine al fumus commissi delicti, deducendo l’inutilizzabilità, a fini probatori, delle intercettazioni, in qua «effettuate su utenze telefoniche di persone non indagate o indagate per il reato di cui all’art. 326 c.p., che non consente attività captativa».
Il difensore ha anche censurato, con riferimento a talune condotte contestate, la mancanza del presupposto della segretezza degli atti del procedimento oggetto di rivelazione, per effetto dell’intervenuta discovery degli atti delle indagini preliminari in ragione dell’opposizione all’archiviazione, e conseguentemente, l’insussistenza della fattispecie di cui all’art. 326 cod. pen.
Le condotte contestate alle incolpazioni di cui ai capi 68) e 69), inoltre, riguardavano comunicazioni intercorse tra soggetti istituzionali, scriminate ai sensi dell’art. 55 cod. proc. pen.
L’unica intercettazione telefonica utilizzabile sarebbe stata il colloquio con l’indagata COGNOME, relativa al capo 67), che, tuttavia, aveva valenza confessoria per la coindagata e non conteneva alcuna notitia criminis riferita al ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo il difensore ha censurato l’omessa motivazione in ordine alla censura, svolta nel giudizio di riesame, in ordine alla mancanza del nesso teleologico tra le fattispecie contestate al Crognale e le ipotesi di reato ascritte agli indagati sottoposti a cautela , prospettato nel decreto di perquisizione.
Le contestazioni di associazione a delinquere e quelle mosse alla RAGIONE_SOCIALE sarebbero, infatti, del tutto irrelate rispetto alle contestazioni mosse al ricorrente
Il Tribunale del riesame di Trento non avrebbe motivato sul punto e, comunque, con motivazione postuma e inammissibile, avrebbe rilevato che i beneficiari delle rivelazioni di COGNOME erano l’indagata COGNOME, partecipe del sodalizio criminoso contestato, e il giornalista NOME COGNOME vicino al gruppo affaristico.
Le contestazioni mosse a COGNOME, come quelle rivolte ad COGNOME, COGNOME e COGNOME, tuttavia, non potrebbero essere collegate teleologicamente a quanto contestato al ricorrente e a COGNOME che, peraltro, non risulta sottoposta ad indagine per alcun reato.
2.4. Con il quarto motivo il difensore ha dedotto la violazione dell’art. 275 cod. proc. pen., in quanto il Pubblico Ministero e il Tribunale non hanno eseguito il vaglio preventivo volto ad assicurare che il vincolo cautelare reale fosse rispettoso dei principi di adeguatezza, proporzionalità e stretta necessarietà.
Il Pubblico Ministero, infatti, avrebbe posto in essere un’apprensione di dati onnicomprensiva e, dunque, del tutto esorbitante rispetto alle esigenze investigative.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 18 aprile 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
Con il primo motivo di ricorso, il difensore ha dedotto la violazione di legge
e il vizio di mancanza di motivazione del decreto di perquisizione e sequestro e della successiva ordinanza emessa dal Tribunale del riesame in ordine al fumus commissi delicti.
3. Il motivo è fondato.
Le Sezioni unite della Corte di cassazione, nel delineare il sindacato spettante al giudice in sede di riesame del sequestro probatorio, hanno sancito che il tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato. Ta astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente “prendere atto” della tesi accusatoria senza svolgere alcun’altra attività, ma determina soltanto l’impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offe dal pubblico ministero. L’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va, pertanto, compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (Sez. U. n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi, Rv. 206657).
La giurisprudenza successiva ha chiarito che la verifica della sussistenza del fumus commissi delicti postula che il giudice eserciti un controllo effettivo, che, pur coerente con lo stato del procedimento e con lo stato delle indagini, non sia meramente formale o apparente, ma tenga conto di tutte le risultanze processuali e, quindi, sia gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, sia le confutazion e gli elementi offerti dagli indagati (ex plurimis: Sez. 6, n. 33965 del 14/09/2021, COGNOME; Sez. 3, n. 58008 del 11/10/2018, COGNOME, Rv. 274693 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893 – 01; Sez. 1, n. 21736 dell’Il maggio 2007, COGNOME, Rv. 236474-01).
Il Tribunale del riesame, tuttavia, non ha fatto corretta applicazione di questi consolidati principi di diritto.
Il Tribunale, infatti, ha rigettato la censura proposta dal difensore, rilevando apoditticamente che nel decreto del pubblico ministero «le ipotesi di reato (plurime violazioni dell’art. 326, co. 1, c.p.) sono state compiutamente descritte e specificate nelle loro coordinate fattuali e spazio-temporali, come evincibile dalla mera lettura dei capi 65), 66), 67), 68), 69».
Il Tribunale del riesame, dunque, non ha motivato sulle censure, astrattamente decisive, proposte dal difensore nel procedimento di riesame.
Nel sindacato cautelare sulla consistenza indiziaria dell’ipotesi di accusa, il ·giudice deve, infatti., esporre i motivi per i quali non sono ritenuti rilevanti elementi addotti dalla difesa (Sez. 6, n. 36874 del 13/06/2017, COGNOME, Rv. 270815 – 01; Sez. 1, n. 4777 del 15/11/2011 (dep. 2012), COGNOME, Rv. 251848 – 01) e procedere, dunque, alla disamina delle specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori.
Il giudice, in tema di impugnazione delle misure cautelari, sia pure con motivazione sintetica, deve, dunque, dare ad ogni deduzione difensiva puntuale risposta, incorrendo rin caso contrario, nel vizio, rilevabile in sede di legittimità, di violazione di legge per carenza di motivazione (Sez. 6, n. 31362 del 08/07/2015, COGNOME, Rv. 264938 – 01; Sez. 5, n. 45520 del 15/07/2014, COGNOME, Rv. 260765 – 01, in applicazione del principio, in entrambe le pronunce la Corte ha annullato l’ordinanza che aveva confermato il provvedimento cautelare senza preoccuparsi di confutare le specifiche deduzioni formulate in una memoria depositata dal difensore all’udienza camerale fissata per il giudizio di riesame).
Il decreto adottato dal Pubblico Ministero, relativo a settantasette indagati, peraltro, riporta solo le imputazioni provvisorie elevate nei confronti di COGNOME, ma non delinea gli elementi probatori posti a fondamento delle imputazioni provvisorie enunciate.
4. Con il secondo motivo il difensore ha censurato la violazione di legge e il vizio di mancanza di motivazione sempre in ordine al fumus commissi delicti, deducendo l’inutilizzabilità, a fini probatori, delle intercettazioni.
5. Il motivo è fondato.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548 – 01).
Il Tribunale del riesame ha, inoltre, omesso di motivare sulle censure proposte dalla difesa nei motivi aggiunti in ordine alla inutilizzabilità del intercettazioni e all’asserito nesso teleologico tra le fattispecie contestate a Crognale e le ipotesi di reato ascritte agli indagati sottoposti a cautela, limitandosi a rilevare l’astratta configurabilità dei reati contestati.
Il Tribunale per il riesame ha, dunque, confermato la misura cautelare reale senza fornire, nei limiti propri del sindacato cautelare, motivazione alcuna circa
l’infondatezza, l’indifferenza o la superfluità degli argomenti opposti su questo punto e, in tal modo, ha eluso l’obbligo di motivazione.
Con il terzo motivo il difensore ha censurato l’inesistenza del nesso teleologico tra le fattispecie contestate al Crognale e le ipotesi di reato ascritte agl indagati sottoposti a cautela.
7. Il motivo è fondato.
Il Tribunale del riesame ha, infatti, motivato in modo solo apparente in ordine alle specifiche finalità probatorie del sequestro disposto, riferendosi alle mera enucleazione della imputazione, senza verificare, sia pure nei limiti delibatori propri della materia cautelare, se la stessa fosse corroborata dalle risultanze investigative e senza rispondere alle specifiche censure proposte dalla difesa, anche mediante motivi aggiunti.
Con il quarto motivo il difensore ha dedotto la violazione dell’art. 275 cod. proc. pen., in quanto il Pubblico Ministero e il Tribunale non hanno eseguito il vaglio preventivo volto ad assicurare che il vincolo cautelare reale fosse rispettoso dei principi di adeguatezza e proporzionalità e stretta necessarietà.
9. Il motivo è fondato.
Il Tribunale del riesame ha, infatti, motivato in termini puramente apparenti anche sulla censura relativa alla proporzionalità del sequestro.
Il Tribunale ha rilevato che «il materiale sequestrato, per come risultante dal verbale in atti, risulta perfettamente funzionale al rinvenimento del corpo del reato e delle cose ad esso pertinenti, a tacere del fatto che parte del materiale veniva consegnato spontaneamente dall’indagato»; questa motivazione, tuttavia, elude integralmente il necessario vaglio preventivo di proporzionalità del sequestro.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di sequestro probatorio di dati contenuti in dispositivi informatici o telematici, decreto del pubblico ministero, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e omnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, l giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell’imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez. 6, n. 17312
del 15/02/2024, Corsico, Rv. 286358 – 03).
È illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza, il sequestro a fini probatori di un dispositivo elettronico che conduca, in difetto d specifiche ragioni, alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali criteri di selezione (Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280838 – 01, fattispecie relativa a sequestro di un telefono cellulare e di un tablet).
Il Pubblico Ministero, inoltre, indipendentemente da un generico riferimento alla giurisprudenza in tema di proporzionalità, non ha chiarito le ragioni per le quali sia stato necessario disporre un sequestro esteso e “onnivoro”, senza indicare le parole-chiave e i criteri che avrebbero dovuto presiedere alla selezione del materiale informatico archiviato nei dispositivi.
Alla stregua dei rilievi che precedono, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, unitamente al decreto di sequestro emesso dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Trento in data 26 novembre 2024, in ragione delle proprie carenze genetiche.
All’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nonché del decreto di sequestro probatorio, consegue la restituzione al ricorrente dei beni acquisiti, ivi compresa la copia integrale del contenuto dei supporti informatici.
Le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di sequestro di materiale informatico, hanno, infatti, affermato che la mera reintegrazione nella disponibilità del titolare del bene fisico oggetto di un sequestro probatorio non elimina il pregiudizio determinato dal vincolo cautelare su diritti fondamentali certamente meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza e al segreto o, comunque, alla «disponibilità esclusiva del “patrimonio informativo”» (Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270497 – 01), tutelati anche dall’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La restituzione conseguente all’annullamento del sequestro probatorio deve, pertanto, avere ad oggetto non solo i supporti materiali sequestrati, ma anche i dati estrapolati dagli stessi.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonché il decreto di sequestro emesso dal P.M. presso il Tribunale di Trento in data 26 novembre 2024, disponendo la restituzione di quanto in sequestro in favore dell’avente diritto.
Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2025.