Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27581 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27581 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a DOLO il 05/03/1986 NOME nato a PESCHIERA DEL GARDA il 24/04/2003
avverso l’ordinanza del 02/09/2024 del TRIB. LIBERTA di UDINE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria del pubblico ministero, in persona del Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e del provvedimento di convalida, limitatamente alla somma eccedente euro 1.160,00
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicato in epigrafe, il Tribunale del riesame di Udine rigettava il riesame del difensore delle ricorrenti avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero 1’8/07/2024, avente ad oggetto le somme di denaro contante di euro 2.140,00 e di euro 665,00, sequestrate rispettivamente alla NOME e alla COGNOME ad iniziativa delle forze dell’ordine.
Contro l’anzidetta ordinanza, NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso, affidato ad un unico motivo, che lamenta inosservanza ed erronea applicazione di legge e vizio motivazionali, in relazione agli artt.253 e 355 cod. proc. pen., con riferimento sia al decreto con il quale il pubblico ministero ha convalidato il sequestro probatorio, operato d’urgenza, dalla polizia giudiziaria, sia all’ordinanza del Tribunale del riesame, che avrebbe illegittimamente integrato la carenza del provvedimento genetico, quanto alle somme di denaro rinvenute in possesso delle indagate.
Quanto alla somma di euro 1.645 (eccedente quella ritenuta provento di furto in danno della parte offesa Ferrara), si deduce illegittima applicazione del sequestro probatorio perché relativo ad un bene fungile, che non è corpo di reato, nonché la mancanza dei requisiti del nesso di derivazione o di pertinenza tra la somma ed il reato. Si deduce, altresì, la mancanza delle specifiche esigenze probatorie, in quanto le indagate sono titolari di carte prepagate postepay, nonché la Reinhart di reddito di inclusione, mentre la figlia può contare sugli accrediti erogati dalla RAGIONE_SOCIALE, che la COGNOME è anche titolare di un libretto online, su cui viene mensilmente accreditata la somma di euro 600,00 a titolo di assegno unico erogato dalla Stato, e che entrambe sono solite prelevare in contanti, nell’immediatezza dell’accredito delle somme erogate.
Quanto alla somma di euro 1.160, astrattamente riconducibile al furto denunciato, si deduce carenza di motivazione del decreto di sequestro del Pubblico Ministero e dell’ordinanza del Tribunale, che giustifica il decreto, in riferimento alla perquisizione del Brajdic, che dava esito negativo, ed alla mancanza di riscontri di condotte atte a disfarsi della refurtiva prima del controllo eseguito dagli operanti.
Il difensore chiede annullarsi l’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente alla somma di denaro eccedente l’importo di euro 1.160, 00.
2 Quanto al vizio di motivazione, in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti in relazione alla somma di euro 1.160,00, riconducibile alla condotta del furto denunciato, il ricorso è infondato.
2.1 Va, preliminarmente, rilevato che sull’obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio si sono succedute nel tempo anche più sentenze delle
Sezioni Unite della Corte di cassazione; da ultimo, le sentenze COGNOME (n. 5876 del 28/01/2004 Rv. 226711), COGNOME (n. 18954 del 31/03/2016, Rv. 266789) e la più recente COGNOME (Cass. Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Rv. 273548 – 01), che ha ribadito che il decreto di sequestro (così come il decreto di convalida di sequestro) probatorio, anche ove ha ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una specifica motivazione sulla finalità perseguita per l’accertamento dei fatti.
Un ulteriore rafforzamento dell’obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio deriva dall’entrata in vigore della legge 47/2015 e dalle modifiche apportate ai poteri del Tribunale del riesame, applicabili anche al sequestro 2 probatorio, come stabilito dalla sentenza COGNOME delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha stabilito il seguente principio di diritto: «Nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma nono dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa» (Sez. 3, Sentenza n. 3604 del 16/01/2019, Rv. 275688 – 01).
2.1.1 Con riguardo specifico al denaro è stato invece affermato che il decreto di sequestro probatorio, deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti, a meno che la finalizzazione probatoria del corpo del reato sia connotato ontologico ed immanente rispetto alla natura delle cose inquadrabili in quel concetto (Sez. 2, n. 4155 del 20/01/2015, Cheick, Rv. 262379). In sintesi, il denaro, qualora costituisca corpo del reato, esprime in sé l’esigenza probatoria, solo quando le banconote o le monete sequestrate abbiano una specifica connotazione identificativa in relazione al fatto da provare (in tal senso anche Sez. 3, n. 36921 del 2015 Rv. 26500). E’ stato però anche affermato che la somma di denaro costituente corpo di reato è assoggettabile a sequestro probatorio, anche in assenza di rilevanza probatoria in sé di detto compendio, a condizione che, nella motivazione del provvedimento di sequestro probatorio, sia specificato il rapporto pertinenziale tra la cosa e il reato per cui si procede, evidenziando – al riguardo che il nesso tra il denaro e l’attività criminosa (nella specie si trattava di attività d narcotraffico) può essere desunto o da specifiche fonti di prova – quali pregressi accertamenti di polizia giudiziaria o dichiarazioni di persone coinvolte nei fatti – o
da varie circostanze di fatto – quali l’entità della somma di denaro in rapporto al reddito del detentore, il frazionamento di essa in banconote di piccolo taglio, il luogo di rinvenimento o altro ancora (Sez. 6, n. 2083 del 08/06/1999, COGNOME, Rv. 214681).
Nella specie, il Tribunale ha fornito adeguata motivazione sia in ordine all’esigenza probatoria che giustifica il provvedimento di cautela, sia in ordine al nesso di pertinenzialità tra la cosa ed il reato, desumendo il fumus commissi delicti dalla individuazione dell’autore materiale del furto della somma di euro 1.160, in NOME COGNOME. Al riguardo, il Tribunale ha tenuto conto: delle immagini estrapolate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza della stazione di rifornimento, da cui si evinceva la condotta di furto ascrivibile al ricorrente; del fatto che a bordo dell’autovettura di sua proprietà, al momento del furto, si trovava NOME COGNOME riconosciuta unitamente al COGNOME dalla persona offesa; della circostanza che la figlia della COGNOME, NOME COGNOME si trovava a bordo del mezzo alle ore 17,33; della perquisizione del mezzo e dei predetti soggetti, effettuata alle ore 18,45, che dava esito negativo, quanto al mezzo e al COGNOME, e, positivo, quanto alle due donne, che occultavano, all’interno dei calzini, le banconote oggetto del sequestro probatorio.
Il Tribunale riteneva la somma di euro 1.160 riconducibile alla condotta del reato di furto e, dunque, corpo del reato, in presenza del fumus commissi delicti a carico del COGNOME, tenuto conto che la perquisizione dello stesso dava esito negativo e non risultava che si fosse disfatto della refurtiva anteriormente al controllo eseguito dagli operanti, ritenendo, allo stato, irrilevante il puntuale accertamento delle modalità del concorso delle indagate nel reato di furto o in quello di ricettazione.
Quanto alla finalità probatoria del vincolo, il Tribunale con motivazione immune da vizi e censure, la ravvisava nell’urgente necessità di acquisire la prova della commissione del furto a mezzo dell’accertamento della effettiva provenienza del denaro dalla stazione di servizio gestita dal querelante.
2.2 Quanto al vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti in relazione alla somma di euro 1.645,00, eccedente quella riconducibile al furto, il ricorso è invece fondato.
Nel caso di specie, il giudice del riesame si è limitato ad affermare che il sequestro probatorio anche di tale somma eccedente appare sorretto dalla attualità delle esigenze probatorie.
Al riguardo, il Tribunale richiama i diversi precedenti penali per furto del COGNOME e della ricorrente COGNOME nonché la mancanza di giustificazione, da parte del COGNOME, della disponibilità di siffatta somma di denaro contante.
v
Con riguardo alle allegazioni difensive, il Tribunale ha ritenuto del tutto insufficienti a giustificare la disponibilità del denaro contante i documenti prodotti
dalla difesa con riferimento alle attuali richiedenti, in quanto percettrici di modeste fonti di reddito e non in grado di dimostrare il recente prelievo dai rispettivi conti
correnti delle somme rinvenute in loro possesso, neppure per la parte eccedente rispetto al provento del furto commesso in danno del Ferrara. Si valorizzano anche
le singolari modalità di accurato occultamento del denaro sulle persone delle indagate, quale indice contrastante con la provenienza lecita dello stesso.
La motivazione di entrambi i provvedimenti impugnati risulta, invece, insufficiente sul vincolo di pertinenzialità del denaro eccedente rispetto al furto
commesso in danno della persona offesa, nonché sulle finalità probatorie del sequestro.
3. La assenza di motivazione sul vincolo di pertinenzialità – a fronte delle deduzioni difensive e sulle finalità probatorie del sequestro – limitatamente alla
somma di denaro eccedente – tanto nella ordinanza impugnata che nel provvedimento di sequestro, ne impone l’annullamento senza rinvio, con la conseguente necessità di disporre la restituzione della somma di denaro eccedente l’importo di euro 1.160,00, sequestrata alle aventi diritto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato limitatamente alla somma di denaro eccedente l’importo di euro 1.160,00.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.28 Reg. Esec. Cod. proc. pen., nonché ai sensi dell’art. 626 c.p.p.
Così deciso in Roma il 12/12/2024.