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Sequestro probatorio: motivazione e oneri del PM

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’annullamento di un sequestro probatorio. La Corte ha confermato che il decreto di sequestro era nullo perché privo di una specifica motivazione sugli elementi del reato ipotizzato, rendendo impossibile valutare la necessità della misura ai fini della prova.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio: la Cassazione ribadisce l’obbligo di motivazione specifica

Con la sentenza n. 8331 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui requisiti di validità del sequestro probatorio, uno strumento investigativo cruciale nel procedimento penale. La decisione sottolinea un principio fondamentale: la necessità di una motivazione concreta e non apparente, che non può limitarsi alla mera indicazione della norma di legge violata. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso: un sequestro annullato in sede di riesame

La vicenda trae origine da un decreto di sequestro emesso dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Trani. A seguito dell’istanza presentata dall’indagato, il Tribunale del riesame annullava il provvedimento, disponendo l’immediata restituzione dei beni all’avente diritto. La ragione dell’annullamento risiedeva in un vizio di motivazione del decreto originario: il PM, secondo il Tribunale, non aveva fornito una descrizione adeguata degli elementi costitutivi del reato ipotizzato, limitandosi a richiamare la rubrica della norma incriminatrice. Questo deficit motivazionale impediva di comprendere l’astratta configurabilità del reato e, di conseguenza, la legittimità del vincolo reale apposto sui beni.

Il ricorso del PM e i motivi di impugnazione

Contro la decisione del Tribunale del riesame, il Pubblico Ministero proponeva ricorso per cassazione. La Procura lamentava una violazione degli articoli 247 e 253 del codice di procedura penale, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente sovrapposto i requisiti della motivazione del sequestro con quelli, più stringenti, di un’imputazione formale. Secondo il ricorrente, per un sequestro probatorio sarebbe sufficiente richiamare le esigenze probatorie e la sussumibilità del fatto in una fattispecie incriminatrice, anche per relationem, senza necessità di una dettagliata descrizione del fatto.

La decisione della Corte sul sequestro probatorio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale del riesame. La Suprema Corte ha giudicato il ricorso generico e aspecifico, in quanto non si confrontava realmente con le argomentazioni del provvedimento impugnato, ma si limitava a enunciare principi di diritto in via astratta.

Le motivazioni: la genericità del ricorso e l’obbligo di motivazione

Nel cuore della decisione, la Corte ribadisce un principio consolidato: l’obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio non è un mero adempimento formale. Esso deve essere modulato in base al fatto ipotizzato, al tipo di illecito, alla natura del bene e alla relazione che questo presenta con il reato. Il PM deve spiegare concretamente perché un bene possa considerarsi corpo del reato o cosa a esso pertinente e quale sia la finalità probatoria che si intende perseguire con l’apposizione del vincolo.

Il Tribunale del riesame aveva correttamente rilevato la carenza di ‘precisi elementi in forza dei quali dedurre l’astratta configurabilità del reato ipotizzato’. Il semplice richiamo alla rubrica del reato, senza alcuna descrizione, seppur sommaria, degli elementi costitutivi, non è sufficiente. La Corte, inoltre, ha specificato che il richiamo a un atto di Polizia Giudiziaria non basta se non si esplicitano gli elementi di fatto concreti che giustificano la misura.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza rafforza le garanzie difensive nel procedimento penale, ponendo un argine a provvedimenti di sequestro fondati su motivazioni apparenti o generiche. Per il Pubblico Ministero, emerge l’onere di articolare in modo chiaro e specifico le ragioni del sequestro, delineando i contorni fattuali della vicenda e il nesso logico tra i beni sequestrati e le esigenze di accertamento probatorio. Per la difesa, si conferma la possibilità di contestare efficacemente i sequestri immotivati, ottenendone l’annullamento in sede di riesame. La decisione, in definitiva, bilancia le esigenze investigative con il diritto di proprietà, esigendo che ogni limitazione di quest’ultimo sia supportata da una giustificazione concreta e verificabile dal giudice.

Quando un decreto di sequestro probatorio è nullo?
Un decreto di sequestro probatorio è nullo se manca di una motivazione che specifichi la ragione per cui i beni sono considerati corpo del reato o cose pertinenti ad esso, e la concreta finalità probatoria perseguita. Non è sufficiente una motivazione generica.

È sufficiente che il Pubblico Ministero indichi solo il titolo del reato nel decreto di sequestro?
No, non è sufficiente. La Corte ha chiarito che il richiamo esclusivo alla rubrica del reato, in assenza di qualsiasi descrizione degli elementi costitutivi della fattispecie, rende il provvedimento invalido per carenza di motivazione.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e aspecifico. Il PM si è limitato a enunciare principi di diritto astratti, omettendo un confronto effettivo con la motivazione del Tribunale del riesame e non evidenziando elementi concreti che avrebbero potuto giustificare il sequestro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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