Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18108 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18108 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a LIMONE PIEMONTE il 15/09/1963 RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, NOME COGNOME
avverso l’ordinanza del 27/11/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Cuneo udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha concluso riportandosi alla memoria e per l’annullamento con rinvio sul terzo motivo del ricorso;
udito l’Avvocato NOME COGNOME in difesa dei ricorrenti, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso sotto tutti i profiii dedotti.
RITENUTO IN FATTO
L Con ordinanza del 27/11/2024, il Tribunale di Cuneo ha respinto le istanze di riesame proposte nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME
contro
il decreto di sequestro emesso dal PM in data 05/11/2024, eseguito il 07/11/2024, ed avente ad oggetto documentazione commerciale cartacea oltre a dispositivi informatici;
ricorrono per cassazione la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME a mezzo dei rispettivi difensori con distinti ricorsi dall’identico contenuto deducendo:
2.1. violazione di legge in relazione all’art. 253 cod. proc. pen.: rilevano che il Tribunale, nel tentativo di salvare il sequestro adottato dal PM, ha supplito alle carenze di allegazione contestate dalla difesa finendo per confezionare ex novo la motivazione del provvedimento in punto di fumus commissi delicti; rilevano che la motivazione che deve sorreggere il sequestro probatorio deve riguardare la sussistenza del fumus commissi delicti, il nesso di pertinenzialità della res sequestrata rispetto al reato e, infine, la concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo; osservano che, con riguardo al primo profilo, il sequestro probatorio si è limitato ad un generico e apodittico richiamo agli elementi acquisiti ai quali – con particolare riguardo all’esposto dell’Ait ed alle si – il Tribunale ha direttamente attinto per sostenere la propria decisione; segnalano, quindi, l’illegittimità dell’opera di eterointegrazione del decreto che per un verso non è consentita e che, laddove faccia riferimento ad esiti di indagine, deve essere accompagnato dalla loro contestuale ostensione;
2.2 violazione di legge in relazione all’art. 253 cod. proc. pen.: rilevano che il Tribunale del riesame ha tentato di “salvare” il decreto di sequestro anche quanto alla carenza della motivazione sul profilo del nesso di pertinenzialità dei beni attinti rispetto alle ipotesi di reato prospettate ed alla specifica finalità probatori perseguita attraverso le cose attinte dal vincolo; osservano, in particolare, che i giudici dell’impugnazione cautelare hanno confuso il profilo del nesso pertinenziale con quello della finalità probatoria di cui ribadiscono l’autonomia concettuale; riportano un passo dell’ordinanza impugnata evidenziando il carattere circolare e tautologico della motivazione con cui il Tribunale ha ritenuto corretta l’indicazione, da parte del PM, dei beni utili per l’accertamento del reato senza alcuna precisazione in ordine alla concreta esigenza probatoria che giustificasse l’adozione del vincolo e che il Tribunale ha sostenuto essere ultronea affermando che il sequestro non è una misura cautelare reale ma un mezzo di ricerca della prova, così introducendo una distinzione che non ha alcuna cittadinanza nel sistema;
2.3 violazione di legge in relazione all’art. 253 cod. proc. pen.: richiamano, anche in tal caso, il contenuto della memoria depositata con l’istanza di riesame in cui, con particolare riferimento alla perquisizione “informatica”, erano stati ripercorsi i principi affermati dalla giurisprudenza in punto di proporzionalità,
adeguatezza e stretta necessità del provvedimento, originariamente riferiti alle misure personali ma, via via, estesi a quelle reali sino, con la sentenza COGNOME, al sequestro c.d. probatorio; evocano, quindi, la giurisprudenza secondo cui è preciso onere del PM motivare sulle specifiche ragioni per le quali sia necessario procedere all’adozione di un sequestro esteso ed omnicomprensivo in conseguenza della difficoltà di individuazione ex antea dell’oggetto da attingere, onde evitare il rischio che lo strumento di ricerca della prova assuma una valenza ed una funzione meramente esplorativi; rilevano che, nel caso di specie, il provvedimento del PM si era limitato a disporre la perquisizione di sistemi informatici e telematici omettendo completamente di illustrare le ragioni che giustificassero un sequestro così esteso e generalizzato; segnalano il carattere vago e congetturale delle considerazioni spese dal Tribunale per tentare di sanare la originaria carenza motivazionale del decreto del PM ma, in tal modo, stravolgendo la propria funzione di garanzia;
la Procura Generale, nonostante la rituale e tempestiva richiesta di trattazione del processo in presenza, ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’accoglimento del terzo motivo del ricorso con annullamento dell’ordinanza con rinvio sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono, complessivamente, infondati.
Con provvedimento del 05/11/2024 il PM presso il Tribunale di Cuneo aveva disposto la perquisizione personale dell’indagato nonché quella locale nei luoghi indicati nel decreto delegando, per l’esecuzione, personale di PG appartenente al Nucleo PEF della GdF e dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cuneo.
Le operazioni erano state eseguite il giorno 07/11/2024 e si erano concluse con la acquisizione di un’ingente quantità di documenti cartacei ma, anche, di dispositivi informatici di cui, mediante la nomina di un consulente, era stata disposta la estrazione di una copia forense.
Avverso il decreto di perquisizione e sequestro erano state proposte distinte istanze di riesame contestando, sotto vari ed articolati profili, l motivazione del provvedimento del PM ritenuta inidonea a giustificare l’adozione della misura.
Le censure articolate in sede di riesame sono state, di fatto, riproposte in questa sede dove si deduce, per un verso, la illegittimità dell’opera di “eterointegrazione” operata dal Tribunale nei confronti della motivazione del decreto; per altro verso, ed in ogni caso, la inidoneità o illegittimità degl argomenti utilizzati dai giudici del riesame.
3. Tanto premesso, è appena il caso di ribadire, con le SS.UU. “Botticelli”, che il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (cfr., per l’appunto, Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Rv. 273548 – 01).
L’obbligo di motivazione che, a pena di nullità, deve sorreggere il decreto di sequestro probatorio in ordine alla ragione per cui i beni possano considerarsi il corpo del reato ovvero cose a esso pertinenti e alla concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo deve essere modulato da parte del pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concre il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare, non essendo sufficiente il mero richiamo agli articoli di legge, senza, tuttavia, descrivere i fatti, né la ragione pe la quale i beni sequestrati dovessero considerarsi corpo di reato o cose ad esso pertinenti, né la finalità probatoria perseguita (cfr., così, Sez. 2, n. 46130 del 04/10/2023, COGNOME, Rv. 285348 – 01)
È pacifico, inoltre, che il tribunale non può integrare motivazioni assenti, essendo necessario che il provvedimento genetico di applicazione della misura o di convalida della stessa presenti una motivazione che, anche eventualmente attraverso la tecnica della redazione per relationem, dia conto degli elementi posti a fondamento del vincolo e di quelli a discarico rappresentati dalla difesa, al fine di consentire l’esercizio della funzione di controllo a cui il tribunale del riesame è deputato, nel rispetto dei parametri identificati dal combinato disposto degli artt. 324, comma 7, e 309, comma 9, cod. proc. pen. (cfr., Sez. 2, n. 7258 del 27/11/2019, dep. 24/02/2020, COGNOME, Rv. 278509 – 01; conf., Sez. 3, n. 2257 dei 18/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268800 – 01, nonché Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789 — 01; tra le non massimate, Sez. 3, n. 8664 del 17.1.2024, RAGIONE_SOCIALE; Sez. 2, n. 17062 del 7.4.2022, COGNOME).
Il Tribunale del riesame, chiamato a decidere su un sequestro probatorio, a fronte dell’omessa indicazione, nel decreto, delle relative esigenze probatorie che non siano state chiarite dal pubblico ministero nemmeno nel contradditorio
camerale, GLYPH non GLYPH può integrare e GLYPH porre GLYPH rimedio GLYPH a GLYPH tale GLYPH carenza di motivazione individuando, di propria iniziativa, le specifiche finalità de sequestro, trattandosi di prerogativa esclusiva del pubblico ministero in quanto titolare del potere di condurre le indagini preliminari e di assumere le determinazioni sull’esercizio dell’azione penale (cfr., in tal senso, tra le tante Sez. 2 , n. 49536 del 22/11/2019, Vallese, Rv. 277989 – 01, resa in una fattispecie in cui la Corte, evidenziata l’assenza di motivazione dell’originario decreto e l’avvenuta integrazione della motivazione da parte del tribunale del riesame, ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata); conf., Sez. 2 , n. 39187 del 17/09/2021, COGNOME, Rv. 282200 – 01).
E, tuttavia, vale la pena di ribadire che il sequestro con finalità probatorie rappresenta un mezzo di ricerca della prova, ovvero uno strumento idoneo ad accertare la fondatezza della notitia criminis attraverso l’acquisizione del corpo del reato e delle cose ad esso attinenti; fermo restando l’obbligo di motivazione del provvedimento, il vincolo cautelare può pertanto rendersi necessario anche al fine di stabilire gli esatti termini della condotta denunciata o ipotizzata, onde non solo verificare la configurabilità o meno di un reato, ma anche l’inquadramento di tale condotta in una o in un’altra fattispecie criminosa, il tutto in una fase del procedimento caratterizzata dalla fluidità dell’imputazione sia sotto il profilo fattuale che sotto il profilo giuridico (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 4306 17/10/1995, Rv. 203119; Sez. 6, n.14411 del 5/3/2009, Rv.243267; Sez. 3, n.24846 del 28/4/2016, Rv,267195; conf., tra le non massimate, Sez. 2, n. 16070 del 19.3.2024, Lin Xinxian; Sez. 2, n. 46652 del 25.10.2023, COGNOME; Sez. 2, n. 30006 del 24.6.2022, Masone).
Non è improprio allora richiamare la giurisprudenza che, prima ancora dell’intervento delle SS.UU. “COGNOME“, nel sottolineare la necessità della motivazione del provvedimento anche quando riguardi il “corpo del reato”, aveva nel contempo sottolineato che essa deve essere modulata in relazione ai caso concreto e deve, in particolare, essere rafforzata qualora il nesso tra il bene e il reato per cui si procede sia indiretto, potendo invece farsi ricorso ad una formula più sintetica nei casi, cui certamente appartiene quello di cui si discute, in cui la funzione probatoria del sequestro sia di immediata evidenza; le stesse Sezioni Unite “COGNOME“, d’altra parte, hanno a loro volta spiegato che non è possibile fissare in astratto “… quale sia il grado od il quantum del compendio argomentativo del provvedimento idoneo a far ritenere adempiuto un siffatto obbligo, né è possibile stabilire, sempre a priori, il grado di idoneità di una motivazione con formula sintetica (…) in luogo di altra più diffusa (…), dovendo comunque ricordarsi che, già per le sentenze, la cui componente motivazionale avrebbe in sé connotati di maggior diffusività da rapportare, se non altro, al diverso momento processuale,
è lo stesso legislatore ad avere stabilito come idonea ad integrare il requisito una concisa esposizione dei motivi” (cfr., dalla motivazione).
Tanto premesso, osserva il collegio che il Tribunale ha in primo luogo riepilogato la vicenda a partire dall’esposto presentato da tale NOME COGNOME COGNOME già dipendente della RAGIONE_SOCIALE, in cui era stata evidenziata una serie di anomalie di natura gestionale relativa all’azienda presso cui aveva prestato la propria attività lavorativa.
L’esposto aveva condotto ad eseguire i primi accertamenti con l’escussione di dipendenti ed ex dipendenti dell’azienda che, secondo il Tribunale, avevano consentito di riscontrare le affermazioni dell’COGNOME quanto alla fittizietà di alcune trasferte pur inserite nei prospetti paga, l’effettuazione di straordinari mai eseguiti e, inoltre, nel periodo COVID, la fruizione di periodi di Cassa Integrazione indennizzati nonostante dai fogli di presenza risultasse che i dipendenti avevano prestato regolarmente lavoro.
Sempre stando alle emergenze investigative riportate dal Tribunale, era stata inoltre riscontrata l’attività di vendita di prodotti scaduti mediante l apposizione di nuove etichette e nuove date di scadenza.
All’esito di questi primi accertamenti il PM aveva emesso un decreto di perquisizione e sequestro, eseguito il 07/11/2024, che aveva portato al rinvenimento ed alla acquisizione “… di copiosa documentazione commerciale cartacea, nonché di dispositivi informatici in ordine ai quali era nominato un consulente per procedere all’acquisizione di copia forense” (cfr., pag. 2 dell’ordinanza in verifica).
4.1 Ora, è vero che i giudici della cautela reale hanno operato un vaglio sul fumus rinviando al contenuto dei dati investigativi trasmessi dal PM con l’istanza di riesame: è pur vero che il riferimento agli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari era presente, sia pure in forma sintetica, nel provvedimento di perquisizione e sequestro (che aveva richiamato la CNR ed i relativi allegati, l’annotazione della GdF e quella dell’Ispettorato del Lavoro) che avevano permesso di enucleare le ipotesi di reato compendiate nel provvisorio ma articolato capo di imputazione.
In sede di riesame del sequestro probatorio, d’altra parte, il Tribunale è chiamato a verificare la sussistenza dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti acquisibili senza la sottrazione del
bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria (cfr., Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019, Pino, Rv. 278542 – 01; Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, COGNOME, Rv. 267007 – 01, in cui la Corte ha ribadito che in sede di riesame del sequestro probatorio il Tribunale è chiamato a verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi delicti in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione de bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria).
In definitiva, il provvedimento qui impugnato non è censurabile sotto il profilo della violazione di legge, unico vizio deducibile in questa sede, atteso che, a fronte dello specifico richiamo operato nel decreto di perquisizione e sequestro agli esiti investigativi poi trasmessi al Tribunale del riesame per la fase incidentale, i giudici del gravame cautelare, laddove hanno attinto al contenuto degli atti, non hanno in tal modo né “integrato” né tantomeno supplito ad una motivazione radicalmente ed originariamente inesistente quanto al profilo della sussistenza del fumus.
4.2 Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche quanto all’aspetto relativo alla esplicitazione delle effettive e concrete esigenze probatorie fondanti il provvedimento impugnato.
Secondo il Tribunale, infatti, le imputazioni provvisorie riportate nel corpo del decreto e la indicazione specifica di quanto sarebbe stato necessario ricercare ed apprendere, consentiva di rendere di immediata evidenza il nesso di pertinenzialità e strumentalità probatoria con riferimento ” a documentazione/registri inerenti alle giornate ed agli orari di attività lavorativa, alle assenze dal lavoro, ai corsi di formazione effettuati in favore di dipendenti assunti con contratto di apprendistato, alla documentazione ed ai registri relativi alle trasferte (prenotazioni alberghiere, rimborsi di carburante, pagamenti di pedaggi, pernottamenti, scontrini e ricevute fiscali), documenti/registri inerenti alle scadenze dei prodotti in vendita, tasselli con date di scadenza, istruzioni impartite in ordine all’eventuale applicazione di date di scadenza diverse …” (cfr., pag. 4).
Si è già ricordato come la stesse SS.UU. “COGNOME” avevano sottolineato che la motivazione del provvedimento impositivo del vincolo reale deve essere modulata in relazione al caso concreto dovendo, in particolare, essere rafforzata
ogni qual volta il nesso tra il bene e il reato per cui si procede sia indiretto, potendo invece farsi ricorso ad una formula più sintetica nei casi in cui la funzione probatoria del sequestro sia, come nella specie, di maggiore se non di immediata evidenza.
Anche sotto questo profilo, dunque, il provvedimento qui impugnato non è censurabile atteso che il Tribunale si è limitato ad prendere atto e, semmai a meglio esplicitare, quanto già risultante dal provvedimento del PM in merito al necessario collegamento tra le res da acquisire e le esigenze investigative legate alla verifica delle ipotesi di reato configurabili nelle vicende descritte nei cap provvisori di incolpazione: il PM, infatti (cfr., pag. 2 del decreto) aveva segnalato la necessità di verificare l’effettività delle trasferte (capo 1), delle assenze dovute al COVID (capo 2), ai contratti di apprendistato (capo 3) nonché, infine, della rietichettatura dei prodotti (capo 4), per cui si rendeva necessario acquisire la relativa documentazione, analiticamente indicata ai punti A., B., C., D., E., F., del decreto da mettere, inoltre, in relazione con il contenuto delle contestazioni provvisorie analiticamente delineate.
4.3 Quanto al terzo motivo dei due ricorsi, il collegio condivide l’orientamento secondo cui, in tema di sequestro probatorio di dati contenuti in dispositivi informatici o telematici, il decreto del pubblico ministero, al fine consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e omnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione de materiale informatico archiviato nel dispositivo, la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell’imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei GLYPH dati GLYPH non GLYPH rilevanti GLYPH (cfr., GLYPH per GLYPH tutte, Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, Corsico, Rv. 286358 – 03; conf., Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279949 – 02, in cui la Corte ha ribadito che l’acquisizione indiscriminata di un’intera categorie di beni, nell’ambito della quale procedere successivamente alla selezione delle singole “res” strumentali all’accertamento del reato, è consentita a condizione che il sequestro non assuma una valenza meramente esplorativa e che il pubblico ministero adotti una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo, in ragione del tipo di reato per cui si procede, della condotta e del ruolo attribuiti alla persona titolare dei beni, e della difficoltà individuare “ex ante” l’oggetto del sequestro); è pertanto illegittimo, per violazione
del principio di proporzionalità ed adeguatezza, il sequestro a fini probatori di un dispositivo elettronico che conduca, in difetto di specifiche ragioni, alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali criteri di selezione (cfr., Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep. 2021, Rv. 280838 – 01).
Nel caso di specie, il Tribunale ha fatto presente la difficoltà di ” individuare ex ante l’oggetto del sequestro … e dunque di riuscire ad estrapolare e a riprodurre i soli dati di interesse” (cfr., pag. 5 dell’ordinanza); ciò non di meno ad escludere la natura meramente “esplorativa” del sequestro il PM, al punto 3. del dispositivo, aveva stabilito che nelle operazioni aventi ad oggetto sistemi informatici e telematici fossero adottate misure tecniche dirette “… ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione” onde procedere alla “… ricerca e conseguente apprensione di immagini e/o documenti indicati alle lettere che precedono” (ovvero, come si è visto, alle lettere A., B., C., D., E., F., dove erano state puntualmente e minuziosamente indicate le informazioni da ricercare).
In tal modo, pertanto, si era dato conto, in via preventiva, del tipo di dati investigativi da ricercare mentre i criteri di selezione e la stessa perimetrazione temporale della ricerca erano indirettamente ma univocamente desumibili dai capi provvisori di incolpazione con la descrizione delle condotte illecite ipotizzate e della loro collocazione nel tempo.
Altro problema, non posto con il riesame, è quello del trattenimento di una copia forense dell’intera memoria esplorata e, ancora diverso, quello del tempo entro il quale avrebbero dovuto essere portate a termine le operazioni di estrazione delle informazioni e dei dati di interesse – secondo la “chiave” di selezione indicata nel provvedimento impugnato.
Pacifico, nella ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, che l’estrazione di copia integrale dei dati contenuti in dispositivi informatici telematici realizza solo una copia-mezzo, che consente la restituzione del dispositivo, ma non legittima il trattenimento della totalità delle informazioni apprese oltre il tempo necessario a selezionare quelle pertinenti al reato per cui si procede (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279949 – 01), si è anche chiarito che il pubblico ministero è tenuto a predisporre un’adeguata organizzazione per compiere tale selezione nel tempo più breve possibile, soprattutto nel caso in cui i dati siano sequestrati a persone estranee al reato, e provvedere, all’esito, alla restituzione della copia-integrale agli aventi diritto.
Si è inoltre precisato che la finalizzazione dell’ablazione del supporto alla sua successiva analisi, strumentale all’identificazione e all’estrazione dei dati
rilevanti per le indagini, implica che la protrazione del vincolo, nel rispetto de principi di proporzionalità e di adeguatezza, debba essere limitata al tempo
necessario all’espletamento delle operazioni tecniche, dovendosi, tuttavia, valutare la sua ragionevole durata in rapporto alle difficoltà tecniche di
apprensione dei dati, da ritenersi accresciute nel caso di mancata collaborazione dell’indagato che non fornisca le chiavi di accesso alle banche dati contenute nei
supporti sequestrati (Sez. 2, n. 17604 del 23/03/2023, Casale, Rv.
284393 – 01;
Sez. 3, n. 36776 del 04/07/2024, COGNOME, Rv. 286923 – 01).
5. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti ai pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 04/03/2025.