Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7711 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7711  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udito il difensore: l’AVV_NOTAIO, del foro di REGGIO CALABRIA, in difesa di NOME COGNOME, conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, reso il 18 agosto 2023, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE – decidendo sulla richiesta di riesame proposta dal difensore di COGNOME avverso il decreto emesso il 27 luglio 2023 dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale e notificato il 31 luglio 2023, con cui era stato disposto il sequestro probatorio dell’area, corrispondente alla parte delle scuderie, dell’ex ippodromo La Mulina di RAGIONE_SOCIALE, di proprietà pubblica, interessata dall’incendio cagionato il 22 luglio 2023, con nomina del medesimo COGNOME a custode della consistenza e con la prescrizione d rispettare i termini della concessione dell’immobile e gli specifici obblighi assunti con essa, in ordine alla gestione, conservazione, custodia e sorveglianza, nonché di prevenzione degli incendi e di fatti e atti vandalici – ha respinto la richiesta.
Il Tribunale, dopo aver premesso che a seguito del decreto di sequestro suindicato erano stati appresi gli immobili posti all’interno dell’area dell’ex ippodromo La Mulina interessati da incendio e indicati ai nn. 4, 6, 7, 8 della planimetria allegata al relativo verbale (mentre quello indicato al n. 5 non era risultato accessibile in condizioni di sicurezza, oltre che caratterizzato dalla presenza di occupanti abusivi al suo interno), ha puntualizzato che il procedimento penale riguarda i reati di abbandono di rifiuti, incendio colposo e occupazione abusiva, fatti contestati come determinati dall’omessa vigilanza e dalla violazione degli obblighi imposti a COGNOME dalla concessione da lui stipulata con il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE il 27.03.2015, e che il sequestro si era reso necessario per appurare le condizioni di abbandono totale dei beni da parte del concessionario, dato che il sito era divenuto una discarica abusiva sino a che si era avuto l’incendio delle scuderie.
Le deduzioni svolte dalla difesa si pongono in contrasto, secondo il Tribunale, con l’esigenza di salvaguardare il compendio, indipendentemente dall’accertamento dell’individuazione del soggetto a cui erano da attribuirsi i reati o il reato oggetto di procedimento, in quanto l’incertezza esistente sul punto non era idonea a togliere legittimità al sequestro probatorio che, come mezzo di ricerca della prova o apposizione del vincolo al corpo del reato, prescindeva dalla necessità della coincidenza fra il titolare degli obblighi assunti come violati e l’autore del reato.
 Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento sulla scorta di tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia l’assenza del fumus commissí delicti e la contraddittorietà della motivazione.
Secondo la difesa, il fumus avrebbe dovuto ritenersi mancante in senso assoluto, come aveva ritenuto il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale nel successivo decreto di sequestro preventivo, con riferimento a cinque dei sei reati inseriti nell’imputazione provvisoria; del resto, il decreto di sequestro in valutazione non conteneva espressioni idonee a qualificarne la natura.
Per il resto, non era stata esaminata la corposa documentazione volta a dimostrare l’evenienza del caso fortuito, laddove la mera lettura del rapporto dei RAGIONE_SOCIALE dimostrava che non erano emersi elementi utili a comprendere la causa dell’incendio, essendosi essi limitati a non escludere la causa dolosa o colposa ad opera di ignoti, senza indicare sospetti al riguardo.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta l’assenza di motivazione alla base del decreto di sequestro probatorio, con violazione dell’art. 253 cod. proc. pen.
Il ricorrente osserva che nel provvedimento genetico mancava qualsiasi riferimento alle ragioni per le quali la cosa sequestrata fosse da ritenersi corpo di reato o cosa pertinente al reato e alla concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo reale.
Ad avviso della difesa, il riferimento alle fiamme che avevano interessato alcuni arbusti davanti a uno degli ingressi, riscontrabile nei verbali dei RAGIONE_SOCIALE, evento peraltro avvenuto nel mese di luglio, non basta a lumeggiare l’evenienza dell’incendio e a escludere il caso fortuito, senza che di tutto ciò il decreto di sequestro avesse tenuto conto, così omettendo di assolvere l’onere di motivazione sussistente anche per l’adozione del provvedimento in esame.
2.3. Con il terzo motivo si prospetta la violazione dell’art. 262 cod. proc. pen.
Si evidenzia che ogni accertamento – compresi l’ispezione e l’effettuazione di filmati e fotografie inerenti allo stato dei luoghi – era stato realizzat nell’immediatezza RAGIONE_SOCIALE, mentre ogni ulteriore atto di utilità per il compimento dell’indagine avrebbe potuto essere compiuto nei giorni ancora successivi: invece, l’innesto e il mantenimento del sequestro su un’area così vasta rendevano più pericolosi i luoghi, assoggettati a continue violazioni dei sigilli, mentre era in corso la vertenza amministrativa fra il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE richiamate in premessa, vertenza in relazione alla quale era maturata la volontà di stipulare una transazione per porre fine alle questioni pendenti, obiettivo ancora non raggiunto proprio per l’insorgere di questo procedimento, laddove, da un lato, la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avevano fatto tutto il possibile per proteggere il sito, ma, dall’altro, l’area in questione non era risultata interamente recintabile per il vincolo idrogeologico determinato dall’insistenza del torrente Mugnone e per l’afflusso in essa di decine di soggetti
clandestini, che si recavano a dormire nei locali già adibiti a scuderie, sfondando le protezioni allestite anche alla polizia giudiziaria.
Il Procuratore generale ha depositato memoria, in vista della requisitoria, e, con essa, ha preannunciato la richiesta di declaratoria di inammissibilità del ricorso, sulla scorta del rilievo che si vede in tema di sequestro probatorio e rileva, per questa fase, valutare la mera astratta configurabilità del reato, sicché l’ordinanza impugnata è rimasta all’interno del perimetro delineato evidenziando il fumus dei reati ipotizzati (per la presente fase non essendo determinante il diverso approdo raggiunto dal Giudice per le indagini preliminari in relazione al sequestro preventivo); e le deduzioni della difesa, circa il contenzioso amministrativo persistente tra il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE, la quale sosteneva di non essere stata ancora immessa nel pieno possesso del bene, valgono, per l’Autorità requirente, a corroborare la sussistenza di tale fumus ai fini dell’applicazione dell’art. 253 cod. proc. pen.
Tale posizione è stata poi ribadita l’Autorità requirente nel corso della discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene che il ricorso sia da accogliere nei sensi che seguono, primariamente in relazione alla doglianza svolta con il secondo motivo, volta a dedurre l’inosservanza dell’art. 253 cod. proc. pen.
Giova precisare, integrando quanto si è esposto nella parte narrativa, che il Tribunale ha osservato che COGNOME, avversando il decreto di sequestro probatorio, aveva anche addotto che esisteva una precedente concessione provvisoria in favore della società RAGIONE_SOCIALE, concessione risalente al 16.06.2014, senza che però tale società avesse potuto conseguire il pieno possesso della struttura e avviare l’opera di riqualificazione, anche in dipendenza dell’occupazione abusiva da parte di due persone, che egli stesso era stato già sottoposto a procedimento penale in ordine alla sussistenza di rifiuti nell’immobile, uscendone assolto con sentenza del 17.01.2017, e, comunque, aveva provveduto a sua spese allo smaltimento dei rifiuti, che nel 2018 il Sindaco di RAGIONE_SOCIALE aveva disposto la sospensione della concessione con ordinanza però annullata dal TAR, a cui era seguito il susseguente ricorso al Consiglio di RAGIONE_SOCIALE, ancora pendente, che era stata segnalata la violazione da parte del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE degli obblighi sul medesimo incombente quale concedente, che la società RAGIONE_SOCIALE aveva intanto proposto una transazione
provvedendo a installare serrature e allarmi nel sito, mentre egli aveva sporto, a sua volta, una nuova denuncia per occupazione abusiva di numerosi ambienti, situazione confermata dal sopralluogo del gennaio 2023, comprovante l’assenza di responsabilità dell’istante, assenza di responsabilità posta alla base della richiesta di annullamento del decreto di sequestro.
In questo quadro, i giudici del riesame hanno ritenuto che la prospettazione del ricorrente, volta a contestare il fumus del reato a lui attribuito, non potesse ritenersi fondata, stante il già precisato concetto per cui l’incertezza sul tema non era idonea a delegittimare il sequestro probatorio, potendo le cose sequestrate appartenere a terzi.
Si è fatto notare il dato pacifico per cui COGNOME aveva ammesso di essere materialmente in possesso dell’immobile, senza rinunciare alla concessione, pur deducendo di avere svolto gli interventi di sgombero dei rifiuti e di messa in sicurezza del sito e di sopportare l’onere della custodia e della prevenzione di ogni forma di danneggiamento, anche in relazione all’operatività del principio di cui all’art. 2053 cod. civ.
Tale situazione è stata considerata sufficiente a far ritenere correttamente emesso il decreto di sequestro.
È ora necessario evidenziare che il sequestro probatorio costituisce il terminale provvedinnentale di un subprocedimento in relazione a cui è prevista l’impugnazione innanzi al tribunale per il riesame che% decide con ordinanza a sua volta impugnabile con ricorso per cassazione per sola violazione di legge, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen.
Si suole affermare, in modo qui condiviso, che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendo ricomprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01).
Quanto all’identificazione del presupposto per l’adozione del sequestro probatorio, ai fini della legittimità di tale misura, non è necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, essendo sufficiente la semplice possibilità, ma che sia non astratta e avulsa dalle caratteristiche del caso concreto, della configurabilità di un rapporto dì queste con il reato (Sez. 2, n. 51200 del 29/10/2019, Shtylla, Rv. 278229 – 01).
In questo alveo, il punto determinante concerne la specificazione dell’onere di motivazione che incombe all’autorità emittente il provvedimento di sequestro o di convalida del sequestro probatorio con riferimento a tale presupposto: si esige, infatti, che anche nel disporre o convalidare il sequestro probatorio l’autorità giudiziaria debba estrinsecare il minimum indispensabile argomentazione giustificativa.
È stato specificamente affermato dalle Sezioni Unite che il decreto di sequestro probatorio, al pari del decreto di convalida, ove pure abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto in modo specifico della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548 – 01).
Ferma tale base logico-giuridica, è da condividere anche la specificazione secondo cui l’onere motivazionale del pubblico ministero che disponga un decreto di sequestro probatorio o che convalidi il sequestro effettuato dalla polizia giudiziaria può essere assolto anche con l’impiego di un modulo prestampato, sempre che l’apparato giustificativo emergente dal relativo atto risulti, in concreto, idoneo a esprimere le ragioni essenziali e le finalità dell’apposizione del vincolo reale, in ossequio al disposto dell’art. 253 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 7160 del 07/11/2018, dep. 2019, Dalton, Rv. 275007 – 01). In questa direzione si è aggiunto che, per la legittimità dei provvedimenti in materia di sequestro probatorio, può essere sufficiente l’affermazione che l’oggetto del vincolo riguarda cose pertinenti al reato, anche in difetto della completa formulazione di un capo di imputazione, imputazione che, tenuto conto della fase in cui interviene la convalida, ben può fare riferimento esclusivamente al titolo del reato per cui si procede e agli atti redatti dalla polizia giudiziaria (Sez. 2, n. 27859 del 30/04/2019, Chianese, Rv. 276727 – 01).
Nel caso di specie, il Tribunale si è riferito al fumus con indifferenziato riguardo ai vari reati, ma non sembra aver dedicato attenzione al profilo della sufficienza – o meno – della motivazione del decreto genetico per quanto concerne la specifica finalità perseguita in ordine all’accertamento dei fatti con il sequestro di natura probatoria del compendio immobiliare avvinto dalla misura.
L’esame del decreto genetico fa emergere in esso alcuni, molto generali, richiami, in particolare alle informative dei RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, con la totale carenza, però, di ogni, pur basica, esplicitazione specificativa della concreta finalità probatoria annessa alla cautela.
Né il Tribunale ha esposto l’esito dell’eventuale esame degli atti del procedimento coordinato con l’esigenza di stabilire, se instaurando la relatio delle indicazioni contenute nel decreto con gli atti in esso citati, potesse dirsi assolto
dal Pubblico ministero l’onere di motivazione su di lui incombente nei sensi in precedenza esposti.
L’assenza di motivazione su tale decisivo snodo refluisce, secondo l’esposta prospettiva ermeneutica, nella violazione dell’art. 253 cod. proc. pen.
Questo determinante rilievo impone l’accoglimento del secondo motivo di impugnazione, assorbite le questioni dedotte con le altre doglianze.
L’ordinanza impugnata deve essere, quindi, annullata con rinvio al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE affinché effettui la nuova disamina del suindicato punto e fornisca nell’ambito del discorso giustificativo necessario per il riesame dei requisiti del decreto di sequestro probatorio – una motivazione adeguata in merito alla verifica compiuta, con riferimento al provvedimento genetico, della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti, come richiesta dal principio di diritto enunciato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p.
Così deciso il 6 dicembre 2023
Il Consi ‘ere es ensore
Il Presidente