Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13335 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13335 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME nato a Firenze il 20.11.1972; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 20/09/2024 del tribunale di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME ch chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore dell’imputato avv. COGNOME Paolo che ha insis per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Firenze ad nell’interesse di COGNOME NOME avverso il decreto di sequestro probatorio Procuratore della Repubblica del tribunale di Firenze del 7.7.2024 relativo ad u “lettera di raccomandazione” di San Carlo Borromeo rinvenuta nella disponibilità del COGNOME, confermava il decreto.
Avverso la predetta ordinanza COGNOME Filippo ha proposto ricorso per cassazione con il proprio difensore.
Si contesta con il primo motivo il vizio di violazione di legge definendosi abnorme il decreto, oltre a contestarsi il vizio di omessa motivazione sulla dedotta natura di atto abnorme del provvedimento di sequestro. Si rappresenta la mancata risposta a censure difensive. In particolare, l’ordinanza non avrebbe considerato i dedotti vizi sul sequestro disposto dal P.M. con decreto del 7.7.2024, con cui lo stesso aveva disposto un nuovo sequestro relativo ad una medesima missiva di “raccomandazione” già oggetto di altro sequestro del 2.5.2024, sovrapponendosi alla decisione riservata alla Corte di Cassazione su ricorso proposto dal COGNOME NOME contro la ordinanza di rigetto della istanza di riesame avverso quest’ultimo sequestro. Si rileva poi, sul piano processuale, che il decreto di sequestro del 7.7.24 dopo avere disposto il vincolo probatorio sulla missiva “di raccomandazione” avrebbe con incoerenza disposto la restituzione all’archivio storico diocesano della Diocesi di “Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino” che mai avrebbe avuto il possesso di tale missiva. L’ordinanza impugnata sarebbe in insanabile conflitto con il sopra citato ricorso per cassazione che, se respinto, condurrebbe alla conferma del sequestro del documento suddetto così da risultare incompatibile con la disposta restituzione di cui al decreto di sequestro del 7.7.2024, mentre in caso di accoglimento porterebbe alla restituzione della missiva al COGNOME, in conflitto sempre con la ordinanza impugnata confermativa della restituzione disposta dal P.M. Da qui la abnormità della ordinanza impugnata.
4.Con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 822, 823 e 831 c.c., e il vizio di motivazione sulla dedotta nullità del sequestro. Si contesta la tesi per cui la missiva integrerebbe un bene archivistico inalienabile, atteso che l’art. 822 c.c. assegna tale qualità ad altre categorie di beni, facendo riferimento solo a documenti raccolti in luoghi come le biblioteche musei pinacoteche archivi..
Si rappresenta poi il carattere privato della missiva e la mancanza di motivazione circa la sua provenienza dalle predette raccolte o dal patrimonio ecclesiastico, con esclusione della inalienabilità e della natura di corpo del reato o cosa ad esso pertinente. Né vi sarebbero presupposti per la ricettazione anche ove esistesse, ma lo si esclude, la notifica della dichiarazione dell’interesse particolarmente importante per la missiva in parola. Su tali rilievi mancherebbe la motivazione.
COGNOME Con il terzo motivo deduce l’omessa motivazione sulla eccepita nullità del decreto di sequestro per mancanza di motivazione. Si sostiene che il riesame era fondato sulla assenza dei requisiti previsti per il legittimo esercizio
del potere di sequestro e che la motivazione sarebbe stato un mero simulacro rispetto a tali profili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Si premette per opportuna conoscenza che in ordine alla complessiva vicenda sono ad oggi intervenute due distinte sentenze della Corte d Cassazione. La prima della terza sezione penale, del 14.11.2024 n. 44354 rei COGNOME, dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso, la seconda pure della t sezione penale rei. COGNOME, del 3.12.2024 n. 2388 – 2025 W ricorso in ordine al primo motivo è inammissibile, nella misura in cui si costruisce l’abnormi della ordinanza impugnata, innanzitutto su dati di fatto: quali tal comunicazioni dei Carabinieri, come tali non esaminabili in questa sede, citate fine di dimostrare il ritenuto reale oggetto di un sequestro della medesi missiva già interessato da ordinanza di riesame e da ricorso per Cassazione ch si assume pendente, e di affermarne la coincidenza con l’oggetto del sequestr di cui al presente procedimento, e la asserita incompatibilità della ordinanza impugnata rispetto ai possibili esiti del ricorso per cassazione.
Riguardo al secondo motivo, per cui vi sarebbe la violazione degli artt 822, 823 e 831 c.c., e il vizio di motivazione sulla dedotta nullità del seques motivo appare manifestamente infondato laddove si oppone una asserzione meramente di merito, come tale qui non esaminabile, peraltro indimostrata, quale il carattere meramente privato della lettera, rispetto alla tesi del trib per cui la missiva qui in questione, come anche quella già sequestrata con alt provvedimento interessato dal citato ricorso per cassazione che dovrebbe essere ancora pendente, piuttosto apparteneva all’archivio ecclesiastico della Diocesi Assisi Nocera Umbra e Gualdo Tadino così da essere sottoposta ex art. 831 c.c. al regime dei documenti contenuti negli archivi di Stato come tali inalienabil incompatibili con diritti di terzi ex art. 823 c.c.
Circa la tesi della insussistenza della ipotizzata ricettazione ex art. quater c.p., la notazione va letta assieme al terzo motivo con cui si sost l’omessa motivazione sulla eccepita nullità del decreto di sequestro p mancanza di motivazione a fronte della eccepita assenza dei requisiti previsti p il legittimo esercizio del potere di sequestro, rispetto alla quale la motiva sarebbe stato un mero simulacro in ordine a tali profili. Si tratta di mo fondato, a fronte di una motivazione con la quale si sostiene che ai fini
sequestro probatorio non sarebbe necessaria la completa formulazione di un capo di imputazione potendosi fare solo riferimento al titolo di reato per cui si procede ed agli atti di polizia giudiziaria con l’aggiunta che, nel caso di specie, sarebbe sufficiente l’indicazione altresì delle cose da cercare, la dichiarata indispensabilità della acquisizione e l’epoca di accertamento del reato. Si tratta invero di una motivazione che appare estranea agli attuali parametri di legalità del sequestro probatorio, atteso che l’obbligo di motivazione che, a pena di nullità, deve sorreggere il decreto di sequestro probatorio in ordine alla ragione per cui i beni possano considerarsi il corpo del reato ovvero cose a esso pertinenti e alla concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo, deve essere modulato da parte del pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare, non essendo sufficiente il mero richiamo agli articoli di legge, senza, tuttavia, descrivere i fatti, né la ragione per la quale i beni sequestrati dovessero considerarsi corpo di reato o cose ad esso pertinenti, né la finalità probatoria perseguita (in applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio il decreto di sequestro probatorio relativo a beni ritenuti cose pertinenti ai reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen., in cui il giudice si e limitato a citare le norme di legge, senza fornire una descrizione fattuale, seppur sommaria, delle fattispecie per cui si procedeva). (Sez. 2, n. 46130 del 04/10/2023, Santandrea, Rv. 285348 – 01). Per giunta non è dato comprendere l’asserito rapporto tra finalità probatoria e la restituzione, se davvero disposta o meno in via definitiva rispetto al vincolo probatorio, del bene appreso.
4.Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che l’ordinanza debba essere annullata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Firenze.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di competente ai sensi dell’art. 324 co. 5 cod. proc. pen.. Così deciso, il 20.3.2025 Firenze