Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6564 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6564 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale della Spezia nel procedimento a carico di NOME, nata a La Spezia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/5/2023 del Tribunale del riesame della Spezia; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procurat generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni del difensore dell’indagata, AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19/5/2023, il Tribunale del riesame della Spezi dichiarava inefficace il decreto di sequestro probatorio emesso dalla locale Proc della Repubblica il 28/4/2023, nel procedimento a carico di NOME COGNOME, pe omessa trasmissione degli atti ai sensi dell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen
Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale della Spezia, deducendo – con unico motivo – l’inosservanza degli artt. 568, comma 4, 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. Premesso che la documentazione inviata dal Pubblico Ministero all’Ufficio avrebbe consentito di comprendere appieno il fumus del reato contestato, si lamenta che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse a proporre l’istanza, dal momento che la documentazione sequestrata il 3/5/2023 sarebbe stata interamente restituita all’indagata, previa estrazione di copia. La giurisprudenza di legittimità, al riguardo, sarebbe univoca, anche a Sezioni Unite, ed un differente indirizzo sarebbe sorto soltanto quanto al peculiare caso di sequestro di dati informatici, evidentemente non assimilabile a quello in esame, nel quale sarebbero stati sequestrati soltanto documenti cartacei o, in parte, su chiavetta USB.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
L’ordinanza impugnata ha innanzitutto rilevato che il Pubblico Ministero, dando atto dell’avvenuta restituzione all’indagata della documentazione sequestrata, aveva trasmesso al Tribunale – ai sensi dell’art. 324, comma 3, cod. proc. pen. – determinati atti di indagine: a) il decreto di perquisizione e sequestro con il relativo verbale; b) l’annotazione di servizio della Guardia di Finanza del 27/4/2023; c) un decreto di perquisizione e sequestro, con relativo verbale, emesso nei confronti della stessa indagata COGNOME nell’ambito di un diverso procedimento. Di seguito, l’ordinanza ha quindi affermato che il primo decreto di perquisizione faceva riferimento, in realtà, “ad un’ampia attività di indagine” oggetto di atti non inviati al Collegio – nei termini de “i servizi di osservazione relativi ai conferimenti illeciti, i registri di carico e scarico dei rifiut documentazione bancaria”.
4.1. E’ stata riscontrata, dunque, la mancata trasmissione degli atti da parte del Pubblico Ministero, con conseguente perdita di efficacia della misura ai sensi degli artt. 327 comma 7 e 309, comma 10 cod. proc. pen. (per errore materiale indicato quale comma 9).
Tanto premesso, il Procuratore ricorrente lamenta la “non condivisibilità” della decisione, evidenziando, in primo luogo, che la documentazione allegata e quanto richiamato nel decreto “ben permettevano di comprendere quali fossero i fatti di reato ipotizzati, quindi il cd. fumus, e la configurabilità di un rapporto di pertinenzialità tra tale reato e la documentazione appresa”. Ebbene, questa censura risulta inammissibile, sia perché proposta in termini di puro merito,’non
consentiti in sede di legittimità, sia perché connotata da un carattere del tutto generico, privo di un qualunque riferimento al contenuto dei “documenti” e dei “fatti” richiamati ed al rilievo di questi nell’ottica della cautela adottata.
Risulta manifestamente infondata, poi, anche la censura successiva, con la quale si afferma che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso per carenza di interesse, dato che quanto sequestrato era stato già restituito all’indagata. A questo riguardo, la giurisprudenza più recente (successiva a Sez. U n. 18253 del 24/4/2008, Tchmil, richiamata nel ricorso) ha chiarito che, in tema di sequestro probatorio, l’interesse dell’imputato a proporre richiesta di riesame prescinde dall’interesse alla restituzione della cosa, in quanto lo stesso ha diritto a chiedere la rimozione del provvedimento anche al solo fine di evitare che l’oggetto in sequestro entri a far parte del materiale probatorio utilizzabile (tra le altre, Sez. 5, n. 34167 del 13/5/2019, COGNOME, Rv. 277314; Sez. 5, n. 8207 del 22/11/2017, Xu, Rv. 272273. Tra le non massimate, Sez. 3, n. 38113 dell’8/7/2022, COGNOME; Sez. 3, n. 37729 del 13/7/2022, COGNOME; Sez. 2, n. 18877 del 29/4/2021, COGNOME). Tale interesse, peraltro, può risultare ancora più evidente nel caso in cui – come nella vicenda in esame – la restituzione della res sia comunque preceduta dall’estrazione di copia, così che il bene medesimo non “scompare” dagli atti di indagine, ma vi resta in termini fedelmente riproduttivi dell’originale. La concreta valutazione di questo interesse, inoltre, costituisce ancora un accertamento di merito, legato al fatto contestato e al rapporto con il bene sequestrato (e poi restituito), rimesso al Giudice della cognizione e non ulteriormente suscettibile di verifica in sede di legittimità.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2023
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Il Presidente