Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7351 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 7351  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
 COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA
 NOME nata a Palermo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/06/2023 del Tribunale di Asti visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria difensiva; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni depositate in data 7 dicembre 2023 con le quali il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha insistito nell’accoglimento dei
motivi di ricorso ed ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME, a mezzo del loro difensore, propongono ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 28 giugno 2023 con la quale il Tribunale di Asti, ha rigettato il riesame avverso il decreto di perquisizione e sequestro probatorio emesso dalla Procura della Repubblica di Asti in data 15 maggio 2023 avente ad oggetto telefoni cellulari, somme di denaro e carte di pagamento, beni ritenuti pertinenti al reato di truffa.
I ricorrenti, con l’unico motivo di impugnazione, lamentano violazione degli artt. 247 e 253 cod. proc. pen. nonché mancanza, contraddittorietà e illogicità
della motivazione in ordine al rapporto di pertinenzialità tra beni sequestrati e fattispecie criminosa contestata.
2.1 Il Tribunale avrebbe ignorato l’univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’omessa convalida da parte del pubblico ministero del sequestro eseguito di iniziativa della polizia giudiziaria determina l’inefficacia del sequestro e l’obbligo di provvedere alla restituzione delle cose sequestrate.
2.2. La genericità del decreto impugnato in ordine al rapporto di pertinenza probatoria tra condotta criminosa contestata e quanto sottoposto a vincolo reale disvelerebbe la finalità meramente esplorativa del sequestro probatorio disposto dal Pubblico Ministero.
La motivazione del decreto sarebbe del tutto apparente ed illogica nella parte in cui fa riferimento alla necessità di sequestrare più carte poste pay e più telefoni cellulari a fronte dell’utilizzo di un solo apparecchio ed una sola carta per la commissione dell’unica truffa contestata.
I giudici del riesame avrebbero dovuto adeguatamente indicare le ragioni che hanno indotto la polizia giudiziaria a sottoporre a sequestro «tutto quanto rinvenuto nella disponibilità degli indagati» (vedi pag. 3 del ricorso), in considerazione della mancata convalida da parte del pubblico ministero.
Il percorso argonnentativo sarebbe manifestamente illogico in quanto i giudici del riesame hanno affermato che il COGNOME sarebbe privo di fonti lecite di reddito senza tenere conto del fatto che la moglie percepisce reddito di cittadinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 L’unico motivo di ricorso è in parte manifestamente infondato ed in parte non consentito dalla legge.
La doglianza con la quale i ricorrenti eccepiscono la mancata convalida del sequestro da parte del Pubblico Ministero e la conseguente perdita di efficacia del provvedimento è manifestamente infondata.
L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che la polizia giudiziaria non ha proceduto al sequestro probatorio di iniziativa ma in esecuzione di un decreto di perquisizione e sequestro disposto dal pubblico ministero.
2.1. Il Collegio intende ribadire il principio di diritto secondo cui, in tema di sequestro probatorio, l’attività della polizia giudiziaria necessita di convalida ex art. 355 cod. proc. pen. esclusivamente nel caso in cui il decreto del pubblico ministero non indichi l’oggetto specifico dei beni da sottoporre a vincolo reale ovvero non faccia riferimento ad un genus ex ante circoscritto e predeterminato, ma contenga un mero richiamo a beni indicati nel genus di appartenenza in
assenza di un sufficiente nucleo selettivo preventivo (Sez. 5, n. 38219 del 15/09/2022, D., Rv. 283800 – 01, in motivazione).
2.2. Nel caso in esame, il sequestro, disposto dal pubblico ministero ed eseguito dalla polizia giudiziaria, non richiedeva convalida in considerazione del fatto che il decreto in esame contiene una indicazione specifica dei beni da sottoporre a vincolo reale in quanto utilizzati per commettere il reato di truffa (sim card per contattare le persone offese, carte poste pay adoperate per incassare l’ingiusto profitto) e, quindi, “strettamente funzionali alla tipologia di condotta integrante il reato per cui si procede” (vedi pag. 3 dell’ordinanza impugnata).
2.3. Peraltro, i giudici del riesame hanno correttamente dato seguito al consolidato indirizzo ermeneutico in virtù del quale le doglianze, con le quali viene eccepito il sequestro di beni eccedenti a quelli indicati nel decreto emesso dal pubblico ministero da parte della polizia giudiziaria, non possono esser fatte valere in sede di riesame ma esclusivamente con l’opposizione prevista dall’art. 263 cod. proc. pen. in caso di rigetto della richiesta di restituzione di tali beni da parte del pubblico ministero (Sez. 3, n. 20912 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 270126 – 01; da ultimo Sez. 6, n. 35891 del 09/05/2023 COGNOME, non massimata).
L’ulteriore doglianza con cui i ricorrenti lamentano violazione di legge e genericità della motivazione inerente al rapporto di pertinenzialità tra beni sequestrati e fattispecie criminosa contestata non è consentita in sede di legittimità.
3.1. Appare necessario, preliminarmente, ricordare che avverso le ordinanze emesse in materia di sequestro probatorio o preventivo, il ricorso in RAGIONE_SOCIALEzione è ammesso solo per violazione di legge, per censurare, cioè, errores in iudicando o errores in procedendo commessi dal giudice di merito, la cui decisione risulti di conseguenza radicalmente viziata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (vedi Sez. U., n. 5876 del 13.2.2004, Bevilacqua, Rv. 226710-01; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, NOME, Rv. 269119-01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01; da ultimo Sez. 2, n. 3543 del 16/11/2022, dep. 2023 Broghiero, non massimata), inidoneità non ravvisabile nel caso oggetto di scrutino.
3.2. Nel caso di specie il riferimento alla carenza/apparenza della motivazione in ordine al rapporto di pertinenzialità tra beni sequestrati e fattispecie di reato contestata è chiaramente strumentale ad una rivalutazione della vicenda nel merito, avendo il Tribunale chiaramente motivato sulle ragioni in base alle quali ritiene infondate le medesime censure difensive già proposte nell’atto di riesame.
Le doglianze difensive sono, ictu ()culi, riferibili ad una motivazione, non già meramente apparente, ma ritenuta illogica e non condivisa dal ricorrente e, quindi, dedotte per ragioni escluse dal sindacato della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione in materia di misure cautelari reali.
3.3. Il Tribunale, con motivazione articolata, priva di manifesta illogicità, e coerente con le coordinate ermeneutiche indicate ai precedenti punti 2.1. e 2.3., ha ritenuto che non ravvisabile il rapporto di eccentricità, censurato dalla difesa, tra l’oggetto del decreto di perquisizione ed i beni sequestrati, trattandosi di beni intrinsecamente legati all’ipotesi di reato oggetto di provvisoria incolpazione in quanto beni destinati alla commissione del reato di truffa (vedi pagg. 2 e 3 dell’ordinanza impugnata).
Deve essere affermato, in conclusione, che il provvedimento impugnato non è affetto da violazione di legge, neanche sub specie carenza assoluta di motivazione nei termini sopra precisati; la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta coerente con le emergenze investigative e non è riconducibile né all’area semantica della motivazione “assente” né a quella della motivazione “apparente”.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso, il 14 dicembre 2023
Il AVV_NOTAIO Estensore
,–La Presidente