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Sequestro probatorio: limiti e tempi per i cellulari

La Corte di Cassazione annulla un sequestro probatorio di telefoni cellulari perché il decreto non specificava il tempo massimo per la selezione dei dati. Anche se il nuovo decreto era più specifico del precedente (già annullato per violazione del principio di proporzionalità), la mancata indicazione di un termine per l’analisi e la restituzione dei dati non pertinenti rende la misura illegittima. La sentenza sottolinea che, per tutelare la privacy, ogni sequestro di dispositivi informatici deve avere limiti temporali chiari.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio di Smartphone: La Cassazione Fissa i Limiti Temporali

Il sequestro probatorio di dispositivi elettronici come smartphone e computer è diventato uno strumento investigativo fondamentale. Tuttavia, la sua applicazione solleva delicate questioni legate alla privacy e ai diritti fondamentali. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha rafforzato le tutele per i cittadini, stabilendo un requisito cruciale per la legittimità di tali misure: la fissazione di un termine preciso per l’analisi dei dati.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria nasce da un’indagine per corruzione. In un primo momento, la Procura della Repubblica dispone il sequestro dei telefoni cellulari di due indagati. Questo primo provvedimento viene però annullato dalla Corte di Cassazione perché ritenuto eccessivamente generico: consentiva un’acquisizione indiscriminata di tutti i dati presenti sui dispositivi, violando il principio di proporzionalità.

Successivamente, la Procura emette un nuovo decreto di sequestro, questa volta cercando di correggere il tiro. Il nuovo provvedimento specifica i soggetti le cui conversazioni sono considerate rilevanti e delimita l’arco temporale di interesse (da giugno a novembre 2023). Tuttavia, gli indagati impugnano anche questo secondo decreto, sostenendo che sia ancora illegittimo. Il Tribunale del riesame respinge il ricorso, ma gli indagati non si arrendono e si rivolgono nuovamente alla Corte di Cassazione.

Le Regole del Sequestro Probatorio Informatico

Prima di analizzare la decisione finale, è utile ricordare i paletti fissati dalla giurisprudenza in materia di sequestro probatorio di dati digitali. Per essere legittimo e rispettare il principio di proporzionalità, un decreto di sequestro deve:

1. Motivare la necessità di acquisire i dati.
2. Specificare l’oggetto della ricerca (es. conversazioni, file, ecc.).
3. Identificare i criteri di selezione del materiale (es. parole chiave, contatti).
4. Perimetrare l’arco temporale di interesse.
5. Indicare i tempi entro cui la selezione dei dati deve essere completata, con conseguente restituzione della copia forense per la parte non rilevante.

È proprio su quest’ultimo punto che si concentra la decisione della Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha accolto il ricorso degli indagati, annullando senza rinvio sia l’ordinanza del Tribunale del riesame sia il secondo decreto di sequestro. Sebbene il nuovo decreto avesse compiuto passi avanti nel circoscrivere l’oggetto delle indagini, presentava ancora un vizio fatale.

Il Vizio Decisivo: La Mancanza di un Termine per la Selezione

Il punto centrale della sentenza è che il decreto di sequestro, pur avendo definito meglio l’ambito di ricerca, risultava generico riguardo ai tempi di esecuzione dell’analisi. Non indicava, infatti, entro quanto tempo gli inquirenti avrebbero dovuto completare la selezione dei dati rilevanti e restituire agli aventi diritto la copia integrale dei dispositivi, epurata dalle informazioni non pertinenti all’indagine.

Questa omissione, secondo la Corte, trasforma il sequestro in una misura indeterminata e sproporzionata, poiché lascia l’indagato in una situazione di incertezza e consente agli inquirenti di trattenere una mole enorme di dati personali per un tempo indefinito.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha ribadito che il bilanciamento tra le esigenze investigative e la tutela dei diritti fondamentali, in particolare il diritto alla privacy e alla segretezza delle comunicazioni, è essenziale. Un sequestro probatorio che non preveda un termine per la sua fase esecutiva di analisi e selezione si traduce in una compressione eccessiva e ingiustificata di tali diritti. L’autorità giudiziaria non può limitarsi a dire cosa cerca, ma deve anche indicare per quanto tempo è autorizzata a cercarlo all’interno della copia forense. La mancata previsione di un termine finale per la selezione rende il provvedimento nullo, perché non permette un controllo effettivo sulla sua proporzionalità in fase esecutiva.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rappresenta un’importante affermazione di garanzia nel campo delle indagini digitali. Il messaggio per le Procure è chiaro: non basta più indicare genericamente l’oggetto del sequestro, ma è obbligatorio fissare un termine ragionevole entro il quale le operazioni di analisi dei dati devono concludersi. Scaduto tale termine, tutto ciò che non è stato ritenuto rilevante per le indagini deve essere immediatamente restituito. Si tratta di un principio fondamentale per evitare che il sequestro di un dispositivo si trasformi in una perquisizione digitale illimitata nel tempo, tutelando la sfera privata di ogni cittadino.

Dopo l’annullamento di un sequestro probatorio, il Pubblico Ministero può emetterne uno nuovo sugli stessi beni?
Sì, la Corte afferma che l’annullamento di un sequestro per vizi formali non impedisce l’emissione di un nuovo provvedimento, anche sui medesimi beni, a condizione che il nuovo decreto corregga i difetti precedentemente riscontrati.

Quali sono i requisiti essenziali per un decreto di sequestro probatorio di un dispositivo informatico?
Il decreto deve rispettare il principio di proporzionalità. Deve quindi specificare le ragioni del sequestro, i criteri di ricerca, l’arco temporale dei fatti indagati e, come chiarito da questa sentenza, deve obbligatoriamente indicare i tempi massimi entro cui verrà effettuata la selezione dei dati rilevanti, con conseguente restituzione di quelli non pertinenti.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato il decreto di sequestro in questo caso specifico?
La Corte ha annullato il decreto perché, pur avendo specificato i soggetti e il periodo temporale dei fatti, era generico riguardo all’indicazione dei tempi entro cui la selezione dei dati rilevanti doveva essere completata. Questa mancanza lo ha reso una misura sproporzionata e, di conseguenza, illegittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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