Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27706 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27706 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 12/05/1980
avverso l’ordinanza del 05/05/2025 del GIP TRIBUNALE di NOLA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 5 maggio 2025, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Noia ha respinto l’atto di opposizione, proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il rigetto, da parte del P.M., della richiesta di restituzione dei beni oggetto di sequestro probatorio di cui infra. In premessa, il g.i.p. ha citato il provvedimento del 18 dicembre 2024, con cui si autorizzava la perquisizione dello studio legale del Cusano, in seguito ad attività investigative, da cui emergeva che quest’ultimo percepiva importanti somme di denaro, a titolo di spese legali, da parte di quattro assistiti, senza svolgere alcuna attività professionale nel loro interesse e falsificando gli atti giudiziari relativi ai giudizi asseritamente intrapresi. In data 20 dicembre 2024, la p.g. delegata procedeva al sequestro probatorio di n. 22 fascicoli processuali e dispositivi elettronici e informatici reperiti presso lo studio legate del Cusano.
Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con cui deduce violazione di legge, in relazione all’art. 247 cod. proc. pen. e al canone di proporzionalità del sequestro per quel che ha riguardo ai supporti informatici. L’ordinanza impugnata non ha tenuto in alcun conto le doglianze espresse dalla difesa con atto d’opposizione, relative 1) all’indiscriminata acquisizione di dati informatici oggetto di sequestro, 2) all’assenza di indicazione di un perimetro temporale entro cui operare la selezione dei dati 3) alla realizzazione di copie forensi e di copie di p.g. contenenti una quantità imprecisata di dati. Osserva, inoltre, la difesa che, relativamente al decreto, datato 6 febbraio 2025, di rigetto dell’istanza di restituzione, il p.m. non assumeva alcuna decisione in merito all’istanza di dissequestro dei dispositivi informatici e delle copie forensi.
Sono pervenute a) le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile per genericità dei motivi; b) memoria nell’interesse del ricorrente
Considerato in diritto
Il motivo di ricorso è inammissibile, in quanto generico e privo di effettiva e critica correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata (Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, COGNOME, Rv. 260608 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01; Sez. 2, n. 29108 del 15/7/2011, COGNOME, n. m.).
Dopo aver correttamente premesso che, in sede di opposizione avverso il decreto del p.m. di rigetto della richiesta delle cose sequestrate, il g.i.p. non può ordinare il dissequestro per motivi attinenti alla legittimità del provvedimento genetico, in quanto la competenza a decidere circa la fondatezza del fumus del reato contestato è riservata al tribunale del riesame, il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto infondate le censure relative alla necessità di mantenere il vincolo reale a fini di prova, non ravvisando, in particolare, alcuna violazione del canone di proporzionalità e della disciplina dettata dall’art. 247, comma 1 bis cod. proc. pen., nonché dei principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di “ragionevolezza temporale” cui devono informarsi le attività correlate al sequestro probatorio.
A tal proposito, il Collegio ritiene che la motivazione della gravata ordinanza abbia operato buon governo del principio, alla luce del quale «in tema di acquisizione della prova, l’Autorità giudiziaria, al fine di esaminare un’ampia massa di dati i cui contenuti sono potenzialmente rilevanti per le indagini, può disporre un sequestro dai contenuti molto estesi, provvedendo, tuttavia, nel rispetto del principio di proporzionalità ed adeguatezza, alla immediata restituzione delle cose sottoposte a vincolo non appena sia decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti; sicché, in caso di mancata tempestiva restituzione, l’interessato potrà presentare la relativa istanza e far valere le proprie ragioni, se necessario, anche mediante i rimedi impugnatori offerti dal sistema» (Sez. 6, n. 53168 del 11/11/2016, Annores, Rv. 268489 – 01).
Nel caso in esame, il sequestro dei dispositivi elettronici, l’estrazione di copia forense e l’estrazione selettiva di dati hanno comportato una scansione operativa, articolata necessariamente in più fasi, che il tribunale ha ritenuto conforme ai contenuti dell’art. 247, comma 1 bis cod. proc. pen., tenuto conto di una serie di profili adeguatamente illustrati in motivazione. Il riferimento è, in particolare, 1) alla data di esecuzione del sequestro (20 dicembre 2024), 2) alla attestata impossibilità, da parte del consulente tecnico nominato dal p.m., di procedere alla estrapolazione dei dati presenti nei supporti informatici e 3) alla conseguente necessità di formare copia forense e di restituire i “doni” soltanto in seguito all’estrazione dei dati di interesse dalla copia forense stessa.
Il terzo profilo, appena indicato, è quello decisivo, rispetto al quale, secondo il Collegio, il ricorrente propone una doglianza del tutto infondata, nel punto in cui afferma che, nel decreto del 6 febbraio 2025, di rigetto dell’istanza di restituzione di quanto ancora in sequestro, il p.m. “non assumeva alcuna decisione in merito all’istanza di dissequestro dei dispositivi informatici e delle copie forensi”. Diversamente da quanto lamentato dalla difesa, nell’allegato decreto, il p.m. disponeva “la restituzione di quanto ancora in sequestro, previa estrazione di copia
della documentazione utile alla prosecuzione delle indagini da parte della p.g. procedente”. Come sotteso alla ratio decidendi dell’ordinanza impugnata, che invoca il principio della “ragionevolezza temporale”, proprio tale attività di estrazione di copia forense e dei dati di interesse può imporre tempi diversi a seconda delle difficoltà tecniche di apprensione dei dati presenti nei supporti informatici o della mole degli stessi; pertanto, la durata di protrazione del vincolo deve ragionevolmente commisurarsi alla realizzazione delle operazioni tecniche (cfr. Sez. 2, n. 17604 del 23/03/2023, Casale, Rv. 284393 – 01: «in tema di sequestro probatorio avente ad oggetto dispositivi informatici o telematici, la finalizzazione dell’ablazione del supporto alla sua successiva analisi, strumentale all’identificazione e all’estrazione dei dati rilevanti per le indagini, implica che la protrazione del vincolo, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, debba essere limitata al tempo necessario all’espletamento delle operazioni tecniche, dovendosi, tuttavia, valutare la sua ragionevole durata in rapporto alle difficoltà tecniche di apprensione dei dati»).
Nel caso in scrutinio, peraltro, i dati d’interesse attenevano non soltanto alla documentazione correlata ai procedimenti nei quali il Cusano riceveva mandato difensivo da parte delle quattro persone indicate nel decreto del 18 dicembre 2024, con cui il g.i.p. autorizzava la perquisizione dello studio legale del Cusano, ma, come si evince dal decreto del g.i.p. appena citato, ma anche a “ulteriori beni costituenti corpo” dell’ipotizzato reato “considerata la serialità delle condotte del Cusa no”.
Infine, la memoria pervenuta nell’interesse del ricorrente, nel lamentare altresì l’assenza di fondamento giuridico, o motivo logico, “che imponga la amotio del dispositivo informatico per “lavorarci” con comodo dopo” prescinde da quanto puntualizzato nell’allegato decreto del p.m. del 6 febbraio 2025 a proposito della avvenuta restituzione di tutti i supporti informatici.
Alla stregua delle superiori considerazioni, si rileva che non è dato ravvisare alcuna manifesta illogicità delle valutazioni espresse dal g.i.p., quanto alla proporzionalità del contenuto della misura e alla sua estensione temporale, sin qui ravvisabile, né alcuno specifico elemento di censura idoneo a scardinare la tenuta della motivazione del provvedimento impugnato, alla luce dell’oggetto dell’indagine, della messe di dati raccolta e del periodo di tempo necessario a distinguere i dati di interesse da quelli irrilevanti.
Per le ragioni illustrate, il Collegio ritiene che il ricorso vada dichiarato inammissibile. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14/07/2025
Il consigliere estensore
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Il presidente