Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 32603 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 32603 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Milano
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le richieste del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette le memorie del difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per la fondatezza del ricorso e ha replicato alle richieste del PG.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 17 dicembre 2024 del Tribunale di Milano che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto del 6 novembre 2024 del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano che, nell’ambito del procedimento penale iscritto a carico di altre persone per i reati di cui agli artt. 110, 81 cod. pen., 29, 30 e 44, lett. b) e c), d.P.R. n. 380 del 2001, 19, comma 6, legge n. 241 del 1990, 346-bis, 476, 479 e 496 cod.
pen., aveva ordinato la perquisizione locale, l’ispezione dei dispositivi telefonici, informatici e/o telematici nella disponibilità delle persone sottoposte a indagine nonché dell’odierna ricorrente e il conseguente sequestro di quanto rinvenuto (corpo di reato o cose ad esso pertinenti, compresi i dispositivi informatici e/o telematici in caso di impossibilità di immediata estrazione di copia forense); provvedimento in esecuzione del quale sono stati sequestrati alla ricorrente il proprio telefono cellulare e il computer portatile. Con la stessa ordinanza è stata rigettata la richiesta di riesame del decreto del 6 novembre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano che, ai sensi dell’art. 103, comma 2, cod. proc. pen., aveva autorizzato l’esecuzione del provvedimento nei confronti dell’odierna ricorrente esercente la professione di avvocato.
1.1.Con il primo motivo deduce la violazione degli artt. 253 e 324 cod. proc. pen., e la mancanza e la radicale contraddittorietà della motivazione in relazione ai requisiti di proporzionalità del sequestro e di pertinenzialità rispetto al reato dei beni oggetto di ablazione.
Lamenta, in particolare, la natura tautologica e circolare delle considerazioni svolte dal Tribunale del riesame per escludere la dedotta violazione del criterio di proporzionalità del sequestro e ribadirne la legittimità sul fatto che oggetto di apprensione avrebbero dovuto essere le sole comunicazioni intercorse, peraltro in un tempo indefinito, dalla ricorrente con gli altri indagati ed altra persona estranea ai fatti-reato, laddove le ragioni (e la direzione) della apprensione nei confronti della ricorrente riposavano su un episodio assolutamente marginale, quale l’operazione di finanziamento dell’acquisto di un immobile richiesto dal promissario acquirente, tal NOME COGNOME, all’Istituto di credito per il quale quale la ricorrente stessa svolgeva il compito di consulente. Per tale fatto era stato iscritto nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen., il reato di cui all’art. 346-bis cod. pen. ipotizzato a carico di un soggetto (anch’egli iscritto) diverso dalla COGNOME.
Stessa doglianza riguarda la parte della motivazione attinente al requisito della pertinenzialità, motivazione assolutamente assente/apparente tenuto conto della evidente asimmetria tra la ipotesi investigativa, circoscritta alla sola contestazione di cui all’articolo 346 bis cod. pen., e la pretesa ablativa “integrale” di tutte le conversazioni intercorse dalla ricorrente con le persone sottoposte a indagini ed una terza persona in un arco di tempo indefinito che tradisce l’evidente finalità esplorativa del sequestro finalizzato piuttosto alla illecita raccolta indiscriminata di comunicazioni riservate.
1.2.Con il secondo motivo deduce la totale mancanza di motivazione in relazione al fumus del sequestro nei confronti della terza ricorrente con specifico riferimento alla adeguatezza dello spunto investigativo che avrebbe dovuto giustificare il sequestro stesso.
Sostiene, al riguardo, di aver obiettato in sede di riesame i seguenti argomenti: a) d’aver dismesso ogni carica pubblica sin dal 2015, più di sette anni prima dei fatti contestati al COGNOME; b) che l’irrigidimento di Banca Illimity nei confronti di NOME COGNOME per aver sollevato il COGNOME dall’incarico di progettis è frutto di mera illazione essendo anzi stato documentalmente dimostrato (mediante la produzione delle mali intercorse tra l’istituto e il COGNOME) l’esatto contrario e l’allineamento, piuttosto, del comportamento della banca a quello di altri istituti di credito compulsati dallo stesso COGNOME; c) che NOME COGNOME è persona poco attendibile essendo le sue dichiarazioni intrinsecamente contraddittorie ed estrinsecamente in contrasto sia con quelle rese da NOME COGNOME, sia con l’analisi dei tabulati telefonici degli interessati dai quali non risulta alcuna interlocuzione tra il COGNOME e la ricorrente.
A fronte di questi rilievi il Tribunale ha fornito una risposta inadeguata, apparente ed evasiva che ha apoditticamente svalutato i profili di incongruità delle dichiarazioni di NOME COGNOME avendo omesso ogni riferimento alle mail e al contenuto dei tabulati che il Tribunale del riesame erroneamente afferma non essere presenti in atti.
Sintomatico del carattere esplorativo del sequestro, inoltre, è il fatto che un episodio collaterale (peraltro non vero) abbia fornito la stura per acquisire tutte le comunicazioni intercorse tra al ricorrente (terza estranea al reato) e tutti gli indagati e/o terzi con riferimento a tutte le ipotesi di reato oggetto di provvisorio addebito avuto riguarda ad un arco temporale indefinito.
1.3.Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 103 cod. proc. pen. per avere il Tribunale del riesame concretamente avallato l’estensione del (preteso) perimetro ablatorio a cose pertinenti al reato relative all’oggetto della difesa, osservando di aver assunto il mandato difensivo/consulenziale nell’interesse della Banca Illimity proprio in relazione al finanziamento chiesto da NOME COGNOME. Sicché, le chat/comunicazioni/messaggi relativi proprio al finanziamento in questione non possono essere acquisiti pena la violazione dell’art. 103, comma 2, cod. proc. pen.; le altre comunicazioni sono invece prive dei requisiti di pertinenzialità e pertinenza.
2.Con due memorie, rispettivamente del 29 maggio e del 10 giugno 2025, il difensore, AVV_NOTAIO, ha replicato alla richiesta del Procuratore generale presso la Corte di cassazione di dichiarare il ricorso inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1,11 ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge.
2.Avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322 -bis e 324 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge.
2.1.Come reiteratamente affermato dalla Corte di cassazione, «in tema di riesame delle misure caute/ari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice» (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01; si vedano, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611-01, e, in motivazione, Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, COGNOME; tra le più recenti, Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119 – 01; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Rv. 257007-01; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Rv. 252430-01; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129 – 01).
2.2 Motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, n.m.; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, cit.) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Rv. 252898-01).
2.3.Motivazione apparente, invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Rv. 196361 – 01), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Rv. 197465-01; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Rv. 213486-01; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Rv. 23327001; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Rv. 250482-01) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Rv. 190883-01; Sez. 6, n. 25631 del 24/05/2012, Rv. 254161 – 01) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Rv. 260314, secondo cui la motivazione dell’ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio è meramente apparente – quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge – quando le argomentazioni in ordine al “fumus”
del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto).
2.4.Anche l’omesso esame di punti decisivi per l’accertamento del fatto, sui quali è stata fondata l’emissione del provvedimento di sequestro, si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 325, comma primo cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 38850 del 04/12/2017, Castiglia, Rv. 273812 – 01; Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Rv. 264011; Sez. 1, n. 48253 del 12/09/2017, n.m.; Sez. 3, n. 38026 del 19/04/2017, n.m.; Sez. 3, n. 38025 del 19/04/2017, n.m.).
2.5.In tal caso è onere del ricorrente: a) allegare al ricorso l’elemento indiziario dirimente di cui eccepisce l’omesso esame; b) dare prova della sua effettiva esistenza tra gli atti trasmessi al tribunale del riesame o comunque della sua acquisizione nel corso dell’udienza camerale; c) spiegarne la natura decisiva alla luce sia della limitata cognizione del giudice del riesame (cui non può essere demandato un giudizio anticipato sulla responsabilità di chi chiede il riesame del provvedimento cautelare reale) (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 14823 del 30/11/2016, dep. 2017, Lochi, n.m., secondo cui «poiché il c.d.”effetto devolutivo” del riesame deve essere inteso nel senso che il tribunale è tenuto a valutare, indipendentemente dalla prospettazione del ricorrente, ogni aspetto relativo ai presupposti della misura cautelare (“fumus commissi delicti” e, nel sequestro preventivo,” periculum in mora”) (Sez. 3, n. 35083 del 14/04/2016, Talano, Rv. 267508), il vizio denunciabile come violazione di legge deve riguardare l’omessa motivazione su questioni decisive sottoposte al Tribunale del riesame ed evincibili dagli atti ad esso trasmessi o dalle produzioni difensive (atti, compresi quelli investigativi, la cui esistenza il ricorrente ha comunque l’onere di provare nella loro fisica collocazione tra quelli a disposizione del Tribunale e allegare al ricorso)»).
3.Nel caso di specie, l’odierno ricorso ripropone sostanzialmente gli stessi argomenti devoluti al tribunale del riesame respinti con motivazione che in alcun modo può definirsi apparente, men che meno inesistente nei termini spiegati al § 2 che precede e che pertanto non è sindacabile in questa sede di legittimità.
3.1.Ed invero, il collegio milanese ha osservato che oggetto di ricerca (e del sequestro probatorio) non è l’intera documentazione archiviata nei dispositivi elettronici e informatici (smartphone e pc della ricorrente) bensì i soli dati costituiti da messaggi di qualsiasi tipo o comunque contatti di quest’ultima con le persone coinvolte nei fatti, non necessariamente iscritte nel registro delle notizie di reato.
3.2.La ricorrente lamenta che lo spunto investigativo (un accadimento definito “collaterale” perché riguardava il suo intervento in un’operazione di finanziamento di acquisto di un immobile presso una banca per la quale ella svolgeva il ruolo di
consulente) non giustificava una pretesa ablativa ad ampio spettro. Il Tribunale del riesame spiega, al contrario, che tale operazione si inseriva a pieno titolo nell’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Milano sulla gestione dell’attività edilizia per le ragioni spiegate alle pagg. 17 e 18 del provvedime impugnato, rientrando le vicende urbanistico-edilizia dell’immobile in questione nel focus dell’indagine. La ricorrente, in questo contesto, aveva rivelato al progettista, ex componente della commissione per il paesaggio, che il committente dei lavori lo aveva sollevato dall’incarico a vantaggio del vecchio progettista e tale fatto aveva determinato l’irrigidimento dell’istituto di credito che aveva subordinato il finanziamento all’effettivo conseguimento del permesso di costruire. Inoltre, aggiunge il Tribunale, l’estromissione del progettista aveva avuto effetti sulla pratica edilizia che si era arenata.
3.3.Tanto basta, in questa sede, per escludere la possibilità di sindacare una motivazione che, come detto, non è apparente, né mancante.
3.4.Le questioni relative all’uso (a fini cautelari) delle informazioni ottenute dall’esame del contenuto dei dispositivi sequestrati alla ricorrente, nonché al quesito formulato dal PM al CT incaricato della estrapolazione dei dati contenuti nei dispositivi stessi non sono deducibili in questa sede, trattandosi di fat accadimenti che non preesistono al provvedimento impugnato e allo stesso decreto di sequestro la cui dedotta natura esplorativa non può essere valutata in questa sede con valutazione ex post.
3.5.Va poi ribadito che il sequestro probatorio, proprio perché mezzo di ricerca della prova dei fatti costituenti reato, non può per ciò stesso essere fondato sulla prova del carattere di pertinenza ovvero di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, ma solo sul fumus di esso, cioè sulla mera possibilità del rapporto di esse con il reato. Qualora, quindi, dal complesso delle prime indagini tale fumus emerga, il sequestro si appalesa non solo legittimo ma opportuno, in quanto volto a stabilire, di per sé o attraverso le successive indagini che da esso scaturiscono, se esiste il collegamento pertinenziale tra res e illecito. Il rapporto di pertinenza fra le cose sequestrate e l’ipotesi di reato per cui si procede, infatti, non può essere considerato in termini esclusivi di relazione immediata, ben potendo acquisire rilievo ed essere oggetto di ricerca ed apprensione ogni elemento utile a ricostruire i fatti che anche in forma indiretta possono contribuire al giudizio sul merito della contestazione (Sez. 3, n. 13641 del 12/02/2002, Pedron, Rv. 221275 – 01; Sez. 3, n. 6465 del 14/12/2007, dep. 2008, Penco, Rv. 239159 – 01; Sez. 6, n. 1683 del 27/11/2013, dep. 2014, n.m.).
4.A non diversi rilievi si espone il secondo motivo con cui si denunzia, di fatto, il malgoverno degli elementi indicati dalla difesa a sostegno della illegittimità della esecuzione della perquisizione e del sequestro nello studio di una persona
esercente la professione forense. Le deduzioni difensive spingono l’indagine di legittimità oltre il perimetro delineato dall’art. 325 cod. proc. peri, poiché di fatto sollecitano la Corte di cassazione a vagliare nel merito la logicità e la coerenza della motivazione alla luce degli elementi di prova sottoposti al Tribunale del riesame. Ciò che conta è che il Tribunale abbia sul punto fornito una risposta che, per le ragioni già illustrate, non è sindacabile in questa sede.
5.Per le stesse ragioni è inammissibile anche il terzo motivo che deduce questioni di fatto che non possono essere devolute in questa sede per la prima volta, non potendo la Corte di cassazione stabilire la natura delle cose sequestrate.
5.1.Ed invero, in tema di garanzie di libertà del difensore, non può ritenersi che tutte le «carte» e i «documenti» che si trovino presso lo studio ovvero l’abitazione di un professionista iscritto all’albo degli avvocati siano perciò stesso da considerarsi «oggetto della difesa» e pertanto sequestrabili solo se «corpo di reato». Per «oggetto della difesa», come indicano il senso letterale delle parole e la “ratio” dell’art. 103 cod. proc. peri., deve intendersi infatti inerenza ad un procedimento giudiziario, anche eventualmente concluso, in relazione al quale il professionista espleti o abbia espletato un mandato difensivo espressamente conferito dall’interessato; rimane escluso da tale definizione, pertanto, tutto ciò che, pur attenendo in genere all’attività professionale del legale, esula dall’espletamento di un mandato difensivo come sopra inteso, e che può dunque essere legittimamente sequestrato anche se rientrante solamente fra le «cose pertinenti al reato», salva in ogni caso la tutela del segreto professionale, opponibile anche in tali ipotesi nelle forme di legge (art. 256, primo comma, cod. proc. peri.; Sez. 2, n. 3513 del 22/05/1997, COGNOME, Rv. 208073 – 01).
5.2.La circostanza che la ricorrente avesse assunto il mandato difensivo e di consulenza a favore dell’istituto di credito che avrebbe dovuto finanziare l’acquisto dell’immobile è circostanza che di per sé non determina la evidente illegittimità del sequestro che possa essere rilevata direttamente in sede di legittimità.
6.Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 3000,00 alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso il 23/06/2025