Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11607 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11607 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante; COGNOME NOME, nato a Latina il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA; avverso le ordinanze del 08/06/2023 e del 20/06/2023 del Tribunale di Roma; visti gli atti, i provvedimenti impugnati e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorsi; udito il difensore, AVV_NOTAIO in sostituzione dell’AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza dell’8 giugno 2023, il Tribunale di Roma ha rigettato l’istanza di riesame, avanzata nell’interesse della società “RAGIONE_SOCIALE“, quale soggetto terzo interessato, in persona del legale rappresentante pro tempore COGNOME NOME, avverso il decreto del 4 maggio 2023, con cui il Pubblico Ministero presso il medesimo Tribunale aveva disposto, oltre c:he la perquisizione informatica degli apparecchi e dei supporti informatici e di telefonia, anche il sequestro, a norma dell’art. 252, cod. proc. pen., di documenti in formato cartaceo e di molteplici dispositivi USB, nella disponibilità della ricorrente, mera destinataria del decreto di perquisizione locale e personale.
Nel caso di specie, il decreto di sequestro genetico – annullato, in relazione ai dispositivi informatici, dal medesimo Tribunale, a seguito dell’istanza proposta dal co-indagato COGNOME, con ordinanza del 29 maggio 2023, per vizio di proporzionalità e adeguatezza – veniva seguito da un successivo decreto “ad integrazione e precisazione”, emesso in data 5 giugno 2023; c:ircostanza ritenuta dirimente perché determinante, in sede di riesame, un esito differente dell’istanza proposta dalla Società, rispetto a quella avan2:ata nell’interesse del COGNOME. Ebbene, con successiva ordinanza del 20/06/2023, il Tribunale di Roma ha rigettato l’istanza di riesame, parimenti proposta nell’interesse della medesima ricorrente, avverso tale secondo decreto di sequestro, emesso in data 5 giugno 2023, ad integrazione e precisazione del precedente provvedimento cautelare, datato al 4 maggio 2023.
Parallelamente, il Tribunale del riesame ha rigettato le istanze, distinte ma di analogo contenuto rispetto a quelle avanzate nell’interesse della Società, presentate ciascuna – l’una, avverso le ordinanze dell’8 giugno 2023; l’altra, avverso quelle del 20 giugno 2023 – da: a) COGNOME NOME, in qualità di indagato per il delitto di cui agli artt. 110, cod. pen., e 10-quater, secondo comma, dei d.lgs. n. 74 del 2000, perché, in qualità di legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE“, dal 22 aprile 2022 al 7 settembre 2022, in concorso con altri soggetti, vendeva un pacchetto “formazione RAGIONE_SOCIALE.0″, relativo all’anno 2020, risultato non esistente, facendo apparire come falsamente re”.7ata l’attività di formazione del personale, al fine di utilizzare, compensazione, ai sensi dell’art. 17 del d. Igs. n. 241 del 1997, il relativo credito d’imposta e non versare le somme dovute da “RAGIONE_SOCIALE” nei confronti di diversi enti impositori (Erario, RAGIONE_SOCIALE, enti locali e Inail), pe ammontare complessivo di C 114.150,00, e destinatario del sequestro di n. 1 tabiet, n. 1 telefono cellulare, n. 1 PC Notebook e n. 1 pen -drive; b) COGNOME NOME, quale soggetto terzo interessato e destinatario del sequestro di n. 1 penna USB e n. 1 PC portatile ASUS; c) COGNOME NOME, in qualità di indagato per
il reato di cui agli artt. 110, cod. pen., e 10-quater, secondo comma, del d.lgs. n. 74 del 2000, perché, in qualità di legale rappresentante di “RAGIONE_SOCIALE” dal 7 settembre 2022, in concorso con altri soggetti, vendeva un pacchetto “formazione RAGIONE_SOCIALE“, relativo all’anno 2021, risultato non esistente, facendo apparire come falsamente realizzata l’attività di formazione del personale, al fine di utilizzare, in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del d. Igs. n 241 del 1997, il relativo credito d’imposta e non versare le somme dovute da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di diversi enti impositori (Erario, RAGIONE_SOCIALE, enti local Inail), per un ammontare complessivo di € 250.000,00, e destinatario del sequestro di n. 2 smartphone Redmi Model, di cui uno con SIM.
Avverso le ordinanze dell’8 giugno 2023, la società “RAGIONE_SOCIALE” e il COGNOME, quali soggetti terzi interessati, il COGNOME, in qualità di indagati, tramite un difensore unic:o, hanno proposto, nell’ambito dei differenti procedimenti originariamente instaurati – di cui si ritenuto opportuno disporre la riunione per connessione oggettiva all’odierna udienza – quattro distinti ricorsi per cassazione, di analogo contenuto, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 324 e 521, cod. proc. pen., e 24 Cost., sul rilievo dell’abnormità del decreto di sequestro “ad integrazione e precisazione”, rispetto all’oggetto del procedimento introdotto avverso il provvedimento genetico. A parere della difesa, infatti, pur presentato formalmente come decreto integrativo, il provvedimento emesso in data 5 giugno 2023 risulterebbe essere, sul piano sostanziale, un provvedimento nuovo – perché volto a colmare le lacune motivazionali in punto di proporzionalità e adeguatezza già censurate dalla difesa del co-indagato COGNOME, e riconosciute dalle ordinanze impugnate – come tale estraneo al perimetro dell’impugnazione, originariamente tracciato. Ciò premesso, il Tribunale del riesame avrebbe erroneamente fondato la propria valutazione su un provvedimento diverso da quello impugnato, violando il principio di correlazione tra contestazione e decisione, più volte ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità. Oltre a ciò, la circostanza dell’emissione del no decreto e della sua presa in considerazione da parte del giudice del riesame violerebbe il diritto di difesa dei ricorrenti, giacché la notifica del medesim sarebbe intervenuta soltanto in data 6 giugno 2023, ovvero due soli giorni prima della data dell’udienza fissata per la discussione del riesame.
La ricostruzione difensiva, inoltre, invoca l’operatività dell’effetto estensivo dell’impugnazione, ritenendo sussistenti sia l’unitarietà che Fa cumulatività del procedimento cautelare richiesti dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, dal men – lento che: a) per quanto attiene ai soggetti terzi interessati – Società
“RAGIONE_SOCIALE” e COGNOME – questi e il COGNOME, che ha beneficiato di una pronuncia di annullamento parziale del decreto di perquisizione e sequestro, sarebbero a diverso titolo coinvolti nel medesimo procedimento penale – i primi due, in qualità di terzi interessati; il terzo, come indagato – nonché destinatari dello stesso provvedimento cautelare, ancorché confermato, per i primi, e annullato, nei confronti del secondo; b) all’opposto, per quanto concerne gli indagati – il COGNOME e il COGNOME – questi e il COGNOME sarebbero co-indagati nel medesimo procedimento penale, nonché destinatari dello stesso provvedimento cautelare, ancorché confermato, per i primi, e annullato, nei confronti del secondo, rispondendo per il medesimo titolo di reato come perché legali rappresentanti della stessa società in tempi diversi.
In tutti e quattro i casi, inoltre: c) i numeri di ruolo generale dei rico sarebbero pressocché contigui; d) la discrepanza temporale circa la fissazione delle rispettive udienze era dipesa meramente dal fatto che il COGNOME aveva depositato istanza di riesame prima degli altri ricorrenti. Né la decisione favorevole al COGNOME sembrerebbe fondata su motivi personali, altrimenti preclusivi delVoperatività del predetto effetto estensivo: non solo, infatti, il decreto impugnato sarebbe lo stesso, ma il vizio eccepito nell’interesse del COGNOME avrebbe carattere sostanziale, come tale estensibile anche alla posizione di altri ricorrenti. In aggiunta, oggetto del sequestro sono stat, per ciascun ricorrente, dispositivi elettronici contenenti dati informatici relativamente ai quali si prospettano le medesime esigenze di tutela e di salvaguardia rispetto ai principi di adeguatezza e proporzionalità.
2.2. Con una seconda doglianza, si deducono la violazione degli artt. 649 e 125, comma 3, cod. proc. pen., nonché la carenza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato. Secondo i ricorrenti, l’ordinanza sarebbe lesiva del divieto di secondo giudizio – più volte ribadito dalla costante giurisprudenza di legittimità – giacché il Pubblico Ministero, con il nuovo decreto di sequestro, anziché addurre nuovi elementi fattuali, si sarebbe limitato ad indicare le “chiavi logiche’ per la ricerca dei dati informatici necessarie per colmare le lacune da cui risultava viziato il provvedimento genetico -cperando illegittimamente la relativa preclusione processuale che, in questo senso, deriverebbe dall’avvenuto accoglimento dell’istanza di riesame, avanzata nell’interesse del COGNOME, e dal conseguente annullamento dell’originario decreto di sequestro. Nel caso di specie, infatti, l’emissione del decreto, datato 5 giugno 2023, non sarebbe dipesa dalla scoperta, ovvero dall’ostensione, di nuovi elementi di fatto, bensì dalla mera opportunità di sanare il vizio denunciato dal COGNOME e determinante il parziale annullamento del provvedimento impugnato. Detto vizio, peraltro, anche alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale – secondo
cui sarebbero vizi formali, a titolo esemplificativo: la carenza di motivazione, l’omesso avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, ovvero l’omessa convalida del sequestro operato d’iniziativa dalla P.G. !ungi dall’avere natura meramente procedurale – inidonea a far sorgere la prec!usione processuale contestata – avrebbe carattere sostanziale poiché relativo ai presupposti di applicabilità della misura reale.
2.3. Con memorie depositate, nell’ambito di ciascun procedimento, in data 1° e 13 dicembre 2023 – queste ultime depositate in replica delle conclusioni del Pubblico Ministero – la difesa ha ribadito le argomentazioni già espresse.
Allo stesso modo, avverso le ordinanze del 20 giugno 2023 – con cui il Tribunale del riesame ha rigettato le istanze proposte avverso il decreto di sequestro, emesso in data 5 giugno 2023, ad integrazione e precisazione del precedente provvedimento cautelare, datato al 4 maggio 2023 – la società “RAGIONE_SOCIALE” e il COGNOME, quali soggetti t interessati, il COGNOME e il COGNOME, in qualità di indagati, tramite un difensore unico, hanno proposto quattro distinti, ma analoghi, ricorsi per cassazione, chiedendone l’annullamento.
3.1. Con una prima censura, si replicano, in maniera perfettamente sovrapponibile, le doglianze dedotte dai ricorrenti nel secondo motivo di ciascun ricorso proposto avverso l’ordinanza dell’E; giugno 2023, relativamente alla violazione degli artt. 649 e 125, comma 3, cod. proc. pen., nonché a vizi della motivazione. Vale sul punto l’esposizione svolta sub 2.2, da intendersi richiamata.
3.2. In secondo luogo, ci si duole dell’inosservanza dei principi di proporzionalità e adeguatezza delle misure cautelari di cui all’art. 275, comma 2, cod. proc. pen., della violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., e del connesso vizio motivazionale. Più precisamente, le prospettazioni difensive ritengono che il decreto di sequestro, emesso in data 5 giugno 2023 – ancorché adettato “ad integrazione e specificazione’ – sarebbe inammissibile perché “esplorativo” e, dunque, anch’esso violativi° dei principi di proporzionalità e adeguatezza. Infatti, benché il Pubblico Ministero abbia definito un ampio catalogo di “,..hiavi logiche” di cui servirsi nella ricerca del materiale probatorio, l’uti combinato delle medesime, ritenute eccessivamente generiche ed estensive del perimetro applicativo del decreto contestato, condurrebbe ad un’apprensione indiscriminata – e conseguentemente illegittima, in ossequio ad un costante orientamento giurisprudenziale – del materiale informatico presente nei dispositivi. Né sufficiente ed esaustiva potrebbe considerarsi la motivazione offerta dal Tribunale del riesame: lungi dal delineare un’adeguata organizzazione volta ad assicurare la selezione dei soli dati rilevanti a fini investigativi, infatti,
risulterebbe apparente ed apodittica quanto alla valutazione della sussistenza dei requisiti di proporzionalità e adeguatezza.
Altrettanto generica sarebbe, inoltre, l’individuazione, curata dalla pubblica accusa, del materiale da ricercare e sequestrare nell’ambito categoriale di «chat/email/scambi di comunicazioni , intercorse a qualsiasi titolo fra gl indagati», nonché di «chat/email/scambi di comunicazioni , intercorse fra altri soggetti (dipendenti, fornitori, clienti, RAGIONE_SOCIALE fiscali, intermediari n operazioni commerciali)». Tali categorie, infatti – generiche sia sul versante della natura sostanziale del mezzo di comunicazione, che sotto il profilo dell’individuazione delle qualifiche e dei ruoli personali dei soggetti richiamati nel provvedimento – non sarebbero idonee a restringere il perimetro dei dati informatici potenzialmente suscettibili di apprensione. Vi sarebbe una totale assenza di indicazione del periodo temporale di riferimento per l’apprensione dei dati informatici: la motivazione addotta dal Tribunale del riesame risulterebbe, ancora una volta, apparente ed apodittica, nella parte in cui ricollega presuntivamente la predetta attività di apprensione alle operazioni oggetto di contestazione; ciò che, a parere della difesa, sarebbe tanto più vero in considerazione del fatto che gli indagati avevano ricoperto la qualifica soggettiva – fondamentale ai fini della contestazione del reato addebitato – soltanto per periodi di tempo limitati.
3.3. Con un terzo motivo di impugnazione, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 266 e 266-bis, cod. proc. pen., e l’inosservanza dell’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., sul rilievo che l’apprensione dei dispositivi elettronici avrebbe dovuto soggiacere alle norme dettate in materia di intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, e non a quelle concernenti il sequestro probatorio. Nel caso di specie, infatti, il reale oggetto del sequestro sarebbero, non già i singoli dispositivi elettronici, ma le comunicazioni in essi contenute – e, segnatamente, chat/email/scambi di comunicazioni – qualificabili come veri e propri dati informatici, e non come prova documentale; con la conseguenza che, in ossequio alla giurisprudenza di legittimità – secondo cui l’acquisizione di messaggi di posta elettronica, già ricevuti o pediti dall’indagato e conservati nelle rispettive caselle di posta in entrata e in uscia, costituisce attività intercettiva, indipendentemente dal sistema intrusivo adottato dagli inquirenti – la loro acquisizione non potrebbe non costituire attività di intercettazione, come tale soggetta alle regole di cui agli artt. 266 e 266-bis, cod. proc. pen., anziché a quelle prescritte dalli’ art. 252, cod. proc. pen.
3.4. In data 10 dicembre 2023, il difensore, nell’ambito di ciascun procedimento, ha depositato memoria, con la quale ha fornito ulteriori precisazioni in ordine alle considerazioni già svolte nei singoli motivi di ricorso. Quanto al primo
motivo, la difesa ribadisce il carattere innovativo del provvedimento impugnato, precisando come la stessa giurisprudenza di legittimità abbia chiarito che il discrimine per definire come “distinto e autonomo” un provvedimento – rispetto ad un altro, intervenuto in precedenza – risiede nella qualificazione della natura sostanziale degli elementi di diritto attinti dalla modifica; con la conseguenza che, laddove un provvedimento dovesse intervenire allo scopo di sanare i vizi di carattere sostanziale di un precedente atto, assumerebbe natura distinta e autonoma. Vista la formazione di autonomo giudicato cautelare in relazione all’ordinanza di accoglimento del riesame avanzato dal COGNOME, per l’avvenuto decorso del termine di impugnazione alla data di adozione della decisione, il secondo provvedimento ablatorio sarebbe stato adottato al solo fine di eludere la logica conseguenza dell’annullamento del decreto genetico, anche nei confronti degli altri co-indagati del COGNOME, i quali, all’opposto, dovrebbero beneficiare degl effetti espansivi dell’ordinanza decisoria.
Quanto alla seconda censura, la difesa riconferma la genericità e l’inadeguatezza delle chiavi logiche, identificate dal secondo dec:reto, dal momento che esse non apporterebbero alcuna specificazione ulteriore rispetto a quanto già prescritto dal provvedimento originario. Tali chiavi non sarebbero idonee a garantire il rispetto del principio dii proporzionalità e adeguatezza, soprattutto in relazione al requisito del “minor tempo possibile” richiesto per l’apprensione dei supporti informatici perché consentirebbero una ricerca informatica indiscriminata. Infine, la difesa insiste nel denunciare la violazione delle norme dettate in materia di intercettazioni.
3.5. Con memorie di replica, depositate nell’ ambito di ciascun procedimento, in data 13 dicembre 2023, il difensore, in risposta alle conclusioni della Procura generale, ha insistito nelle argomentazioni già svolte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, proposti da “RAGIONE_SOCIALE“, COGNOME COGNOME e COGNOME, avverso l’ordinanza dell’8 giugno 2023, meritano di tre re accoglimento.
1.1. Il primo motivo di doglianza è fondato, con conseguente assorbimento de: secondo.
In effetti, il Tribunale del riesame ha erroneamente esteso il perimetro della propria cognizione alla legittimità, o meno, di un provvedimento – il decreto, en-tesso in data 5 giugno 2023 – diverso da quello specificamente impugnato. L’organo giudicante ha violato il principio di correlazione tra l’impugnazione e la sentenza, di cui all’art. 521, cod. proc. pen., allorché ha basato la propria decisione
sul secondo decreto, anziché sul provvedimento genetico, datato 4 maggio 2023, nella parte in cui, a pag. 5 dell’ordinanza gravata, ha rigettato le censure relative alla violazione dei requisiti di proporzionalità e adeguatezza della misura probatoria, sul rilievo dell’integrazione posta in essere, dal Pubblico Ministero, con tale decreto, emesso solo successivamente all’ordinanza di annullamento del provvedimento originario, adottata, in data 29 Maggio 2023, nell’interesse del coindagato COGNOME, la cui posizione risulta, peraltro, perfettamente sovrapponibile a quella degli odierni ricorrenti. Inoltre, per esplicita precisazione del Tribunale de riesame, è proprio il decreto del 5 giugno che assicura il rispetto dei requisiti previsti dalla legge per la disposizione del sequestro a fini probatori; ciò che equivale a dire che, laddove detto successivo decreto non fosse intervenuto, il vizio di proporzionalità e adeguatezza, riscontrato nei confronti del COGNOME, sarebbe stato rilevato parimenti nell’ambito dei procedimenti riguardanti gli altri ricorrenti
Né la difesa del ricorrente avrebbe potuto argomentare compiutamente come invece sostenuto dal Tribunale nel provvedimento impugnato – in ordine al nuovo decreto, notificato agli indagati e ai terzi interessati in data 6 giugno 2023, e cioè soli due giorni prima la data dell’udienza; circostanza che, con evidenza, ha compresso le prerogative difensive del ricorrente, in aperta violazione degli artt. 324 cod. proc. pen. e 24 Cost.
Dunque si deve affermare che la richiesta di riesame avverso un provvedimento di sequestro probatorio determina in tale provvedimento l’oggetto dei giudizio del Tribunale, senza che il giudizio stesso si possa estendere a provvedimenti successivi e ulteriori di integrazione sostanziale del primo, i quali potranno essere oggetto di nuove impugnazioni cautelari con conseguenti nuovi giudizi.
Ne consegue che i ricorsi devono ritenersi fondati. Ciò nondimeno, non si dispone la restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro, vista l pecsAstenza del vincolo reale di cui si dirà di seguito.
. I ricorsi, presentati da “RAGIONE_SOCIALE“, COGNOME COGNOME e COGNOME, avverso l’ordinanza del 20 giugno 2023, sono infondati.
2.1. Il primo motivo di doglianza è infondato.
Con riguardo all’applicazione delle misure cautelari reali, il principio del ne bis in idem è ostativo alla reiterazione della misura medesima solo quando il giudice sia chiamato a esaminare nel merito quegli stessi elementi che siano già stati ritenuti insussistenti o insufficienti, e non anche quando tali elementi non siano sta. i valutati (ex plurimis, Sez. 3, n. 9972 del 05/11/2019, dep. 13/03/2020, Rv. 272422; Sez. 2, n. 2276 del 06/10/2015, dep. 20/01/2016, Rv. 265772; Sez. 3, n. 13806 del 05/11/2008, Rv. 241415).
Nel caso di specie, in cui il decreto genetico è stato annullato nei confronti del solo co-indagato COGNOME per violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza – alia data della cui decisione, intervenuta il 30 maggio 2023, non era stato ancora adottato il decreto integrativo, emesso il 5 giugno 2023 – il Pubblico Ministero ha legittimamente adottato il provvedimento impugnato, nei confronti degli altri soggetti interessati, con la specificazione dei parametri di ricerca, attraverso cui perimetrare il compendio dei dati informatici effettivamente suscettibili di apprensione. In tema di sequestro probatorio, del resto, l’annullamento disposto in sede di riesame per carente indicazione delle specificazioni necessarie a garantire il rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza, richiesti dall’ar 275, comma 2, cod. proc. pen., produce un limitato effetto preclusivo rebus sic stantibus, che non impedisce l’adozione di un nuovo decreto da parte del Pubblico Minlstero, contenente la puntuale precisazione delle chiavi logiche da utilizzare per peri: -hetrare la ricerca nell’ottica della proporzionalità e dell’adeguatezza del vincolo reale, richieste dalla legge (ex multis, Sez. 3, n. 29975 del 08/05/2014, Rv. 259944; Sez. 6, Sentenza n. 3738 del 14/11/2013, dep. 28/01/2014, Rv. 258769).
2.2. La seconda doglianza, afferente alla violazione dei principi di proPorzionalità e adeguatezza delle misure cautelari di cui all’art. 275, comma 2, cod. proc. pen., ed il connesso vizio motivazionale, è inammissibile in quanto diretta ad ottenere valutazioni di merito, non solo già adeguatamente sviluppate dal giudice del gravame (pagg. 5 e 6), ma in ogni caso precluse al sindacato di legittimità della Corte di cassazione – limitato alla violazione di legge dall’art. 325 comma 1, cod. proc. pen. – risultando altresì inconferente l’argomento relativo al l’omessa indicazione dei riferimenti temporali dell’attività di ricerca, giacché -come, peraltro, correttamente specificato dallo stesso giudice c:autelare – laddove la perquisizione e il conseguente sequestro dovessero esorbitare dai parametri log;ci, individuati dal decreto, essa dovrà considerarsi come attività posta in essere fhiziativa della polizia giudiziaria, come tale soggetta a convalida da parte del Puhlico Ministero.
2.3. Il terzo motivo di censura, con cui si deduce la violazione degli artt. 266, :2is e 125, cod. proc. pen., è infondato. 26
,k infatti pacifico l’insegnamento secondo cui, in tema di mezzi di prova, le conversazioni, o altre comunicazioni, memorizzate nei dispositivi telematici, hanno la natura di documenti informatici; pertanto, la loro acquisizione processuale non è regolata dalla disciplina, dettata, in materia di intercettazioni, dagli artt. 266 ss, cod. proc. pen., che postula, all’opposto, la captazione di un flusso di comunicazioni in atto (Sez. 6, n. 12975 del 06/02/2020, Rv. 278808 – 02; Sez.6, n. 28269 del 29/05/2019. Rv. 276227). Tali affermazioni, del resto, si pongono in
armonia con la giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n. 170/2023), secondo la quale il discrimen tra le intercettazioni di comunicazioni o conversazioni e i sequestri di corrispondenza non è dato principalmente dalla forma della comunicazione, giacché le intercettazioni possono avere ad oggetto anche flussi di comunicazioni non orali (informatiche o telematiche). Affinché si abbia intercettazione debbono invece ricorrere due condizioni: la prima, di ordine temporale, è che la comunicazione deve essere in corso nel momento della sua captazione da parte dell’extraneus, e va dunque colta nel suo momento “dinamico”, con conseguente estraneità al concetto dell’acquisizione del supporto fisico che reca memoria di una comunicazione già avvenuta (dunque, nel suo momento “statico”); la seconda condizione attiene alle modalità di esecuzione, nel senso che l’apprensione del messaggio comunicativo da parte del terzo deve avvenire in modo occulto, ossia all’insaputa dei soggetti tra i quali la comunicazione intercorre. In generale, il concetto di «corrispondenza» è ampiamente comprensivo, atto ad abbracciare ogni comunicazione di pensiero urnno (idee, propositi, sentimenti, dati, notizie) tra due o più persone determinate, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza; pertanto, lo scambio di messaggi elettronici – e-mail, SNIS, WhatsApp e simili – rappresenta, di per sé, una forma di corrispondenza.
Ne consegue che è legittimo il sequestro probatorio di chat/email/scambi di comunicazioni, già ricevuti o spediti e conservati nei relativi dispositivi informatici in quanto tali comunicazioni, non più in atto, hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., la cui acquisizione non soggiace alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni (Sez. 6, n. 28269 del 28 maggio 2019, Rv. 276227; Sez. 3, n. 29426 del 16/04/2019, Rv. 276358). Proprio il provvedimento di sequestro, invero, interviene per acquisire ex post i dati derivanti da precedenti comunicazioni telematiche, già ampiamente avvenute, così conservati nella memoria fisica dei dispositivi informatici (Sez. 5, n. 1822 dei 21 novembre 2017, Rv. 272319; Sez. 3, n. 928 del 25/11/2015, dep. 2016, Rv 265991)
Nel caso di specie, del resto, i beni sottoposti a sequestro, lungi dal costituire flu . comunicativi in corso, rappresentano comunicazioni statiche, già presenti, nort soggette a procedure dinamiche di acquisizione; dunque il Tribunale – in perfetta conformità con la giurisprudenza di legittimità sul punto (ex multis, Sez. 6, n. 46482 del 27/09/2023, Rv. 285363; Sez. 6, n. 44155 del 26/10/2023, Rv. 285362) – abbia correttamente rilevato (alle pagg. 6 e 7 del provvedimento impugnato) l’infondatezza della censura, avanzata in sede di riesame, in ordine alle lamentata violazione delle norme dettate in materia di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni.
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In conclusione, devono essere annullati senza rinvio, nei confronti dei ricorrenti, le ordinanze del Tribunale in data 8 giugno 2023 e il decreto di sequestro emesso dal pubblico ministero in data 4 maggio 2023. I ricorsi devono essere rigettati in relazione alle ordinanze del 20 giugno 2023.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio le ordinanze in data 8 giugno 2023 emesse nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, nonché, limitatamente ai suddetti ricorrenti, il decreto sequestro emesso dal pubblico ministero presso il Tribunale di Roma in data 4 maggio 2023. Rigetta i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME;COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, in relazione all ordinanze del 20 giugno 2023.
Così deciso il 19/12/2023