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Sequestro probatorio: legittimo un nuovo decreto?

La Corte di Cassazione analizza la legittimità di un secondo decreto di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero dopo che il primo era stato annullato per un co-indagato per carenza di proporzionalità. La Corte annulla l’ordinanza che ha rigettato il ricorso contro il primo decreto, perché il Tribunale del Riesame ha erroneamente fondato la sua decisione sul secondo decreto, violando il principio di correlazione. Tuttavia, respinge il ricorso contro il secondo decreto, chiarendo che non viola il ‘ne bis in idem’ e che l’acquisizione di email e chat salvate è sequestro di documenti, non intercettazione.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio: Legittimo un Nuovo Decreto Dopo l’Annullamento?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11607/2024, offre importanti chiarimenti sulla disciplina del sequestro probatorio informatico. La pronuncia affronta due questioni cruciali: la violazione del principio di correlazione tra impugnazione e decisione nel giudizio di riesame e la legittimità dell’emissione di un nuovo decreto di sequestro dopo un annullamento parziale per genericità.

I Fatti del Caso

Il Pubblico Ministero disponeva un decreto di perquisizione e sequestro nei confronti di una società e di alcuni suoi rappresentanti legali, indagati per reati tributari. Il decreto autorizzava il sequestro di documenti cartacei e di numerosi dispositivi informatici (smartphone, PC, tablet, pen-drive). Uno dei co-indagati otteneva dal Tribunale del Riesame l’annullamento parziale del provvedimento, limitatamente ai dispositivi informatici, per violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza, in quanto il decreto era ritenuto troppo generico.

Successivamente a tale annullamento, il Pubblico Ministero emetteva un secondo decreto “ad integrazione e precisazione”, indicando specifiche “chiavi logiche” di ricerca per perimetrare l’acquisizione dei dati. Nel frattempo, gli altri indagati proponevano ricorso al Riesame avverso il primo decreto. Il Tribunale, tuttavia, rigettava i loro ricorsi basando la propria decisione non sul decreto originario impugnato, ma sulla legittimità del secondo decreto, nel frattempo emesso. Anche questo secondo decreto veniva impugnato e il relativo ricorso veniva ugualmente rigettato.

Le Questioni Giuridiche Affrontate

La vicenda approdava in Cassazione con due distinti gruppi di ricorsi. Il primo gruppo contestava la decisione del Riesame sul decreto originario, lamentando la violazione del principio di correlazione tra il provvedimento impugnato e quello posto a fondamento della decisione. Il secondo gruppo di ricorsi, invece, attaccava la legittimità del secondo decreto “integrativo”, sostenendo che violasse il principio del ne bis in idem e che l’acquisizione di chat ed email dovesse seguire le più stringenti regole delle intercettazioni.

La Decisione della Corte di Cassazione sul sequestro probatorio

La Suprema Corte ha adottato una decisione divisa in due parti, accogliendo il primo gruppo di ricorsi e rigettando il secondo.

* Annullamento dell’ordinanza sul primo decreto: La Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza del Riesame che aveva rigettato l’impugnazione contro il primo decreto. Il Tribunale aveva commesso un errore procedurale fondamentale: aveva giudicato la legittimità di un provvedimento (il primo decreto) basandosi su un atto diverso e successivo (il secondo decreto). Questo ha violato il principio di correlazione tra l’impugnazione e la decisione, secondo cui il giudice deve pronunciarsi esclusivamente sull’atto che gli è stato devoluto.

* Rigetto dei ricorsi contro il secondo decreto: La Corte ha invece ritenuto infondati i ricorsi contro il secondo decreto, confermandone la piena legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione su due pilastri fondamentali. In primo luogo, ha chiarito che il principio del ne bis in idem non osta all’emissione di un nuovo decreto di sequestro probatorio quando il precedente è stato annullato per vizi procedurali sanabili, come la carente indicazione delle modalità di ricerca dei dati. L’annullamento per questi motivi produce un effetto preclusivo limitato (rebus sic stantibus), che non impedisce al PM di emettere un nuovo provvedimento più specifico e rispettoso dei principi di proporzionalità e adeguatezza.

In secondo luogo, la Cassazione ha ribadito la consolidata distinzione tra intercettazioni e sequestro di corrispondenza. L’acquisizione di comunicazioni come email, chat o SMS già ricevute e memorizzate su un dispositivo non costituisce un’intercettazione, la quale presuppone la captazione di un flusso di comunicazioni in corso. I dati già archiviati, invece, hanno natura di documento informatico e possono essere legittimamente acquisiti tramite un sequestro probatorio ai sensi dell’art. 252 c.p.p., senza le complesse garanzie previste per le intercettazioni.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida principi di grande rilevanza pratica per le indagini che coinvolgono prove digitali. Stabilisce che un errore di genericità in un decreto di sequestro informatico può essere “corretto” dal Pubblico Ministero con un nuovo atto più dettagliato. Inoltre, conferma che l’accesso ai dati statici (email e chat salvate) è uno strumento investigativo meno invasivo rispetto alle intercettazioni, rientrando nell’ambito del sequestro probatorio documentale. Infine, riafferma un principio cardine del diritto processuale: il giudice dell’impugnazione deve limitare il suo esame all’atto specifico che gli è stato sottoposto, senza poterlo “sanare” sulla base di atti successivi.

Può un giudice del riesame decidere su un provvedimento (decreto A) basando la sua motivazione su un provvedimento successivo e diverso (decreto B)?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che ciò costituisce una violazione del principio di correlazione tra l’impugnazione e la decisione. Il giudice deve limitare il proprio giudizio all’atto che è stato specificamente impugnato.

Se un decreto di sequestro probatorio viene annullato per genericità, il Pubblico Ministero può emetterne uno nuovo per lo stesso fatto?
Sì. L’annullamento per carente indicazione delle specificazioni necessarie a garantire la proporzionalità (come le chiavi di ricerca) produce un effetto preclusivo ‘rebus sic stantibus’. Ciò significa che il PM può emettere un nuovo decreto che sani tali vizi, indicando in modo puntuale i parametri della ricerca.

L’acquisizione di chat ed email già salvate su un dispositivo elettronico è considerata un’intercettazione?
No. Secondo la Corte, si tratta di un sequestro probatorio di documenti informatici. L’intercettazione riguarda la captazione di un flusso di comunicazioni ‘in fieri’ (in corso), mentre l’acquisizione di dati già memorizzati riguarda documenti esistenti, la cui apprensione segue le regole del sequestro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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