Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19113 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19113 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato a Nocera Terinese il 3 ottobre 1963;
avverso l’ordinanza del 4 dicembre 2024 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME in sostituzione degli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è l’ordinanza con la quale il Tribunale di Roma ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOMEindagato del reato di cui all’art. 2635 cod. civ., per aver versato somme di denaro a NOME COGNOME avente funzioni direttive all’interno della RAGIONE_SOCIALE s.p.a., affinché ponesse in essere atti in violazione degli obblighi di fedeltà), avverso il decreto d
perquisizione e sequestro emesso dal Pubblico Ministero il 21 ottobre 2024, in forza del quale sono stati rinvenuti e sequestrati un PC portatile, uno smartphone, un notebook, una SSD, tre agende, un quaderno, appunti vari e somme di denaro contante (in relazione alle quali l’istanza è stata dichiarata inammissibile in quanto già restituiti ed oggetto di successivi e diversi provvedimenti di sequestro, differenti da quello impugnato).
2. Il ricorso, formulato nell’interesse dell’indagato, si compone di tre motivi d’impugnazione.
Il primo deduce violazione degli artt. 253, 324 e 355 cod. proc. pen. e, in generale, delle prerogative difensive spettanti all’indagato. Il decreto impugnato, sostiene la difesa, sarebbe illegittimo in quanto mancherebbe della necessaria allegazione dell’informativa della polizia giudiziaria (depositata solo il 2 dicembre alle 11 e 22, per l’udienza del 4 dicembre 2024); un atto, espressamente richiamato nel decreto di sequestro, che ne ha integrato il contenuto compendiando le conversazioni intercettate, principale fonte indiziaria a carico del ricorrente. Ne sarebbe derivato, si sostiene, un difetto di motivazione nel provvedimento impugnato e una conseguente lesione delle prerogative dell’indagato, al quale sarebbe stato precluso l’esame e la compiuta valutazione dei fatti costitutivi la prospettazione accusatoria.
Il secondo deduce violazione degli artt. 247, 250, 252 e 253 cod. proc. pen. in ragione dell’omessa indicazione dei criteri di selezione dei dati digitali d acquisire e della conseguente violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza della misura disposta. Nel provvedimento impugnato, sostiene la difesa, l’unico criterio di selezione è il contenuto delle conversazioni e, i particolare il tenore dell’accordo corruttivo, con le connesse violazioni degli obblighi inerenti all’ufficio. Nulla viene detto in ordine ai dati effettivamen necessari per l’accertamento dei fatti, al nesso di pertinenzialità tra i dati acquisi e il reato ipotizzato, alle esigenze probatorie funzionali al mantenimento del vincolo sull’intero contenuto dei dispositivi; così come nulla viene specificato, si continua, in ordine ai criteri di selezione dei dati o alla restituzione delle cop all’avente diritto o, a monte, in ordine ai fatti oggetto d’investigazione, quanto all condotta che avrebbe dovuto avere il ricorrente e al suo oggetto.
Il terzo deduce violazione dell’art. 8 CEDU nella parte in cui il provvedimento non sarebbe stato assistito da quelle specifiche garanzie procedurali poste a tutela dei diritti fondamentali dell’indagato, che la giurisprudenza comunitaria richiede ai fini della valutazione di legittimità del provvedimento ablatorio. Segnatamente: a) la preventiva individuazione dei criteri di selezione dei dati digitali appresi dag originali dei supporti informatici; b) la specificazione dei documenti da ritenersi
effettivamente funzionali all’accertamento dei fatti oggetto di indagine; c) le ragioni idonee a giustificare la mancata restituzione delle copie integrali; d) la predisposizione di un’adeguata organizzazione per la selezione dei dati in tempi ragionevoli; e) la durata del vincolo imposto sui dispositivi; f) le ragioni ch giustificano la mancata estrazione della copia forense, al momento dell’esecuzione del sequestro.
Il 7 aprile 2025, l’avv. NOME COGNOME ha depositato, nell’interesse del ricorrente, una memoria difensiva con la quale anche in replica alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato.
Va premesso che il sequestro (probatorio) è un mezzo di ricerca della prova, finalizzata all’apprensione del corpo del reato o delle cose ad esso pertinenti, in quanto necessari ai fini dell’accertamento del reato per cui si procede.
Il relativo decreto deve contenere, quindi, la specifica indicazione di elementi dai quali possa desumersi: a) il fumus commissi delicti; b) le ragioni per le quali la cosa sequestrata sia ad esso “collegata”, configurandosi come corpo di reato o cosa pertinente al reato; c) la concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo reale.
Non è necessario che sussistano indizi di colpevolezza, in quanto, trattandosi di un mezzo di ricerca della prova, è sufficiente che esistano elementi tali da far configurare l’esistenza di un reato e la sussistenza di una relazione necessaria fra la cosa oggetto del sequestro ed il reato stesso (Sez. 3, n. 19766 del 25/02/2003, Conventi, Rv. 224882).
Sul quantum di motivazione idoneo a far ritenere adempiuto il relativo obbligo, sono stati espressi, nella giurisprudenza di legittimità, divers orientamenti ermeneutici, modulando il contenuto in ragione della progressione processuale e della fase nella quale il provvedimento è disposto e ritenendo ora sufficiente la mera indicazione degli articoli di legge che si assumono violati (Sez. 2, n. 27859 del 30/04/2019, Chianese, Rv. 276727; Sez. 6, n. 28051 del 27/04/2004 COGNOME, Rv. 229595), ora necessaria la descrizione della condotta ipotizzata a carico dell’indagato, la sua riconduzione ad una fattispecie incriminatrice, l’indicazione della natura dei beni da vincolare e la loro relazione con tale ipotesi criminosa (Sez. 6, n. 37639 del 6 13/3/2019, COGNOME, Rv. 277061; Sez. 3, n. 3604 del 16/1/2019, COGNOME, Rv. 275688; Sez. 6, n. 56733 del 12/9/2018, COGNOME, Rv. 274781).
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Immediato corollario di tali principi è che il sequestro probatorio di un dispositivo elettronico che conduca all’indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali relativi criteri, in quanto strumento potenzialmente idoneo a determinare l’acquisizione di dati personali, estranei all’accertamento del reato, deve ritenersi illegittima per violazione del principio proporzionalità ed adeguatezza (Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep. 2021, Rv. 280838) e in conflitto con i principi espressi dalla Corte EDU, con riferimento all’art. 8 della Convenzione, a tutela della vita personale e familiare (Corte EDU, 22/5/2008, NOME COGNOME c. Bulgaria; 02/04/2015, RAGIONE_SOCIALE c. Francia).
Se, però, non può ritenersi di per sé legittima l’indiscriminata acquisizione di tutte le informazioni contenute in un sistema informatico (Sez. 6, n. 24617 del 24/2/2015, COGNOME, Rv. 264092), non possono dirsi vietati né l’estrazione dei dati rilevanti, né il sequestro dai contenuti estesi, ove connotato da ragionevolezza temporale (Sez. 6, n.53168 del 11/11/2016, Rv. 268489), in funzione dell’estrazione selettiva dei dati da acquisire (Sez. 6, n. 4857 del 14/11/2018, dep. 2019, non massimata).
Ciò considerato, il decreto impugnato con la richiesta di riesame è stato emesso al fine di acquisire cose pertinenti all’ipotizzato reato di corruzione tra privati (art. 2635 cod. civ.), secondo l’ipotesi accusatoria commesso dal ricorrente in concorso con NOME COGNOME, dipendente della TIM.
Ebbene, il decreto di sequestro: – delinea l’ipotesi accusatoria formulata nei confronti del ricorrente; – dà atto, seppur sinteticamente, della condotta ipotizzata a carico dell’indagato, della sua riconduzione ad una fattispecie incriminatrice; indica, a tal fine, gli esiti dell’attività tecnica effettuata e la conseguente ipotiz consegna di 50.000 euro al De Rose da parte di NOME COGNOME (dato che, intrinsecamente, dà già conto della pertinenzialità dei dispositivi in sequestro rispetto al fatto di reato ipotizzato); – indica le res che dovranno essere apprese e il conseguente rapporto di pertinenzialità rispetto al reato oggetto di accertamento (dispositivi elettronici che contengano conversazioni, chat, messagistica, email e ogni altra documentazione idonea a fungere da riscontro documentale di quanto emerso dall’attività di captazione, allo scopo di verificare il contenuto dell conversazioni intercettate e, in particolare, il tenore dell’accordo corruttiv ipotizzato); – precisa i criteri di selezione, individuati proprio sulla base de argomenti affrontati dagli interlocutori nella conversazione del 22 febbraio 2024, specificando, tra l’altro, di procedere all’esame delle chat (WhatsApp, Telegram, ecc) attraverso l’inserimento di parole chiave (analiticamente indicate); – invita la polizia giudiziaria ad estrarre copia, preferibilmente, all’atto della stess
perquisizione, precisando, comunque, di effettuarla in tempi celeri e di creare quanto prima una cd. copia fine in cui riversare i soli contenuti rilevanti rispetto
alle indagini in corso.
E in ciò l’infondatezza della censura: non una motivazione per relationem,
ma l’indicazione compiuta degli elementi fondanti il provvedimento: il
fumus e la
relativa fonte conoscitiva, l’oggetto della ricerca e della conseguente apprensione e il nesso di pertinenzialità con il reato ipotizzato (Sez. 2, n. 46130 del
04/10/2023, COGNOME, Rv. 285348). Né, alla luce di quanto considerato e del perimetro di conformazione dell’onere motivazionale imposto per un sequestro
probatorio emesso nella fase delle indagini preliminari, la difesa ha specificato in che termini l’esatta indicazione delle conversazioni richiamate nell’informativa (e
la relativa conoscenza) abbiano potuto incidere sulla compiutezza del tessuto motivazionale e sul conseguente esercizio del diritto di difesa.
Delineati i termini di un compiuto impianto motivazionale e dato atto della coerenza del provvedimento impugnato rispetto ai principi in precedenza espressi,
le ulteriori circostanze invocate dalla difesa (il concreto rispetto del termine d estrazione della copia e le modalità con cui è stato materialmente disposto il
sequestro dell’account di posta elettronica aziendale dell’indagato o il back-up dei documenti memorizzati sul cloud aziendale) rappresentano questioni afferenti solo alla successiva esecuzione, laddove oggetto di riesame non è l’esecuzione del sequestro probatorio, ma il decreto del Pubblico Ministero che lo dispone (Sez. 3, n. 20912 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 270126).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 aprile 2025
Il Cs sigliere estensore
Il Presidente