LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro probatorio: la motivazione è essenziale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero, confermando l’annullamento di un sequestro probatorio di un telefono cellulare. La sentenza stabilisce che il decreto di sequestro deve contenere una descrizione adeguata dei fatti contestati e non può essere integrato dal Tribunale del riesame. Una motivazione carente viola le prerogative dell’indagato e rende il provvedimento nullo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio: La Cassazione Ribadisce la Necessità di una Motivazione Chiara e Completa

Con la recente sentenza n. 18595/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui requisiti di legittimità del sequestro probatorio, un tema cruciale che interseca le esigenze investigative con la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. La pronuncia conferma un principio cardine: il decreto che dispone il sequestro deve essere motivato in modo autosufficiente, senza che eventuali carenze possano essere sanate dall’intervento del Tribunale del riesame.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine per reati di corruzione e turbativa d’asta a carico di un funzionario di un’amministrazione comunale e altri soggetti. L’indagine era scaturita dalla denuncia di un cittadino che segnalava un presunto sistema illecito volto a favorire imprenditori e costruttori locali. Nell’ambito di questa attività investigativa, il Pubblico Ministero emetteva un decreto di sequestro probatorio avente ad oggetto il telefono cellulare in uso all’indagato.

Contro tale provvedimento, la difesa proponeva istanza di riesame. Il Tribunale del riesame di Bari accoglieva il ricorso, annullando il sequestro. Le ragioni della decisione si fondavano su tre punti principali:
1. Il decreto di sequestro era generico, limitandosi a indicare le norme di legge violate senza una descrizione chiara dei fatti contestati.
2. Non sussisteva un adeguato fumus commissi delicti, ovvero gli elementi presentati non erano sufficienti a rendere plausibile la commissione dei reati ipotizzati.
3. Il sequestro era sproporzionato, in quanto non indicava alcun criterio selettivo per l’estrazione dei dati dal dispositivo elettronico.

La Posizione del Pubblico Ministero e il ricorso in Cassazione

Il Pubblico Ministero decideva di impugnare l’ordinanza del Tribunale del riesame, proponendo ricorso per Cassazione basato su tre motivi. In primo luogo, sosteneva che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, il decreto di sequestro conteneva una descrizione articolata dei fatti. In secondo luogo, accusava il Tribunale di aver ecceduto i propri poteri, compiendo una valutazione di merito sulla fondatezza dell’accusa anziché limitarsi a una verifica del fumus. Infine, contestava la presunta violazione del principio di proporzionalità come un’affermazione priva di qualsiasi motivazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile, confermando integralmente la decisione del Tribunale del riesame. Le motivazioni della Suprema Corte sono di fondamentale importanza per delineare i confini del potere di sequestro.

Anzitutto, i giudici hanno ribadito che il decreto di sequestro probatorio deve essere un provvedimento ‘autosufficiente’. L’indagato ha il diritto di conoscere fin da subito gli estremi del fatto contestato e le finalità specifiche del sequestro. Non è ammissibile che un decreto carente di motivazione venga ‘integrato’ successivamente dal Tribunale del riesame esaminando atti di indagine non noti all’indagato. Un’operazione del genere, afferma la Corte, sarebbe invasiva della prerogativa esclusiva del Pubblico Ministero e finirebbe per sanare una nullità radicale del provvedimento originario.

In merito al secondo motivo di ricorso, la Cassazione ha chiarito che il Tribunale del riesame non ha sconfinato in un giudizio di merito. La sua valutazione si è correttamente limitata a verificare la congruità degli elementi rappresentati rispetto alle ipotesi di reato prospettate. Valutare il fumus commissi delicti significa proprio verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato e l’idoneità degli elementi a giustificare ulteriori indagini. Si tratta di un controllo di legittimità e logicità, non di una decisione sulla colpevolezza.

La Corte ha inoltre sottolineato come qualsiasi provvedimento che incide su libertà fondamentali e diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto di proprietà (art. 42 Cost. e art. 1 Protocollo addizionale CEDU), debba essere sorretto da una motivazione idonea e specifica. Una motivazione assente o meramente apparente costituisce una violazione di legge che giustifica l’annullamento dell’atto.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio garantista fondamentale nel procedimento penale: il potere investigativo non può essere esercitato in modo arbitrario o generico. Il sequestro probatorio, specialmente quando ha ad oggetto dispositivi come gli smartphone che contengono l’intera vita digitale di una persona, deve essere ancorato a una motivazione precisa, chiara e completa fin dall’origine. Il provvedimento del Pubblico Ministero deve consentire all’indagato di comprendere appieno le ragioni della misura e di esercitare efficacemente il proprio diritto di difesa. Le carenze motivazionali non sono semplici vizi formali, ma ledono la sostanza dei diritti e, come chiarito dalla Cassazione, non possono essere sanate a posteriori.

Quali sono i requisiti essenziali di un decreto di sequestro probatorio?
Secondo la Corte, il decreto deve essere ‘autosufficiente’, ovvero deve contenere una descrizione chiara dei fatti contestati e delle finalità specifiche del sequestro. La semplice indicazione delle norme violate non è sufficiente.

Il Tribunale del riesame può ‘correggere’ un decreto di sequestro privo di motivazione?
No. La Corte ha stabilito che un’operazione di integrazione da parte del Tribunale del riesame, che esamini gli atti di indagine per colmare le lacune del decreto, è illegittima. Tale operazione invaderebbe la prerogativa del Pubblico Ministero e sanerebbe una radicale carenza di motivazione che invece deve portare all’annullamento del provvedimento.

Qual è il limite della valutazione del Tribunale del riesame in materia di sequestro?
Il Tribunale del riesame deve verificare la sussistenza del cosiddetto ‘fumus commissi delicti’, ovvero l’astratta configurabilità del reato ipotizzato. Deve valutare se gli elementi a disposizione rendono plausibile il reato e utile il sequestro per le indagini, senza però spingersi a un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, che è riservato alla fase processuale successiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati