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Sequestro probatorio informatico: limiti e motivazione

Un individuo indagato per traffico di stupefacenti contesta il sequestro dei suoi dispositivi informatici. La Corte di Cassazione annulla il provvedimento, non perché infondato, ma perché il decreto di sequestro probatorio informatico mancava di specifici criteri selettivi e di una adeguata motivazione sulla necessità di un’acquisizione massiva dei dati, risultando così sproporzionato e lesivo dei diritti dell’indagato. La sentenza ribadisce l’obbligo per il Pubblico Ministero di perimetrare l’oggetto della ricerca o di giustificare l’apprensione totale dei dati.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio Informatico: la Cassazione fissa i paletti contro le “pesche a strascico”

Nell’era digitale, il sequestro probatorio informatico è diventato uno strumento investigativo cruciale. Smartphone, computer e tablet contengono una mole immensa di dati personali che possono rivelarsi decisivi per le indagini. Tuttavia, questa enorme capacità di archiviazione pone seri problemi in termini di bilanciamento tra esigenze investigative e tutela dei diritti fondamentali, come la privacy e la riservatezza delle comunicazioni. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 37217/2025) interviene proprio su questo delicato equilibrio, ribadendo la necessità di una motivazione rigorosa e di criteri selettivi per evitare che il sequestro si trasformi in una perquisizione digitale indiscriminata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’indagine per partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Nel corso delle investigazioni, il Pubblico Ministero disponeva il sequestro probatorio dei dispositivi informatici (smartphone, computer, etc.) trovati in possesso di uno degli indagati. L’interessato, tramite il suo difensore, impugnava il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, che tuttavia confermava la legittimità del sequestro. Contro tale decisione, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di diverse norme procedurali e sollevando questioni di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea.

L’Analisi della Corte sul sequestro probatorio informatico

Il ricorrente lamentava principalmente due aspetti: la natura meramente esplorativa del sequestro, volto a cercare prove di reati non ancora individuati, e la sua sproporzione. Il sequestro, infatti, aveva riguardato in modo indiscriminato tutto il materiale informatico presente sui dispositivi, senza che il Pubblico Ministero indicasse criteri selettivi, un arco temporale di riferimento o le ragioni che rendessero necessaria un’acquisizione così massiva e onnicomprensiva.

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha ritenuto infondato il primo motivo. Poiché l’indagine riguardava un reato associativo, l’analisi delle interazioni personali, della loro frequenza e delle circostanze poteva essere rilevante, anche se coinvolgeva persone non indagate. Su questo punto, il decreto del PM era stato ritenuto sufficientemente motivato.

Tuttavia, la Corte ha accolto pienamente la seconda doglianza, quella relativa alla violazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità e stretta necessità.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha richiamato un principio ormai consolidato e definito come ius receptum (diritto recepito) nella sua giurisprudenza: quando si dispone il sequestro probatorio informatico, il decreto del Pubblico Ministero deve essere motivato in modo da permettere un controllo sulla proporzionalità della misura.

Questo significa che il PM ha due strade:
1. Indicare criteri selettivi: Deve specificare le informazioni che intende cercare, i criteri di selezione (ad esempio, parole chiave, contatti specifici, tipologia di file), l’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse e i tempi previsti per l’analisi e la restituzione dei dati non rilevanti.
2. Giustificare il sequestro massivo: In alternativa, se ritiene necessario acquisire l’intero contenuto del dispositivo, deve illustrare in modo dettagliato le ragioni per cui un sequestro esteso e onnicomprensivo è indispensabile per le indagini.

Nel caso di specie, il decreto del Pubblico Ministero, pur richiamando in astratto tali principi, non li aveva applicati concretamente. Mancava qualsiasi indicazione di un criterio selettivo (soggetti, arco temporale, tipo di comunicazioni) o del tempo necessario per la selezione. Di conseguenza, anche la motivazione del Tribunale del Riesame, che si era limitato a ritenere adeguato il decreto del PM, è stata giudicata insufficiente.

Conclusioni: L’Impatto sulla Prassi Investigativa

La decisione della Cassazione rappresenta un’importante affermazione a tutela dei diritti dell’individuo nell’ambito delle indagini digitali. Il messaggio è chiaro: il sequestro probatorio informatico non può risolversi in una “pesca a strascico” alla ricerca di qualsiasi elemento potenzialmente utile. Le esigenze investigative devono essere bilanciate con il diritto alla riservatezza. L’autorità giudiziaria ha l’onere di motivare puntualmente la necessità e la proporzionalità della misura, definendo in anticipo l’ambito della ricerca o spiegando perché una ricerca indiscriminata sia l’unica via percorribile. L’annullamento con rinvio al Tribunale di Trento impone una nuova valutazione che tenga conto di questi principi inderogabili, rafforzando le garanzie difensive nel processo penale moderno.

Un sequestro informatico può riguardare tutti i dati contenuti in un dispositivo come uno smartphone o un computer?
Sì, ma solo a condizione che il Pubblico Ministero fornisca nel suo decreto una motivazione specifica e dettagliata che giustifichi la necessità di un’acquisizione massiva e onnicomprensiva dei dati, spiegando perché non sia possibile procedere con criteri selettivi.

Cosa deve obbligatoriamente indicare un decreto di sequestro probatorio informatico per essere considerato legittimo?
Il decreto deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso oppure, in alternativa, deve indicare le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale (ad es. per lasso temporale, soggetti, parole chiave), e i tempi previsti per completare la selezione e restituire i dati non pertinenti.

Se il decreto del Pubblico Ministero è generico, il Tribunale del Riesame può convalidarlo?
No, una motivazione del Tribunale del Riesame che si limita a richiamare e a ritenere adeguata quella generica del decreto del PM non è sufficiente. L’ordinanza che conferma un sequestro immotivato deve essere annullata, poiché il controllo giurisdizionale deve essere effettivo e non meramente formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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