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Sequestro probatorio informatico: limiti e garanzie

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando l’annullamento di un sequestro probatorio informatico. La Corte ha stabilito che il sequestro di copie forensi di dispositivi elettronici, già oggetto di un precedente sequestro poi annullato, era illegittimo perché violava i principi di proporzionalità e pertinenza. È stata criticata la mancanza di un’adeguata motivazione sulla necessità della misura e l’assenza di criteri di selezione dei dati e di una tempistica definita, configurando il sequestro come una misura esplorativa e un sacrificio eccessivo dei diritti dell’indagato.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio Informatico: la Cassazione Fissa i Paletti

Il sequestro probatorio informatico rappresenta uno degli strumenti investigativi più potenti e, al contempo, più invasivi a disposizione dell’autorità giudiziaria. Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui limiti invalicabili di tale misura, riaffermando con forza i principi di proporzionalità, adeguatezza e pertinenza a tutela dei diritti fondamentali del cittadino nell’era digitale.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale trae origine da un procedimento penale in cui un soggetto era indagato per reati quali concorso in corruzione e accesso abusivo a sistemi informatici. In una prima fase, l’autorità giudiziaria aveva disposto il sequestro di un telefono e di un computer appartenenti all’indagato. Tale sequestro, tuttavia, era stato annullato senza rinvio dalla stessa Corte di Cassazione per l’impossibilità di stabilire un nesso di pertinenza tra il materiale sequestrato e i reati ipotizzati.

Successivamente, il Pubblico Ministero emetteva un nuovo decreto di sequestro, questa volta avente ad oggetto le copie forensi dei dati contenuti nei dispositivi elettronici che stavano per essere formalmente restituiti. Anche questo secondo provvedimento veniva impugnato e il Tribunale del riesame, in sede di rinvio dalla Cassazione, lo annullava. Contro questa decisione, il Pubblico Ministero proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo la legittimità del proprio operato.

La Decisione della Corte sul Sequestro Probatorio Informatico

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando l’annullamento del secondo decreto di sequestro. La Corte ha ritenuto che il provvedimento impugnato fosse carente sotto plurimi profili, violando i principi di diritto già enunciati in precedenza dalla giurisprudenza di legittimità.

Il fulcro della decisione risiede nella constatazione che il sequestro era stato disposto in maniera indiscriminata, senza una preventiva selezione dei dati e senza l’indicazione di criteri specifici per la ricerca delle prove. Questo approccio, secondo la Corte, trasforma uno strumento di ricerca della prova in una misura meramente esplorativa, sproporzionata e lesiva dei diritti dell’indagato.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha sviluppato la propria argomentazione lungo diverse direttrici fondamentali. In primo luogo, ha ribadito che il principio di proporzionalità impone che il vincolo del sequestro sia commisurato fin dall’origine alle effettive esigenze probatorie. Non è ammissibile l’apprensione di un’intera ‘massa di dati informatici’ senza definire in anticipo cosa si cerca e come lo si cerca.

In secondo luogo, la motivazione del sequestro non può essere ‘progressiva’ o ‘postuma’, cioè non può essere integrata successivamente con gli esiti dell’analisi. Le ragioni che giustificano una misura così invasiva devono esistere e essere esplicitate al momento dell’emissione del decreto. Nel caso di specie, il PM non aveva fornito un’adeguata organizzazione e una tempistica prevedibile per la selezione dei dati pertinenti, lasciando l’indagato in una situazione di incertezza e subendo un sacrificio eccessivo del suo diritto alla riservatezza.

La Corte ha inoltre sottolineato come, a distanza di mesi dal sequestro, non fosse ancora chiaro il quadro di quanto era stato effettivamente raccolto e isolato dal resto della copia forense. Questa indeterminatezza, unita al fatto che parte del materiale da restituire era ancora trattenuto, ha portato i giudici a rilevare un ‘fumus di incompletezza’ delle operazioni, confermando la correttezza della decisione del Tribunale del riesame di annullare il provvedimento.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per le autorità inquirenti. Il sequestro probatorio informatico non può essere una ‘pesca a strascico’ nel mare magnum dei dati personali di un individuo. È necessario che l’autorità giudiziaria definisca con precisione l’oggetto della ricerca, i criteri di selezione e la durata delle operazioni. Il rispetto del principio di proporzionalità richiede una motivazione specifica e puntuale che bilanci le esigenze investigative con il diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali. Questa pronuncia consolida un orientamento garantista volto a prevenire abusi e a circoscrivere l’uso di poteri investigativi così pervasivi, assicurando che la ricerca della prova non si traduca in una violazione ingiustificata delle libertà fondamentali.

È legittimo sequestrare indiscriminatamente tutti i dati contenuti in un dispositivo elettronico?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che viola il principio di proporzionalità e adeguatezza il sequestro a fini probatori che conduca, in difetto di specifiche ragioni, alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e senza l’indicazione dei criteri di selezione.

Cosa deve specificare un decreto di sequestro probatorio informatico per essere valido?
Il decreto deve indicare i dati da ricercare, i criteri per effettuare la ricerca, l’ambito temporale della selezione e le ragioni per cui si ricorre a tale mezzo di ricerca della prova. Deve inoltre prevedere una tempistica definita per la selezione e la restituzione dei dati non pertinenti.

È possibile giustificare un sequestro informatico in un secondo momento, sulla base dei risultati dell’analisi?
No, la motivazione del sequestro non può essere ‘postuma’ o ‘progressiva’. Le ragioni che giustificano la misura devono essere presenti e chiaramente esplicitate al momento dell’emissione del decreto, non possono essere integrate successivamente con i risultati delle indagini svolte sul materiale sequestrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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