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Sequestro probatorio informatico: limiti e garanzie

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro probatorio informatico su cellulari e account email di un avvocato indagato per corruzione. La Corte ha stabilito che il sequestro era sproporzionato e onnicomprensivo, mancando di criteri specifici per la selezione dei dati pertinenti e di una perimetrazione temporale, violando così i principi di adeguatezza e proporzionalità.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio Informatico: la Cassazione Fissa i Paletti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1280 del 2025, ha tracciato una linea netta sui limiti del sequestro probatorio informatico, specialmente quando riguarda dispositivi come smartphone e account email appartenenti a professionisti. La decisione annulla un sequestro indiscriminato, riaffermando con forza i principi di proporzionalità e adeguatezza come baluardi contro indagini esplorative che rischiano di ledere diritti fondamentali.

I Fatti del Caso

Un avvocato, indagato per concorso in corruzione, si è visto sottoporre a un decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla Procura della Repubblica. L’atto investigativo ha colpito diversi beni nella sua disponibilità, tra cui due telefoni cellulari, documenti cartacei, due agende e, soprattutto, la copia forense di svariati account di posta elettronica rinvenuti presso il suo studio professionale.

La difesa del professionista ha immediatamente impugnato il provvedimento dinanzi al Tribunale del Riesame, lamentando la genericità e la sproporzione del sequestro, ma il ricorso è stato rigettato. La vicenda è quindi approdata dinanzi alla Corte di Cassazione, che è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di un sequestro così vasto e onnicomprensivo.

Il Sequestro Probatorio Informatico secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto le ragioni del ricorrente, focalizzandosi sul secondo motivo di ricorso: la violazione del principio di proporzionalità. Secondo i giudici, il sequestro di interi dispositivi informatici o di copie integrali di account email non può essere disposto in maniera indiscriminata. Un sequestro probatorio informatico di tale portata è legittimo solo a condizioni ben precise.

Il Principio di Proporzionalità

La sentenza ribadisce che i principi di “adeguatezza”, “proporzionalità” e “gradualità”, tipici delle misure cautelari personali, devono applicarsi anche alle misure reali come il sequestro. Questo significa che la compressione del diritto di proprietà e della privacy deve essere strettamente necessaria al fine di accertare i fatti.

Un sequestro che si estende all’intera mole di dati contenuti in uno smartphone o in un server di posta, senza alcuna previa selezione o indicazione di criteri per la stessa, si trasforma in una misura meramente esplorativa, vietata dal nostro ordinamento. Il Pubblico Ministero non può limitarsi ad acquisire tutto per poi decidere cosa sia rilevante.

Le Garanzie per i Professionisti

Il fatto che l’indagato fosse un avvocato e che il sequestro sia avvenuto nel suo studio ha reso ancora più stringente la necessità di delimitare l’oggetto del provvedimento. Sebbene le specifiche garanzie dell’art. 103 c.p.p. non si applichino pienamente quando il difensore è egli stesso indagato, la Corte sottolinea che l’ampiezza del sequestro rischiava di coinvolgere dati e comunicazioni afferenti a clienti terzi, estranei al procedimento. Ciò imponeva una motivazione ancora più rigorosa e una perimetrazione chiara dell’attività di apprensione dei dati.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione sulla palese inadeguatezza della motivazione del provvedimento di sequestro. Il Tribunale del Riesame aveva giustificato l’approccio onnicomprensivo con la complessità delle indagini e l’impossibilità di selezionare ex ante i dati rilevanti. Per la Suprema Corte, questa argomentazione non è sufficiente.

Il Pubblico Ministero, nel disporre il sequestro, ha l’onere di esplicitare:
1. Le ragioni per cui è necessario un sequestro esteso o, in alternativa, le specifiche informazioni ricercate.
2. I criteri di selezione del materiale informatico (ad esempio, parole chiave, archi temporali pertinenti, specifici mittenti/destinatari).
3. I tempi entro cui la selezione verrà completata, con la conseguente restituzione dei dati non rilevanti.

L’assenza di questi elementi trasforma il sequestro da atto di indagine mirato a strumento di ricerca indiscriminata, con un sacrificio sproporzionato dei diritti dell’interessato. La Corte ha chiarito che non si può delegare alla polizia giudiziaria, in fase esecutiva, il compito di definire i contorni di un provvedimento che deve nascere già delimitato.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento in materia di investigazioni digitali. Essa stabilisce che la necessità di acquisire prove non può giustificare una compressione illimitata della privacy e del diritto alla riservatezza. Il sequestro probatorio informatico deve essere un bisturi, non una rete a strascico. Per gli operatori del diritto, questa decisione rafforza la necessità di motivare in modo puntuale e dettagliato i provvedimenti cautelari reali, specialmente nell’era digitale, dove i nostri dispositivi contengono l’intera nostra vita. Per i cittadini e i professionisti, rappresenta una garanzia fondamentale contro intrusioni eccessive da parte dello Stato.

È legittimo un sequestro che riguarda l’intero contenuto di uno smartphone o di un account email?
No, di regola non è legittimo. Un sequestro così esteso, definito onnicomprensivo, è ammesso solo se il Pubblico Ministero fornisce una motivazione specifica che giustifichi l’impossibilità di una selezione preventiva dei dati. In assenza di ciò, il sequestro deve essere mirato e proporzionato.

Quali criteri deve seguire il Pubblico Ministero per disporre un sequestro probatorio informatico?
Il decreto di sequestro deve indicare esplicitamente le ragioni della sua estensione, i criteri che guideranno la selezione dei dati pertinenti (es. parole chiave, arco temporale) e deve stabilire un termine per completare la selezione e restituire le copie dei dati non rilevanti.

Le garanzie previste per gli avvocati si applicano anche quando l’avvocato è l’indagato?
Le tutele specifiche dell’art. 103 c.p.p. non operano quando il difensore è indagato. Tuttavia, la Corte ha precisato che la sua qualifica professionale impone una delimitazione ancora più rigorosa del sequestro, per evitare di acquisire dati relativi ad altri clienti estranei all’indagine, tutelando così indirettamente il segreto professionale di terzi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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