Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13864 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13864 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 24/02/2002
avverso l’ordinanza del 05/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo nel ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicato in epigrafe, il Tribunale di Firenze rigettava il riesame del difensore del ricorrente avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero il 4/10/2024, avente ad oggetto un machete con lama in acciaio di cm 35, manico in legno di lunghezza di 13,50 cm, e lunghezza complessiva di cm 48,5 ed il suo fodero, sequestrato a Chetouany Iliasse ad iniziativa delle forze dell’ordine.
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Contro l’anzidetta ordinanza, NOME COGNOME propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidato ad un unico motivo, di seguito sintetizzato ai sensi dell’art.173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 D ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione di legge e vizi motivazionali, ai sensi dell’ad 606 lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt.352, comma 4, e 125, comma 3, cod. proc. pen., deducendo che il decreto del pubblico ministero di convalida del sequestro probatorio, operato d’urgenza dalla polizia giudiziaria, si limita ad attestare la legittimità dell’atto di P.G. sen fornire elementi da cui inferire una valutazione critica ai fini della specifica esigenza probatoria, e che l’ordinanza del Tribunale in sede di riesame avrebbe illegittimamente integrato la carenza del provvedimento genetico in quanto prerogativa del Pubblico Ministero.
Il difensore ha depositato memoria di replica reiterando le deduzioni contenute nel ricorso e chiede annullarsi l’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
In proposito è necessario ricordare il consolidato insegnamento di questa Corte per cui il decreto di sequestro probatorio deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine alla sussistenza di una relazione qualificata tra la res sequestrata e il reato oggetto di indagine, nonché dell’inerenza o pertinenzialità della stessa all’accertamento del medesimo (ex multis Sez. 6, n. 5930 del 31 gennaio 2012, COGNOME, Rv. 252423; Sez. 2, n. 23212 del 9 aprile 2014, P.M. in proc. Kasse, Rv. 259579). Ed infatti, l’onere motivazionale assegnato al pubblico ministero dall’art. 253 cod. proc. pen. investe prima di tutto l’identificazione della relazione che le cose sequestrate presentano con il reato, la cui sussistenza, nelle forme tipizzate dalla norma, costituisce presupposto legittimante l’apposizione del vincolo reale, ed in secondo luogo l’individuazione della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti, senza specifiche differenziazioni tra corpo del reato e cose pertinenti al reato (Sez. Un., n. 5876 del 28 gennaio 2004, COGNOME, Rv. 226713, Rv. 226711; Sez. Un. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548).
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La motivazione deve «coprire» la sussistenza del funnus commissi delicti, da intendersi (Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, Macis, Rv. 274781 – 01) come astratta configurabilità del reato ipotizzato in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non certo nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato in modo da chiarire la ragione per cui è utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria (Sez. U., n. 23 del 20/11/1996, Bassi, Rv. 206657; tra le tante, Sez. 5, n. 13594 del 22/02/2015, COGNOME, Rv. 262898), non essendo sufficiente una mera prospettazione «esplorativa» di indagine rispetto ad una notizia di reato. Come rilevato da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 50324 del 30/11/2023, Rv. 285591 – 01), il provvedimento di sequestro probatorio, così come la sua convalida, in quanto «mezzo di ricerca della prova» dei fatti costituenti reato, non può – per la sua intrinseca natura – motivare sulla esistenza della «prova» del nesso di pertinenza delle cose oggetto del vincolo reale con il reato, ma solo sul «fumus» di esso, cioè sulla mera possibilità del rapporto di esse con il reato (Sez. 3, n. 11498 dell’11/02/2015, Cerolini, n.nn.). In altri termini, ai fini della legittimità del vinc è sufficiente la semplice possibilità, purché non astratta ed avulsa dalle caratteristiche del caso concreto, della configurabilità di un rapporto di queste con il reato.
Ai fini del sequestro di cui trattasi, quindi, non è necessario che il fatto noto sia accertato, ma è sufficiente che risulti «ragionevolmente probabile» in base a specifici elementi (Sez. 3, n. 13641 del 12/02/2002, COGNOME, Rv. 221275 – 01, non massimata sul punto).
Peraltro, le condizioni alle quali può ritenersi assolto tale onere motivazionale non possono che variare in ragione del fatto in concreto ipotizzato e del tipo di illecito a cui concretamente viene ricondotto, nonché della natura del bene che si intende sequestrare. In tal senso la qualifica di quest’ultimo come cosa pertinente al reato e la stessa esigenza probatoria sottesa al sequestro possono risultare in re ipsa o anche solo dalla sommaria enunciazione del fatto oggetto di investigazione. È dunque compito del pubblico ministero procedente modulare la specificità dell’apparato giustificativo del provvedimento di sequestro in relazione alle effettive peculiarità del caso concreto.
Spetta invece al Tribunale, investito dell’istanza di riesame, verificare la effettività e completezza della motivazione del provvedimento impugnato alla luce dei ricordati principi, senza peraltro che gli sia attribuito il potere di integra autonomamente, giacché il suo difetto è vizio genetico dello stesso che ne
comporta l’originaria nullità (in tal senso le Sezioni Unite COGNOME citate in precedenza e da ultima ed ex rnultis Sez. 3, n. 37187 del 6 maggio 2014, COGNOME
e altri, Rv. 260241; Sez. 5, Sentenza n. 13917 del 23/03/2015, Rv. 263272 – 01).
3. Tanto premesso, il motivo di ricorso deve ritenersi infondato, giacché il decreto di convalida del pubblico ministero richiama il verbale di sequestro operato
dalla p.g., ritenendolo legittimo. In tal senso, l’evocazione, nel suddetto decreto, della cosa pertinente al reato di minaccia aggravata dall’uso dell’arma,
richiamando la condotta di minaccia nei confronti dell’addetto alla vigilanza del supermercato Esselunga, è chiaramente riferita al machete.
Il Tribunale ha correttamente interpretato il senso complessivo del provvedimento giudicato, ricavato dall’atto di p.g. e da tutti gli allegati cui
pubblico ministero rinvia, e non ha ecceduto dai suoi poteri nell’enucleare, ai fini dell’accertamento dei fatti, la effettiva natura di cosa pertinente al reato del bene
sequestrato in relazione al reato di minaccia aggravata dall’uso dell’arma.
Nulla muta la memoria di replica del difensore.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 28/01/2025.