Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34323 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34323 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo
avverso l’ordinanza emessa in data 0 3/04/2025 dal Tribunale di Bergamo, sezione del riesame visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610, commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate in data 05/09/2025 dal Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio al Tribunale di Bergamo del provvedimento impugnato;
lette le memorie scritte depositate in data 09/09/2025 e 19/09/2025 dall’AVV_NOTAIO, difensore di NOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto per motivi non deducibili in sede di legittimità o, comunque, il rigetto dello stesso evidenziando che il cellulare
sequestrato a NOME è stato restituito, ma non le copie forensi dello stesso eseguite dal Pubblico Ministero.
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ordinanza impugnata il Tribunale di Bergamo ha annullato il decreto di perquisizione e contestuale sequestro del telefono cellulare nella disponibilità di NOME COGNOME emesso dal Pubblico Ministero nell’ambito del procedimento n. 520/2025 R.G.N.R. iscritto a carico di ignoti per il delitto di tentata estorsione, disponendo la restituzione allo stesso COGNOME del l’apparecchio e della copia forense eventualmente già estratta dei relativi dati in esso contenuti.
Il Collegio dava atto che l’iscrizione di tale procedimento era scaturita da una querela (e successiva integrazione) sporta da NOME COGNOME la quale aveva denunciato di avere ricevuto una missiva di contenuto minaccioso e che anche la propria madre era stata, a sua volta, destinataria di uno scritto di natura diffamatoria, evidenziando come tali lettere erano probabilmente riconducibili ad iniziative non gradite da lei assunte nei confronti di alcuni lavoratori (NOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME) della RAGIONE_SOCIALE di Azzano San Paolo della quale era dipendente con mansioni di responsabile del personale.
Il Tribunale dava altresì atto che, alla luce di tale denuncia, il Pubblico Ministero, in data 24/02/2025, aveva emesso un decreto di perquisizione e sequestro per la ricerca presso l’abitazione del telefono cellulare di NOME COGNOME, oltre che di quelli in uso a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e della stessa querelante; che tale provvedimento era stato giustificato con la necessità di analizzar li ‘in quanto fondamentali per il prosieguo delle indagini dovendosi verificar e eventuali… intercorse tra loro’; che il decreto era stato eseguito in data 07/03/2025 e che il successivo 17/03/2025 il Pubblico Ministero aveva conferito ad un consulente informatico incarico per l’estrazione della copia forense dei supporti informatici sequestrati, previo avviso del compimento di accertamenti tecnici non ripetibili.
Tanto premesso, il giudice del riesame annullava il decreto in questione per difetto di motivazione sia in ordine alla sussistenza del necessario vincolo di pertinenzialità tra il dispositivo sequestrato e l’ ipotizzato reato di tentata estorsione, sia in ordine alla concreta ed effettiva necessità di apprensione del telefono e della totalità dei dati informatici in esso contenuti; in particolare, secondo il Collegio della cautela, il provvedimento non chiariva se l’apparecchio oggetto di sequestro costituisse corpo di reato ovvero cosa pertinente al reato, né il relativo nesso di derivazione.
Il Tribunale riteneva altresì che il decreto in questione violava il principio di proporzionalità disposto tout court sull’apparecchio telefonico, poiché non esplicitava le ragioni che imponevano la necessità di estenderlo, in modo omnicomprensivo, a tutti i dati informatici in esso presenti, né indicava i criteri di selezione degli stessi e il perimetro temporale dei dati di interesse, così finendo per assumere una connotazione meramente esplorativa.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Rileva in primo luogo il ricorrente che, diversamente da quanto affermato dal Tribunale del riesame, il decreto di sequestro, seppure sinteticamente, indicava le ragioni per le quali era necessaria l’apprensione del telefono cellulare in uso a NOME e di quelli nella disponibilità degli ulteriori soggetti menzionati e cioè la necessità di acquisire le eventuali comunicazioni avvenute tra loro e con la denunciante.
Osserva altresì, sotto il profilo della proporzionalità, che la doverosa attività di selezione e perimetrazione temporale del materiale informatico archiviato nel dispositivo, con restituzione dei dati non rilevanti può essere effettuata solo ed esclusivamente nella fase esecutiva del sequestro, alla presenza delle parti e dei consulenti eventualmente nominati, con la conseguenza che al momento delle operazioni di perquisizione e sequestro, la polizia giudiziaria deve limitarsi alla apprensione materiale del dispositivo, quale contenitore di dati in cui sono presenti dati necessari per il prosieguo delle indagini, in quanto l’estrazione immediata degli stessi comporterebbe una indebita manipolazione di quanto contenuto nel supporto; la finalità di tale apprensione è dunque quella di una successiva analisi, volta ad individuare ed estrarre gli elementi di rilievo investigativo effettuabile mediante copia forense dei soli dati indicati nel decreto e precisati nel contraddittorio delle parti che hanno facoltà di assistere alle operazione delle quali è dato a loro avviso.
Nel caso di specie, immediatamente dopo l’esecuzione del sequestro, è stata eseguita tale procedura nelle forme di cui all’art. 360 cod. proc. pen. e la decisione del Tribunale del riesame è intervenuta quando i telefoni cellulari sottoposti a vincolo erano già stati restituiti.
Osserva, infine, il ricorrente, che la giurisprudenza ha chiarito che, nel caso di restituzione del supporto sequestrato, permane comunque un interesse alla impugnazione del provvedimento ablativo per la verifica della sussistenza del presupposti applicativi, che, tuttavia deve essere concreto, attuale ed oggettivamente valutabile sulla base di elementi univocamente dimostrativi della
lesione di interessi primari derivati dalla indisponibilità delle informazioni contenute nel dispositivo.
Il Tribunale del riesame, in assenza di alcuna allegazione in tal senso offerta da RAGIONE_SOCIALE, ha di fatto presunto tale interesse senza effettuare alcuna verifica neppure sulle modalità con le quali si è proceduto alla acquisizione dei soli dati necessari per la prosecuzione delle indagini.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Diversamente da quanto sostenuto dal difensore, il ricorso è ammissibile in quanto il profilo di doglianza in punto di violazione di legge rientra nel perimetro che l’art. 325 cod. proc. pen. delinea in ordine alla natura del vizio deducibile in sede di legittimità avverso i provvedimenti in materia di cautela reale.
2. Il ricorso, tuttavia, non è fondato.
Preliminarmente deve osservarsi che in capo a NOME NOME sussisteva un interesse concreto e attuale a proporre riesame avverso il decreto di perquisizione e sequestro del telefono cellulare emesso anche nei suoi confronti.
In caso di sequestro probatorio di un telefono cellulare contenente dati informatici e pur già restituito all’avente diritto, previa estrazione di “copia forense”, sussiste di per sé l’interesse di questi a proporre riesame per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi della misura, essendo tale dispositivo destinato per sua natura a raccogliere informazioni personali e riservate (Sez. 6, n. 17878 del 03/02/2022, Losardo, Rv. 283302 – 01).
E’ quindi in gioco l’interesse alla disponibilità esclusiva del ‘ patrimonio informativo” che non viene meno con la mera restituzione fisica di quanto oggetto di sequestro poiché la reintegrazione nella disponibilità della cosa – ove risulti mantenuto il vincolo su taluni specifici contenuti – non elimina il pregiudizio incidente su diritti certamente meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza o al segreto, da valutare in una dimensione, sotto più profili, convenzionalmente orientata, come più volte riconosciuto dalla giurisprudenza eurounitaria (Corte EDU 07/06/2007, Smirnov c. Russia, nonché Corte EDU 19/06/2014, COGNOME c. Portogallo; Sez. 6, n. 24617 del 2015, COGNOME, cit., richiama Corte EDU, Grande Camera, 14/09/2010, Sanoma Uitgevers, B.V. contro Paesi Bassi, ma v. anche Corte EDU 19/01/2016, Gulcu c. Turchia, Corte EDU, 22/5/2008, NOME COGNOME c. Bulgaria; 02/04/2015, RAGIONE_SOCIALE c. Francia).
Nella delineata prospettiva e tenuto conto che, nel caso in esame, risulta pacificamente estratta dal telefono di COGNOME la copia forense di taluni dati in esso contenuti (allo stato, peraltro, non ancora restituita, come documentato nelle conclusioni scritte depositate dall’AVV_NOTAIO), in capo a quest’ultimo sussisteva un interesse a proporre riesame avverso il decreto di sequestro, da considerarsi concreto ed attuale, specifico ed oggettivamente valutabile alla stregua della lesione di interessi primari conseguenti alla indisponibilità di talune informazioni estrapolate dall’apparecchio.
Tanto premesso, il Tribunale del riesame ha correttamente disposto l’annullamento del decreto di sequestro sotto il duplice profilo dell’assenza di motivazione in ordine al vincolo di pertinenzialità tra il dispositivo telefonico sottoposto a vincolo e l’ipotizzato reato di tentata estorsione , nonchè della violazione del principio di proporzionalità.
4.1. Quanto al primo aspetto, questa Corte – sulla scorta dei principi affermati da Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548 – 01, secondo cui il decreto di sequestro probatorio deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti – ha reiteratamente affermato come l’obbligo di motivazione, a pena di nullità, di tale provvedimento deve essere modulato dal pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare, non essendo sufficiente il mero richiamo agli articoli di legge, senza descrivere i fatti, né la ragione per la quale i beni sequestrati dovessero considerarsi corpo di reato o cose ad esso pertinenti, né la finalità probatoria perseguita (cfr., Sez. 2, n. 46130 del 04/10/2023, Santandrea, Rv. 285348 – 01; Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, COGNOME, Rv. 274781 – 01; Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, COGNOME, Rv. 267007 – 01; Sez. 5, n. 13594 del 27/02/2015, COGNOME, Rv. 262898 – 01).
La verifica del nesso di funzionalità non occasionale tra il bene e la condotta deve essere, inoltre, maggiormente rigorosa nei casi in cui il bene appartenga ad un soggetto terzo, nei cui confronti nessun coinvolgimento nella attività criminosa è stato ipotizzato.
Nel caso di specie, il decreto di perquisizione e sequestro è obiettivamente silente in ordine alla descrizione fattuale, seppur sommaria, della fattispecie per cui si procede, non potendo ritenersi sufficiente il mero richiamo, obiettivamente generico, agli artt. 56, 629 cod. pen. a carico di ignoti i cui contorni fattuali non sono delineati ed al fatto che le indagini svolte dalla polizia giudiziaria rendano plausibile che il telefono cellulare in uso a NOME possa contenere dati
comunicativi connotati da vincolo di pertinenzialità con una attività illecita di natura estorsiva ai danni di NOME COGNOME.
Tale carenza, già di per sé sola, attribuisce al mezzo di ricerca della prova una finalità meramente esplorativa e giustifica il provvedimento demolitorio oggetto di impugnazione.
4.2. Quanto all’ulteriore profilo della proporzionalità, l’ obbligo di necessaria osservanza di tale principio, con riferimento al sequestro probatorio, è stato affermato nella giurisprudenza dalle Sezioni unite nella risalente sentenza ‘ COGNOME ‘ (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226711 – 01) ed è stato ulteriormente ribadito sia dalla sentenza ‘ COGNOME ‘ del Supremo Consesso (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548 – 01) che da successive ulteriori pronunce di questa Corte.
I giudici di legittimità, con argomentazioni ampiamente condivise dal Collegio, hanno affermato che, in tema di sequestro probatorio di dati contenuti in dispositivi informatici o telematici, il decreto del pubblico ministero, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un ‘ablazione estesa e omnicomprensiva o, in alternativa, deve indicare le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, con la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell’imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (cfr., Sez. 5, n. 9797 del 04/03/2025, R., Rv. 287778 – 02; Sez. 6, n. 17677 del 29/01/2025, COGNOME, Rv. 288139 – 01; Sez. 6, n. 1286 del 20/11/2024, dep. 2025, Bazzana, Rv. 287421 – 01; Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, COGNOME, Rv. 286358 – 03).
Di tali principi – volti a tutelare il rispetto del diritto alla riservatezza garantito dall’art. 8 CEDU nonché della vita privata e della protezione dei dati di carattere personale, sanciti rispettivamente dagli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – non è stata fatta corretta applicazione da parte del Pubblico Ministero, come correttamente evidenziato dal Tribunale del Riesame.
La motivazione del sequestro non risulta configurata in modo da rispettare il canone di proporzionalità, nei termini sopra richiamati, sia con riferimento al mancato ricorso ad appositi criteri di selezione (si accenna genericamente alla acquisizione di eventuali comunicazioni intercorse tra il telefono cellulare di COGNOME e quelli, pure sequestrati, appartenenti ad altri soggetti non indagati), sia in relazione alla mancata delimitazione dell’ambito temporale dei dati da apprendere e d ell’arco di durata del vincolo reale.
Le censure proposte dal ricorrente, peraltro, non possono essere “derubricate” a questioni meramente esecutive, che esulano dall’ambito di cognizione del Tribunale del riesame, in quanto, come rilevato, la proporzionalità del sequestro ne costituisce specifico requisito di legittimità e fondamento costituzionale: da qui il rigetto del ricorso.
La qualità pubblica di parte ricorrente la esonera dalla condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Così deciso il giorno 25/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME