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Sequestro probatorio: i limiti alla perquisizione

La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento di un sequestro probatorio di un telefono cellulare, ritenendolo illegittimo. La decisione si fonda sulla mancanza di una motivazione specifica che colleghi il dispositivo al reato e sulla violazione del principio di proporzionalità, in quanto il decreto non definiva l’oggetto della ricerca, trasformando l’atto in un’indagine meramente esplorativa.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio del Cellulare: La Cassazione Mette un Freno alle Indagini “a Strascico”

In un’era dominata dalla tecnologia, il telefono cellulare è diventato una miniera di informazioni personali. La sua apprensione durante un’indagine penale rappresenta una significativa ingerenza nella vita privata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i paletti invalicabili che l’autorità giudiziaria deve rispettare, annullando un sequestro probatorio perché privo di adeguata motivazione e sproporzionato. Analizziamo insieme i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Tutto ha origine dalla denuncia di una responsabile del personale di un’azienda, che lamentava di aver ricevuto una lettera minatoria e che sua madre era stata destinataria di uno scritto diffamatorio. La denunciante sospettava che tali atti fossero riconducibili a iniziative di alcuni dipendenti, in reazione a sue decisioni lavorative. Sulla base di questi sospetti, la Procura della Repubblica disponeva un decreto di perquisizione e sequestro dei telefoni cellulari di alcuni dipendenti, tra cui quello dell’indagato.

Il Tribunale del riesame, investito della questione, annullava il provvedimento. Le ragioni? Il decreto era viziato da un duplice difetto: assenza di motivazione sul vincolo di pertinenzialità tra il telefono e l’ipotizzato reato di tentata estorsione, e violazione del principio di proporzionalità, poiché il sequestro era stato esteso a tutti i dati presenti sul dispositivo senza alcuna selezione.

Il ricorso in Cassazione e il principio del sequestro probatorio

Il Procuratore della Repubblica ricorreva in Cassazione, sostenendo che il decreto, seppur sintetico, indicava la necessità di acquisire le comunicazioni tra i soggetti coinvolti. Sottolineava inoltre che la selezione dei dati pertinenti poteva avvenire solo in una fase successiva, nel contraddittorio tra le parti. La Cassazione, tuttavia, ha respinto il ricorso, confermando la decisione del Tribunale del riesame e cogliendo l’occasione per ribadire i principi fondamentali che governano il sequestro probatorio di dispositivi informatici.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha articolato il suo ragionamento su due pilastri fondamentali: l’obbligo di motivazione e il principio di proporzionalità.

1. L’obbligo di motivazione rafforzato: Il decreto di sequestro non può limitarsi a un generico riferimento agli articoli di legge. Deve contenere, seppur in modo conciso, una descrizione dei fatti per cui si procede e, soprattutto, deve spiegare le ragioni per cui si ritiene che il bene sequestrato sia corpo del reato o cosa pertinente al reato. Nel caso di specie, il decreto era totalmente silente sulla descrizione della fattispecie e non chiariva in alcun modo il nesso tra il telefono e la presunta attività estorsiva. Tale carenza, secondo la Corte, trasforma il mezzo di ricerca della prova in un atto meramente esplorativo, finalizzato non a verificare un’ipotesi investigativa, ma a cercarne una.

2. Il principio di proporzionalità: Quando si sequestra un dispositivo informatico, che contiene l’intera vita digitale di una persona, il rispetto della proporzionalità è cruciale. La Corte, richiamando la giurisprudenza nazionale ed europea (in particolare l’art. 8 della CEDU sulla tutela della vita privata), ha affermato che il decreto del pubblico ministero deve bilanciare le esigenze investigative con il diritto alla riservatezza. Per farlo, non può disporre un’ablazione tout court dell’apparecchio. Deve invece:

* Illustrare perché sia necessaria un’apprensione totale e onnicomprensiva.
* In alternativa, indicare le specifiche informazioni oggetto della ricerca, i criteri di selezione dei dati e un perimetro temporale di interesse.

In assenza di questi elementi, il sequestro diventa una misura sproporzionata e illegittima, poiché non delimita l’intrusione nella sfera privata dello stretto necessario per l’accertamento del fatto.

Le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante baluardo a tutela dei diritti fondamentali del cittadino nel processo penale. La Corte di Cassazione ha chiarito che il sequestro probatorio di uno smartphone non può essere una “carta bianca” per gli inquirenti. Ogni provvedimento che limita la libertà e la privacy deve essere sorretto da una motivazione concreta, specifica e rispettosa del principio di proporzionalità. Non è sufficiente sospettare che un dispositivo contenga prove; è necessario spiegare quali prove si cercano e perché, delimitando l’ambito dell’indagine per evitare che si trasformi in una perquisizione indiscriminata dell’intera esistenza digitale di un individuo.

È possibile impugnare il sequestro di un cellulare anche se il dispositivo è stato restituito?
Sì, secondo la Corte sussiste l’interesse a proporre riesame anche dopo la restituzione del dispositivo, qualora sia stata estratta e trattenuta una ‘copia forense’ dei dati. L’interesse risiede nella tutela del proprio ‘patrimonio informativo’ e del diritto alla riservatezza.

Quali requisiti deve avere un decreto di sequestro probatorio di un dispositivo informatico per essere valido?
Deve contenere una motivazione, anche concisa, che specifichi la finalità perseguita, il nesso tra il bene sequestrato e il reato, e la natura del bene stesso. Deve inoltre rispettare il principio di proporzionalità, indicando i criteri di selezione e il perimetro temporale dei dati di interesse, per evitare un’apprensione indiscriminata.

Un sequestro può essere annullato se ha una finalità ‘esplorativa’?
Sì. Se il decreto di sequestro è carente nella motivazione, non descrive i fatti e non spiega il legame tra l’oggetto e il reato, assume una finalità meramente esplorativa. Tale caratteristica lo rende illegittimo e ne giustifica l’annullamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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