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Sequestro probatorio generico: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza del Tribunale del riesame in materia di sequestro. La sentenza chiarisce che un sequestro probatorio generico, disposto dal Pubblico Ministero senza specificare i beni e delegando l’individuazione alla polizia giudiziaria, non può essere impugnato tramite riesame. Il rimedio corretto, in assenza di convalida, è l’istanza di restituzione. La Corte sottolinea l’errore procedurale del ricorrente, che preclude l’analisi nel merito delle questioni di proporzionalità e pertinenza.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro probatorio generico: la Cassazione chiarisce il rimedio corretto

Un sequestro probatorio generico, che non specifica con precisione i beni da vincolare, rappresenta una problematica delicata che tocca il confine tra esigenze investigative e diritti fondamentali del cittadino. Con la sentenza n. 47309 del 2024, la Corte di Cassazione interviene su questo tema, non per definire i limiti di un tale sequestro, ma per chiarire in modo inequivocabile quale sia lo strumento processuale corretto per contestarlo. La pronuncia sottolinea come un errore nella scelta del rimedio possa portare a una declaratoria di inammissibilità, impedendo al giudice di valutare le ragioni di merito, come la proporzionalità e la pertinenza della misura.

I fatti del caso e i motivi del ricorso

Il caso trae origine da un decreto di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero, con il quale si ordinava il sequestro di un’ampia e indeterminata categoria di documenti: “documentazione tecnica, commerciale, bancaria, giuridica, fiscale, amministrativa, societaria ed ogni altro documento”, anche su supporti informatici e dispositivi mobili. In sostanza, l’ordine non individuava beni specifici, ma delegava di fatto alla polizia giudiziaria il compito di selezionare in sede esecutiva cosa apprendere.

L’indagato, ritenendo il provvedimento illegittimo, proponeva istanza di riesame, lamentando diversi vizi:

1. Genericità dell’oggetto: Il decreto era così vago da impedire qualsiasi controllo sul nesso di pertinenzialità tra i beni sequestrati e il reato ipotizzato.
2. Violazione del principio di proporzionalità: Il sequestro era stato eseguito in modo indiscriminato su tutti i dispositivi informatici, compreso un tablet appartenente al figlio dell’indagato, senza alcun criterio selettivo.
3. Mancata enunciazione delle finalità probatorie: Il carattere esplorativo del sequestro era palese, non essendo state specificate le finalità di prova.
4. Violazione della normativa sulla corrispondenza: Per il sequestro di comunicazioni elettroniche, sarebbe stata necessaria una preventiva autorizzazione del giudice, assente nel caso di specie.

Il Tribunale del Riesame rigettava l’istanza, spingendo la difesa a ricorrere per cassazione.

La decisione della Cassazione sul sequestro probatorio generico

La Suprema Corte, discostandosi dalle questioni di merito sollevate, ha focalizzato la sua attenzione su un aspetto puramente procedurale, dichiarando il ricorso inammissibile. Il ragionamento dei giudici si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza.

L’errore procedurale: riesame vs. istanza di restituzione

Il punto cruciale della decisione è il seguente: quando un decreto di sequestro del Pubblico Ministero è talmente generico da rimettere alla polizia giudiziaria la concreta individuazione delle cose da sequestrare, esso perde la sua natura di provvedimento direttamente impugnabile con il riesame. In questi casi, il titolo che legittima il vincolo non è più il decreto originario, ma l’attività materiale della polizia giudiziaria, che a sua volta necessita di un successivo decreto di convalida da parte del PM ai sensi dell’art. 355 c.p.p.

Di conseguenza, si aprono due scenari:

* Se il PM convalida il sequestro, l’atto impugnabile con il riesame è il decreto di convalida.
* Se il PM non convalida il sequestro (o lo fa in ritardo), il vincolo diventa inefficace. Lo strumento a disposizione dell’interessato non è il riesame, ma l’istanza di restituzione dei beni, da presentare direttamente al PM. In caso di diniego, si potrà proporre opposizione al Giudice per le Indagini Preliminari.

Nel caso in esame, il ricorrente aveva scelto la via del riesame contro il decreto originario, che per la sua genericità non era suscettibile di tale impugnazione. Aveva commesso, dunque, un errore procedurale.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando il proprio orientamento prevalente. Si è affermato che un decreto di perquisizione e sequestro emesso dal PM che non identifica le cose da vincolare non costituisce il titolo del vincolo. Quest’ultimo si rinviene esclusivamente nel decreto di convalida dell’attività svolta dalla polizia giudiziaria. In assenza di convalida, la procedura corretta è quella prevista dall’art. 355, comma 2, c.p.p. (istanza di restituzione).

Poiché l’istanza di riesame era stata proposta avverso un provvedimento non impugnabile con tale mezzo, la richiesta era originariamente inammissibile. Tale inammissibilità, anche se non rilevata dal Tribunale del Riesame, deve essere dichiarata in ogni stato e grado del processo, compreso il giudizio di legittimità. Questa pregiudiziale ha assorbito ogni altra censura, impedendo alla Corte di esaminare le fondate questioni relative alla proporzionalità, alla privacy e alla tutela delle comunicazioni elettroniche.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

La sentenza offre un’importante lezione di strategia processuale. Di fronte a un sequestro probatorio generico, la difesa deve attentamente valutare la natura del provvedimento del PM. Se l’ordine è indeterminato e delega di fatto la selezione alla polizia, l’attenzione deve spostarsi sulla successiva attività del PM: la convalida. Se questa manca, la strada da percorrere non è quella del riesame, che verrebbe dichiarato inammissibile, ma quella, più diretta, della richiesta di restituzione. Questo approccio, oltre a essere proceduralmente corretto, può portare più rapidamente alla liberazione dei beni dal vincolo, facendo valere l’inefficacia del sequestro per mancata convalida.

È possibile impugnare con il riesame un decreto di sequestro probatorio del PM che non indica specificamente i beni da sequestrare?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un decreto così generico, che rimette l’individuazione dei beni alla polizia giudiziaria, non è direttamente impugnabile tramite riesame. L’atto eventualmente impugnabile è il successivo decreto di convalida del PM.

Qual è il rimedio corretto se la polizia giudiziaria sequestra dei beni sulla base di un ordine generico del PM, senza che segua una convalida?
Il rimedio corretto non è il riesame, ma l’istanza di restituzione dei beni ai sensi dell’art. 355, comma 2, del codice di procedura penale. Tale istanza va presentata al Pubblico Ministero e, in caso di diniego, si può proporre opposizione al Giudice per le Indagini Preliminari.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso senza esaminare le questioni sulla proporzionalità del sequestro e sulla privacy?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per un vizio procedurale preliminare: il ricorrente ha utilizzato uno strumento di impugnazione (il riesame) non previsto dalla legge per quel tipo di provvedimento generico. Questa declaratoria di inammissibilità ha impedito alla Corte di scendere nel merito delle altre questioni sollevate, che sono state considerate “assorbite”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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