Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26816 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26816 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di: COGNOME NOMECOGNOME nato a Reggio Emilia il 20/07/1975, avverso la ordinanza del 03/02/2025 del Tribunale di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; letti i motivi nuovi trasmessi a mezzo p.e.c. in data 12 maggio u.s. e la memoria di replica alle conclusioni scritte del P.g. trasmessa a mezzo p.e.c. in data 19 maggio u.s. dal difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’annullamento della ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza in data 3 febbraio 2025 (motiv. dep. il 6 febbraio successivo), il Tribunale di Milano, in funzione di riesame dei provvedimenti cautelari reali e dei sequestri, rigettava richiesta di riesame proposta nell’interesse dell’indagato (legale rapp.te della RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di sequestro emesso, ex art. 253 cod. proc. pen., dal Pubblico ministero RAGIONE_SOCIALE, in data 11 novembre 2024, eseguito dalla polizia giudiziaria il successivo 14 novembre, avente ad oggetto, tra le altre cose, “computers, telefoni cellulari, altri supporti informatici, software gestionali (in proprietà e/o in uso), ivi potendo essere archiv documenti e/o altre informazioni utili alle indagini”: materiale idoneo a comprovare le prospettate ipotesi di reato. Il particolare, il difensore evidenziava di avere interesse restituzione dei due telefoni cellulari (indicati ai numeri 1 e 2 di pagina 3 del verba sequestro in data 14 novembre 2024) sequestrati dalla polizia giudiziaria in occasione della esecuzione del decreto di perquisizione e conseguente sequestro emesso, il precedente 11 novembre, dal Pubblico ministero europeo.
1.1. Il Tribunale per il riesame rigettava la richiesta, ritenendo sussistenti t presupposti, sostanziali e formali, per ritenere legittimo e rituale il decreto emesso dal Pubbli ministero ed eseguito dalla polizia giudiziaria, non potendo altresì ritenersi violato il princip proporzione che deve legare lo strumento ablatorio al fine dimostrativo.
1.2. Avverso tale ordinanza ricorre il difensore e procuratore speciale della persona sottoposta alle indagini, che aveva subìto l’attività di perquisizione e conseguente sequestro deducendo l’inosservanza della legge processuale, in particolare del principio di proporzionalità che deve legare (nella misura strettamente necessaria, evitando eccessi modali o sacrifici patrimoniali non indispensabili) lo strumento processuale al fine perseguito (artt. 252 e ss cod. proc. pen., 275 cod. proc. pen.).
Il ricorso è inammissibile, giacché inammissibile (ancorché tale inammissibilità non sia stata rilevata nel precedente grado) era l’istanza di riesame proposta avverso un provvedimento non impugnabile con detto vettore. Ai sensi dell’art. 591, comma 4, cod. proc. pen., la inammissibilità non rilevata nel precedente grado, deve esser dichiarata in ogni stato e grado del processo. Così come pure l’inammissibilità del motivo originario si estende al motivo nuovo o aggiunto, rendendolo a sua volta inammissibile (art. 585, comma 4, cod. proc. pen.).
2.1 Nella fattispecie processuale posta all’attenzione della Corte con i motivi originari ricorso, il pubblico ministero ha disposto il sequestro (eventualmente conseguente a perquisizione domiciliare) di cose indicate solo nel genere, rappresentando inoltre una vastità di generi tale da lasciare alla polizia giudiziaria, delegata per l’esecuzione, la p discrezionalità su cosa apprendere e cosa no, per esigenze dimostrative di fatti-reato descritti in imputazione. E’ lo stesso ricorrente a dolersi della latitudine eccessiva del decre
impugnato, che ha facultizzato la polizia giudiziaria a sequestrare una vastità di oggetti, t quali gli apparecchi cellulari dei quali si chiede la restituzione.
Orbene, sin dalla sentenza “COGNOME” (Sez. 3, n. 3130 del 02/01/1997, Rv. 208868 – 01), si è ripetuto che è inammissibile la richiesta di riesame avverso il sequestro probatorio eseguito dalla polizia giudiziaria nel corso di una perquisizione delegata dal pubblico ministero, co conseguente sequestro del corpo del reato o delle cose ad esso pertinenziali, che abbia offerto delle cose da sequestrare una indicazione troppo generica e non abbia poi provveduto alla convalida, dovendo in questo caso l’interessato chiedere la restituzione delle cose al Pubblico ministero, ai sensi dell’art. 263, comma 4, cod. proc. pen., ed esperire, in caso di riget l’opposizione al G.i.p., ai sensi del successivo comma 5. In siffatte circostanze, infatti, stesso organo dell’esecuzione che si trasforma in organo della scelta discretiva, rendendo necessaria la convalida “a valle” del sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, ai se dell’art. 355 del codice di rito. Convalida che nella fattispecie è stata invece ritenuta super dal pubblico ministero, donde la denuncia di illegittimità del mantenimento in sequestro, anche per la violazione del principio di proporzione, attivata però attraverso il non rituale ve normativo della istanza di riesame.
2.2. Non appare, pertanto superfluo, ribadire i seguenti principi di diritto: non è sogget ad impugnazione il decreto di perquisizione che rimetta alla discrezionalità degli organi d polizia giudiziaria la individuazione di cose da sottoporre a sequestro, dovendo, in tale ultim caso, intervenire (a valle della esecuzione) il decreto di convalida del sequestro, che è il s provvedimento soggetto a riesame (Sez. 2, n. 51867 del 20/11/2013, Gaeta, Rv. 258074 – 01; Sez. 6, n. 39040 del 02/05/2013, Massa, Rv. 256327 – 01).
In tema di sequestro probatorio, il decreto con il quale il pubblico ministero disponga i sequestro di beni senza indicare specificamente le cose da sottoporre a vincolo, rimettendo alla discrezionalità della polizia giudiziaria delegata l’esatta individuazione delle stesse, che non seguito da convalida, non è impugnabile mediante riesame, con la conseguenza che, qualora il pubblico ministero non disponga la restituzione ai sensi dell’art. 355, comma 2, cod. proc. pen., l’interessato può avanzare al medesimo la relativa istanza, con facoltà di proporre opposizione al giudice per le indagini preliminari nell’ipotesi di diniego (cfr., Sez. 2, n. 4 del 15/10/2021, Soave, Rv. 282208 – 01; Sez. 4, n. 8867 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278605 – 02; Sez. 2, n. 40657 del 09/10/2012, COGNOME, Rv. 253679 – 01; Sez. 5, n. 4263 del 15/12/2005, dep. 2006, COGNOME, Rv. 233625 – 01; da ultimo, tra le non massimate, Sez. 2, n. 1732 del 07/11/2024, dep. 2025, COGNOME).
L’esecuzione ad opera della polizia giudiziaria di un decreto con cui il pubblico ministero abbia ordinato la perquisizione e il sequestro delle cose pertinenti al reato, senza alcun’alt specificazione, comporta la necessità che il pubblico ministero provveda alla convalida del sequestro, ai sensi dell’art. 355 cod. proc. pen., in quanto la predetta indeterminatezza rimett alla discrezionalità degli operanti l’individuazione del presupposto fondamentale del sequestro e cioè della qualifica dei beni come corpo del reato (o cose ad esso pertinenti), la qual
richiede un controllo dell’autorità giudiziaria (Sez. 2, n. 5494 del 28/01/2016, COGNOME, Rv
266306 – 01).
2.3 In forza dei principi sopra enunciati, il ricorrente, che si duole proprio della dilataz eccesiva dello strumento di ricerca della prova e della sproporzionata e ridondante vastità della
categoria di cose da sottoporre a sequestro, avrebbe dovuto quindi seguire questo percorso
“oppositivo”, piuttosto che attingere allo strumento “verticale” della impugnazione al Tribunale per il riesame.
3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
3.1. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese
del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 28 maggio 2025.