Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4003 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 4003  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato a S. Maria Capua Vetere (CE) il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 13/06/2023 del Tribunale di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sosl:ituto AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso o, in subordine, per la rimessione del procedimento alle Sezioni unite; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’annullamento della decisione.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia, in pendenza del giudizio di primo grado nei confronti del NOME, svoltosi con il rito abbreviato, ha disposto il sequestro preventivo di beni nella disponibilità del medesimo, per un valore di 473.775,89 euro, a norma dell’ari:. 240-bis, cod. proc. pen..
Tale grado del processo si è concluso con sentenza di condanna, con la quale è stata disposta la confisca di quanto in sequestro.
In pendenza del termine per l’impugnazione, l’imputato ha avanzato istanza di revoca del sequestro, contestando il presupposto della sproporzione tra tali disponibilità economiche ed i redditi da lui lecitamente prodotti e fondando tale suo assunto su una relazione di consulenza tecnica di parte, non ricompresa tra gli atti del processo.
Il Giudice dell’udienza preliminare ha rigettato l’istanza, ritenendo che l’intervenuta sentenza di condanna, ancorché non definitiva, precludesse l’esame dei presupposti del sequestro, e comunque che tale indagine ulteriore non potesse fondarsi su atti estranei al fascicolo processuale.
Avverso tale decisione l’imputato ha interposto appello a norma dell’art. 322bis, cod. proc. pen., ribadendo le doglianze di merito e contestando l’esistenza della preclusione ravvisata dal giudice in ragione dell’intervenuta confisca, ancorché non definitiva.
Anche il Tribunale, però, ha condiviso la lettura normativa del primo giudice, ravvisando l’anzidetta preclusione.
Impugna tal ultima decisione l’interessato, attraverso i propri difensori, deducendo l’inesistenza di una siffatta preclusione, in quanto la sproporzione tra disponibilità economiche e redditi leciti non può incidere sul giudizio di colpevolezza dell’imputato, per cui non sussisterebbe il rischio di un contrasto di decisioni rispetto al giudizio di cognizione.
In secondo luogo, lamenta la mancata pronunzia sul merito della dedotta inesistenza di tale sproporzione.
Ha depositato memoria scritta il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso, richiamando una precedente decisione di questa Corte, secondo cui, in tema di misure cautelari reali, dalla data di deliberazione della sentenza di primo grado che abbia disposto la confisca di un bene sottoposto a sequestro, l’imputato non può più esercitare i rimedi cautelari previsti dagli artt. 322 e 322-bis, cod. proc. pen., potendo solamente impugnare il capo della sentenza contenente tale statuizione ai sensi dell’art. 579, cornma 3, cod. proc. pen.: questo perché, sulla base di quanto disposto dall’art. 323, comma 3, cod. proc. pen., una volta pronunciata la sentenza di condanna, il titolo ablativo risiede nella statuizione di confisca, ancorché non definitiva, e non più nel sequestro (Sez. 1, n. 11914 del 19/10/2018, dep. 2019, Stummo, Rv. 275323).
Pur nella consapevolezza di decisioni di segno diverso, richiamate nella sua memoria, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha ritenuto che tale lettura normativa sia l’unica a garantire la complessiva tenuta del sistema, evitando possibili interferenze tra procedimento principale ed incidentale, mentre la differenza di disciplina rispetto
alle misure personali ed il possibile ritardo nella tutela del destinatario dell’ablazione troverebbero adeguata giustificazione nella diversa rilevanza dei beni incisi dai due tipi di misure.
In via subordinata, ha chiesto di rimettere la risoluzione del contrasto di giurisprudenza alle Sezioni unite.
 Ha depositato memoria scritta la difesa del ricorrente, richiamando le contrarie pronunce di legittimità ed insistendo per l’annullamento della decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione merita di essere accolta.
La “sentenza Stummo”, citata dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO nella sua memoria, è rimasta sostanzialmente isolata (essa viene richiamata, ma incidentalmente ed in fattispecie non simili, solo da Sez. 4, sentenze n. 19619 del 28/02/2023 e n. 15708 del 23/01/2020, non massimate)  e  si pone in rotta di collisione – non meditata, deve ritenersi, poiché non vi si legge una critica specifica – con un precedente deliberato delle Sezioni unite (sentenza n. 48126 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270938).
Chiamate a pronunciarsi su una questione differente, ma sovrapponibile per larga parte a quella in esame (quella, cioè, della possibilità d’impugnazione della statuizione non definitiva di confisca da parte del terzo proprietario del bene che sia rimasto estraneo al processo), le Sezioni unite hanno avuto modo di precisare in motivazione che la sentenza con cui venga disposta la confisca non muta il titolo giuridico in base al quale il bene è, in quel momento, sottoposto a vincolo: titolo che, fino al passaggio in giudicato della sentenza, è costituito sempre dal sequestro preventivo. Inoltre – hanno aggiunto – la natura incidentale del procedimento cautelare consente che esso possa essere attivato anche nel corso del processo di cognizione, poiché non interferisce con il thema decidendum rimesso al giudice del processo principale e, dunque, non vincola né rischia di contraddire la decisione definitiva dello stesso. Del resto – si legge ancora in quella sentenza – se la verifica della permanenza dei presupposti applicativi delle misure cautelari personali può indiscutibilmente avvenire nel corso del processo, anche dopo la sentenza di condanna, non si vede per qual motivo ciò non debba essere possibile per le misure cautelari reali.
Ritiene perciò il Collegio di condividere la tesi, largamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di misure c:autelari reali, nel
caso di una pronunzia di merito non ancora irrevocabile che abbia disposto la confisca di un bene sottoposto a sequestro, permane il potere del giudice cautelare di riesaminare il provvedimento che ha disposto il sequestro, poiché esso costituisce, allo stato, l’unico titolo legittimante la temporanea ablazione del bene (Sez. 3, n. 6720 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281476; Sez. 5, n. 37489 del 07/09/2021, COGNOME, Rv. 282026; Sez. 2, n. 27889 del 11/05/2022, COGNOME, Rv. 283634; Sez. 1, n. 3031 del 20/09/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283946).
D’altronde, l’esegesi testuale dell’art. 323, comma 3, cod. proc. pen., sulla quale si fonda la “sentenza Stummo” – secondo cui, cioè, il riferimento espresso alla permanenza degli «effetti del sequestro» e non del titolo implicherebbe che quest’ultimo venga meno con la condanna – non è imposta dal tenore letterale della norma: il riferimento, ivi contenuto, alla permanenza degli effetti del sequestro, infatti, si spiega razionalmente perché, in assenza di un titolo ablativo definitivo (e quindi esecutivo) emesso in sede di cognizione, il legislatore ha inteso conservare l’efficacia del titolo cautelare, proprio in ragione degli effetti anticipatori di quest’ultimo, destinati a saldarsi senza soluzione di continuità con quelli della decisione a cognizione piena, sicché la valorizzazione degli effetti esprime null’altro che la scelta di conservare la permanente efficacia del titolo (in questi termini, Sez. 5, n. 37489/2021, cit.)
Altrettanto debole, del resto, è l’ulteriore argomento addotto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, per cui la diversità di disciplina rispetto alle misure cautelari personali troverebbe giustificazione nella differente rilevanza dei beni incisi da queste ultime. Si tratta, in verità, di una valutazione apodittica, che si scontra con i principi di indispensabilità e proporzionalità, i quali costituiscono base comune delle misure cautelari penali e per effetto dei quali la maggiore o minore compressione dei diritti individuali che ne deriva può essere giustificata soltanto dalle concorrenti esigenze di tutela di beni egualmente meritevoli di protezione, ma non dalla tipologia del diritto inciso dalla misura.
 In ragione di quanto sin qui esposto, non si registra il contrasto di giurisprudenza segnalato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, non rendendosi perciò necessario devolvere la questione alle Sezioni unite.
Si rendono necessarie, invece, due precisazioni.
5.1. La prima riguarda l’allegazione – a fondamento dell’istanza di revoca del sequestro proposta dopo la sentenza non ancora irrevocabile c:he ha disposto la confisca – di elementi di prova non presenti nel fascicolo del processo.
Essa, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del merito, non solo deve ritenersi consentita, in base alla regola AVV_NOTAIO dell’art. 321, comma 3, cod. proc.
pen., secondo la quale il sequestro dev’essere immediatamente revocato qualora ne vengano meno i presupposti, «anche per fatti sopravvenuti»; ma, anzi, deve ritenersi necessaria.
La statuizione di confisca contenuta in sentenza, infatti, costituisce conferma del perdurare dei presupposti del sequestro – poiché altrimenti il giudice avrebbe dovuto revocarlo, indipendentemente da una specifica richiesta di parte – e, al pari di qualsiasi decisione in materia cautelare, in pendenza della relativa impugnazione o del termine assegnato dalla legge a tal fine, essa preclude la reiterazione di istanze di revoca fondate sui medesimi elementi già valutati dal giudice che l’ha emessa o, comunque, a disposizione di esso.
5.2. In secondo luogo, l’esigenza di coerenza sistematica della disciplina impone di ritenere che il perdurare dei presupposti del sequestro sia suscettibile di verifica se e fin quando sia in discussione il merito della relativa statuizione.
Ne discende, dunque, che l’istanza di revoca di tale misura non possa più essere proposta quando la statuizione di confisca sia stata c:onfermata con la sentenza d’appello ed il residuo tema controverso, conseguentemente, riguardi soltanto la legittimità della relativa decisione.
L’ordinanza impugnata, in conclusione, dev’essere annullata ed il procedimento rinviato al giudice di merito, per un nuovo esame dell’appello proposto dall’interessato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Brescia, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, c.p.p..
Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2023.