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Sequestro preventivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo per il reato di truffa. La decisione sottolinea che l’appello a questa Corte contro tali misure è consentito solo per violazione di legge e non per contestare la motivazione del giudice di merito, a meno che non sia radicalmente viziata. Il ricorso è stato ritenuto generico e volto a riesaminare il merito, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: i Limiti del Ricorso in Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23244/2025, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’appello alla massima istanza giurisdizionale è ammesso solo per violazione di legge e non per contestare la sufficienza della motivazione del giudice. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche di tale principio.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo di denaro emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli Nord nei confronti di un soggetto indagato per il reato di truffa. Il denaro era stato identificato come profitto del reato.

L’indagato, tramite il suo difensore, aveva richiesto la revoca della misura cautelare, ma il Tribunale della Libertà di Santa Maria Capua Vetere aveva rigettato l’istanza con un’ordinanza. Contro quest’ultima decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando vizi di motivazione.

I Motivi del Ricorso e il Vizio di Motivazione

Il ricorso si basava essenzialmente su due punti:

1. Mancanza di motivazione sul periculum in mora: secondo la difesa, il provvedimento non spiegava adeguatamente perché vi fosse il rischio concreto che il trascorrere del tempo potesse causare un danno.
2. Mancanza di motivazione sul profitto netto: si contestava l’omessa individuazione del profitto netto derivante dal presunto reato, che sarebbe l’unico importo legittimamente sequestrabile.

Entrambi i motivi, sebbene presentati come violazioni di legge, miravano in realtà a criticare l’apparato argomentativo del Tribunale, configurandosi come un tentativo di ottenere un nuovo esame del merito della questione.

Le Motivazioni della Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione di questa decisione è cruciale. Gli Ermellini hanno richiamato il principio consolidato secondo cui il ricorso in Cassazione avverso ordinanze in materia di sequestro preventivo è consentito solo per violazione di legge (art. 325 c.p.p.).

Cosa si intende per ‘violazione di legge’? La Corte chiarisce che in questa nozione rientrano gli errori nell’interpretazione o applicazione delle norme (errores in iudicando o in procedendo), ma anche i vizi di motivazione talmente gravi da renderla inesistente, illogica o contraddittoria. Una motivazione semplicemente sintetica o non pienamente condivisa dal ricorrente non integra una violazione di legge.

Nel caso specifico, la Cassazione ha osservato che il Tribunale della Libertà aveva, in realtà, motivato in modo esauriente sia sulla sussistenza del periculum in mora sia sulla quantificazione del profitto. Il ricorso, quindi, non si confrontava realmente con le argomentazioni del provvedimento impugnato, ma si limitava a riproporre le proprie tesi, chiedendo alla Cassazione una nuova valutazione che non le compete. Per questa ragione, il ricorso è stato giudicato generico e, in ultima analisi, inammissibile.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce un’importante lezione procedurale: non si può utilizzare il ricorso per cassazione come un terzo grado di giudizio nel merito per le misure cautelari reali. Chi intende impugnare un sequestro preventivo deve concentrarsi sull’individuazione di specifiche e chiare violazioni di norme di legge.

Le conseguenze di un ricorso inammissibile non sono trascurabili. Come previsto dall’art. 616 c.p.p., la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella proposizione di un’impugnazione palesemente infondata. Questo serve da monito: un ricorso deve essere ponderato e fondato su solidi motivi di legittimità, per non incorrere in sanzioni e per tutelare efficacemente i diritti dell’assistito.

È possibile ricorrere in Cassazione contro un sequestro preventivo per criticare la motivazione del giudice?
No, di regola non è possibile. Il ricorso è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Una critica alla motivazione è considerata un vizio di legittimità solo se la motivazione è totalmente assente, manifestamente illogica o contraddittoria al punto da essere incomprensibile.

Cosa si intende per ‘violazione di legge’ in un ricorso contro il sequestro preventivo?
Si intendono errori specifici nell’applicazione o interpretazione delle norme di diritto (sostanziale o processuale), non un generico disaccordo con la valutazione dei fatti o con l’adeguatezza delle argomentazioni fornite dal giudice di merito.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questa materia?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e, se viene ravvisata una colpa nella sua proposizione, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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