Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18650 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18650 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Napoli il 13-07-1996, avverso l’ordinanza del 09-09-2024 del Tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha conclu so per l’inammissibilità del ricorso ; udito l’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia del ricorrente, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 settembre 2024, il Tribunale del Riesame di Napoli rigettava l’appello cautelare reale proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 2 1 giugno 2024, con cui il Tribunale di Napoli aveva rigettato l’istanza d i dissequestro della somma di 39.050 euro, di un anello di pietre dure, di una collana rosario, di un bracciale di pietre dure e di un orologio Rolex, beni sottoposti a sequestro preventivo con decreto del G.I.P. del Tribunale di Napoli emesso il 9 ottobre 2023 nei confronti di NOME COGNOME indagato del reato di cui all’art. 291 quater , commi 1 e 2, del d.P.R. n. 43 del 1973 (capo 60).
Avverso l’ordinanza del Tribunale partenopeo, ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo difensore di fiducia e procuratore speciale, NOME COGNOME terzo interessato proprietario dei beni prima indicati.
2.1. Il ricorso è affidato a un unico motivo, con il quale la difesa deduce la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità del provvedimento impugnato, evidenziando che i giudici del riesame, nel rimarcare l’assenza di prova della titolarità dei beni in sequestro in capo a Conte, la cui versione dei fatti è stata ritenuta inverosimile, hanno omesso di considerare la corposa documentazione difensiva volta a dimostrare la propria titolarità del diritto di proprietà degli oggetti sequestrati a Milo, emergendo in particolare dal verbale di arresto di NOME, avvenuto il 18 luglio 2023 presso la Stazione Termini di Roma, che tutti gli oggetti si trovavano in un unico contenitore, ciò a riprova della verosimiglianza della ricostruzione operata dal ricorrente, tanto più ove si consideri che, rispetto al bracciale e all’anello di pietre dure rinvenuti nella pochette ‘Louis Vuitton’, è stata prodotta certificazione d ell’ acquisto avvenuto presso una gioielleria di Grumello del Monte nel giugno 2023, per cui non vi sono dubbi sulla riconducibilità a Conte di tali monili, ivi compresa la collana rosario contenuta nella medesima pochette. In ordine all’orologio Rolex risu lta altresì prodotta la documentazione attestante la riparazione avvenuta nel giugno 2023 presso l’orologeria Monetti sita in Napoli, mentre, quanto alla somma di 39.050 euro contenuta in una busta da shopping ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , si evidenzia che, in base ai documenti prodotti, è del tutto plausibile che COGNOME, amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE dal 24 gennaio 2020, società che nel 2023 ha prodotto un reddito netto di 300.120,67 euro, avesse una significativa disponibilità economica, per cui il ricorrente ben poteva permettersi di affidare una cospicua somma di denaro in contanti a un amico di cui si fidava, somma che gli avrebbe consentito di affrontare le vacanze estive in Sardegna, a ciò aggiungendosi che nella disponibilità di NOME, ossia nella stessa busta dove erano custoditi i monili, è stato rinvenuto anche un libretto di assegni intestato alla società Rodi (e già restituito a Conte), con alcuni titoli firmati in bianco.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. In via preliminare, occorre richiamare la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656), secondo cui il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli ‘ errores in iudicando ‘ o ‘ in procedendo ‘, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Non può invece essere dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di cui alla lett. E) dell’art. 606 cod. proc. pen. (in tal senso, cfr. Sez. 2, n. 37100 del 07/07/2023, Rv. 285189 e Sez. Un. n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710).
2. Tanto premesso, deve osservarsi che, nel caso di specie, rispetto al rigetto dell’istanza di restituzione avanzata dal terzo interessato, non è configurabile né una v iolazione di legge, né un’apparenza di motivazione, avendo il Tribunale del Riesame adeguatamente illustrato le ragioni poste a base della propria decisione. In particolare, nell’ordinanza impugnata è stato ricordato che i beni mobili di cui è stata chiesta la restituzione sono stati sequestrati all’indagato NOME, che li stava trasportando, per cui deve presumersi che egli ne fosse il titolare, tanto più ove si consideri che NOME ha avanzato istanza di riesame per chiederne la restituzione, senza sostenere che i beni trovati nella sua disponibilità fossero di proprietà di NOME. A ciò è stato aggiunto che la versione dei fatti prospettata dall’odierno ricorrente presenta tratti di assoluta inverosimiglianza, essendo oggettivamente poco credibile che qualcuno chieda a un amico di trasportare la somma in contanti di oltre 39.000 euro, gioielli e monili preziosi, con il rischio che tali beni venissero rubati o persi, non avendo peraltro Conte spiegato che urgenza avesse di acquisire la disponibilità di questi beni nel luogo di villeggiatura in cui egli si trovava.
Peraltro, è stato sottolineato che la documentazione prodotta, relativa invero solo a due dei tre monili in sequestro, non era riferibile con certezza ai beni oggetto di cautela, trattandosi di beni fungibili privi di dati identificativi certi, non potendosi in ogni caso escludere che i predetti beni sia stati ceduti da Conte a Milo. Quanto al denaro contante, non sono emersi elementi per ritenere che lo stesso fosse riconducibile al ricorrente, mentre, rispetto alla riparazione dell’orologio Rolex, è stato rilevato che il documento prodotto provava solo che l’intervento riparatorio era stato pagato da COGNOME, non anche che l’orologio appartenesse a quest ‘ultimo .
Orbene, in quanto fondato su una disamina razionale delle fonti investigative disponibili, il percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata non presta il fianco alle doglianze difensive, per cui, fermo restando che le obiezioni sollevate dalla difesa potranno essere eventualmente approfondite nelle successive evoluzioni del procedimento penale in corso, deve ribadirsi che il provvedimento impugnato risulta sorretto da un apparato argomentativo non apparente, ma razionale e coerente, concernendo in ogni caso le censure difensive aspetti che ruot ano nell’orbita non tanto della violazione di legge, ma piuttosto della manifesta illogicità o della erroneità della motivazione, profilo questo che, come si è già anticipato, non è deducibile con il ricorso per cassazione proposto contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio.
Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto nell’interesse di Conte deve essere dichiarato quindi inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determ inazione della causa di inammissibilità’, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14.01.2025