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Sequestro preventivo periculum: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro un sequestro preventivo superiore a 600.000 euro. La sentenza chiarisce che, in tema di sequestro preventivo periculum, il pericolo di dispersione dei beni può essere desunto da un meccanismo sistematico di svuotamento patrimoniale delle società. Viene inoltre specificato che la sproporzione della misura non si contesta in Cassazione, ma con un’istanza di riduzione.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo Periculum: la Cassazione Definisce i Limiti della Motivazione

Quando un sequestro preventivo periculum è giustificato e come si valuta il rischio che i beni vengano dispersi? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20496/2024, offre chiarimenti cruciali su questi interrogativi, stabilendo principi importanti sulla motivazione del provvedimento e sugli strumenti a disposizione della difesa per contestarne l’entità. La decisione analizza il caso di un sequestro di oltre 600.000 euro, confermando la legittimità della misura basata su un’attività sistematica di ‘svuotamento’ patrimoniale.

I Fatti del Caso: Il Sequestro e il Ricorso

La vicenda nasce da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari. Il provvedimento colpiva tre società per un importo complessivo superiore a 600.000 euro. In via subordinata, il sequestro era diretto a beni mobili e immobili nella disponibilità dell’indagato e di altre tre persone, a titolo di sequestro per equivalente.

Il Tribunale del Riesame confermava il provvedimento, rigettando la richiesta dell’indagato. Contro questa decisione, la difesa presentava ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Carenza di motivazione: Si lamentava una motivazione insufficiente riguardo al periculum in mora, ovvero il concreto pericolo che, nelle more del processo, i beni potessero essere dispersi, rendendo vana un’eventuale futura confisca.
2. Violazione del principio di proporzionalità: Si contestava la mancata valutazione della proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale applicata.

La Decisione sul Sequestro Preventivo Periculum

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, trattando congiuntamente i due motivi perché entrambi incentrati sul tema del periculum in mora. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i confini del proprio sindacato in materia di misure cautelari reali e per chiarire come debba essere valutato il rischio di dispersione del patrimonio.

Le Motivazioni della Corte

La Sufficienza della Motivazione sul Periculum in Mora

La Corte ha innanzitutto ricordato che il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Questo include i vizi di motivazione solo quando sono così radicali da renderla inesistente, meramente apparente o manifestamente illogica.

Nel caso specifico, secondo gli Ermellini, la motivazione del Tribunale del Riesame era tutt’altro che carente. I giudici di merito avevano infatti giustificato il sequestro preventivo periculum facendo riferimento a un preciso ‘meccanismo elusivo’ posto in essere sistematicamente dagli indagati nel corso degli anni. Tale meccanismo era finalizzato a ‘deprivare i soggetti giuridici (ONLUS o società commerciali) … dei rispettivi asset patrimoniali’.

In sostanza, la Corte ha stabilito che la presenza di un’attività callidamente orientata allo ‘svuotamento’ di entità giuridiche costituisce di per sé un ‘immanente pericolo di dispersione del patrimonio’, rendendo la motivazione sul periculum pienamente valida e sufficiente.

Il Principio di Proporzionalità e lo Strumento Corretto per Farlo Valere

Anche il secondo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Cassazione ha confermato che tale principio deve sempre essere oggetto di valutazione da parte del giudice. Tuttavia, ha evidenziato come il Tribunale avesse correttamente affrontato il tema, notando che la presenza di pignoramenti e ipoteche sui beni sequestrati riduceva già le prospettive di un futuro recupero tramite confisca, rendendo ancora più necessario il mantenimento del vincolo.

Soprattutto, la Corte ha chiarito un punto procedurale fondamentale: l’eventuale sproporzione tra il valore dei beni sequestrati e il profitto del reato non va contestata con un ricorso per cassazione (salvo casi di manifesta sproporzione). Lo strumento corretto è presentare un’apposita istanza di riduzione della garanzia al pubblico ministero o al GIP. Solo contro un’eventuale decisione sfavorevole su tale istanza è possibile proporre appello cautelare.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza due principi chiave in materia di sequestro preventivo periculum:

1. Un’attività criminale sistematica e organizzata per svuotare i patrimoni di società o enti è di per sé una prova sufficiente del periculum in mora, giustificando il sequestro senza necessità di ulteriori elementi sul rischio di dispersione.
2. Le questioni relative alla proporzionalità del valore dei beni sequestrati devono essere affrontate nelle sedi di merito attraverso istanze di riduzione, e non direttamente con ricorso per cassazione, che rimane confinato al controllo sulla legittimità e sulla logicità della motivazione.

Quando la motivazione sul ‘periculum in mora’ in un sequestro preventivo è considerata sufficiente?
Secondo la sentenza, la motivazione è sufficiente quando si basa sulla dimostrazione di un meccanismo elusivo sistematico, posto in essere dagli indagati per ‘svuotare’ i patrimoni di soggetti giuridici. Questa attività, orientata alla spoliazione, indica di per sé un immanente pericolo di dispersione del patrimonio.

È possibile contestare la sproporzione di un sequestro preventivo con un ricorso per cassazione?
No, di norma non è possibile. La Corte chiarisce che, a meno che non si tratti di una sproporzione manifesta, lo strumento corretto per contestare un valore eccessivo del sequestro è presentare un’istanza di riduzione della garanzia al pubblico ministero o al giudice per le indagini preliminari, e non il ricorso per cassazione.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile e si ravvisano profili di colpa nella sua presentazione, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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