Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37739 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37739 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Latina il 18/02/2025 lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale, AVV_NOTAIO, che visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME; ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Latina ha confermato l’ordinanza con cui il Giudice dell’udienz preliminare dello stesso Tribunale ha convertito il sequestro probatorio della somma di 23.050 euro in sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 322-ter cod. pen. nei confronti di COGNOME NOMENOME per i reati di concussione, induzione indebit a dare o promettere denaro o altra pubblica utilità e corruzione
Secondo il Tribunale la somma sequestrata sarebbe derivante dall’attività illecita che COGNOME, custode del cimitero, avrebbe commesso.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato e sono stati articolati tre motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione; il tema attie alla tempestività del deposito della motivazione della ordinanza impugnata e alla inefficacia del sequestro.
Il dispositivo del provvedimento sarebbe stato emesso il 20.2.2025 e, in assenza di previsione di termini per il deposito della motivazione, l’ordinanza sarebbe stata depositata il 28.3.2025, e, dunque, oltre il termine di 30 giorni previsto dall’art. comma 10, cod. proc. pen., richiamato dall’art. 324, comma 7, cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
A fronte di una richiesta di riesame del 24.1.2025, la cancelleria del Tribunal avrebbe chiesto alla Procura gli atti il 31.1.2025 e questi i sarebbero stati trasmessi 5.2.2025, oltre, quindi, il termine previsto dall’art. 309, comma 5, cod. prpc. pen.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al ritenuto periculum in mora, individuato nel rischio di dispersione del bene.
Si sostiene che detto rischio sarebbe tipico del sequestro conservativo e non di quello preventivo; lo stesso Pubblico Ministero, si aggiunge, avrebbe fatto riferimento, nella richiesta di conversione, al rischio che vengano meno le garanzie per il pagamento delle spese del procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato limitatamente al terzo motivo.
Sono inammissibili perché manifestamente infondati i primi due motivi di ricorso.
Si tratta di motivi che non si confrontano con i principi di diritto, che devono esse ribaditi, affermati in più occasioni dalle Sezioni unite.
Si è infatti chiarito come nel procedimento di riesame avver provvedimenti di sequestro, il rinvio dell’art. 324, comma settimo, cod. proc. pen., alle disposizio contenute nell’art. 309, comma decimo, cod. proc. pen, deve intendersi tuttora riferito alla formulazione originaria del predetto articolo e dunque, in detto procedimento non è applicabile il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti tribunale, previsto dall’art. 309, comma quinto, cod. proc. pen., con conseguente perdita di efficacia della misura cautelare impugnata in caso di trasmissione tardiva, ma il diverso termine indicato dall’art. 324, comma terzo, cod. proc. pen., che ha natura meramente ordinatoria.
Non diversamente, si è spiegato come per le stesse ragioni non siano applicabili anche le disposizioni – introdotte nel predetto comma decimo dell’art. 309 cod. proc. pen. dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 – relative al termine perentorio per il deposito de decisione ed al divieto di rinnovare la misura divenuta inefficace (Sez. U, n. 26268 del
28/03/2013, COGNOME, Rv. 255581; Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266790).
Ne deriva l’inammissibilità dei motivi.
3. È invece fondato il terzo motivo di ricorso.
Il Tribunale ha ritenuto sussistente il requisito del periculum sulla base d presupposto che, intervenuto il sequestro, il ricorrente in modo “certo” disperderebbe la somma oggetto del provvedimento cautelare se la stessa gli fosse restituita “essendo evidente che COGNOME non , continuerebbe a tenerla in casa in attesa di una futura confisca, consapevole che sia le forze dell’ordine che l’autorità giudiziaria conoscono questa sua illecita detenzione”
Secondo il Tribunale, cioè, il sequestro conterrebbe in sé l’impossibilità futura restituzione del bene e il rischio di dispersione perché, una volta sequestrato, il ben se restituito sarebbe certamente disperso dal titolare.
4.Si tratta di una motivazione non condivisibile.
Come affermato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 36959 del 24/6/2021, Ellade, Rv. 281848), il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo del confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege.
In motivazione la sentenza ha affermato che “nessun utile parametro” può essere rappresentato dalla qualificazione formale della confisca come obbligatoria (per la quale, secondo un certo indirizzo, nessun obbligo motivazionale si porrebbe) o, invece, come facoltativa (per la quale sola, invece, il giudice sarebbe tenuto a motivare): “e ciò n solo perché una tale distinzione appare riposare semplicemente sulla scelta normativa di qualificare in un senso o nell’altro le predette misure non in base alle lo caratteristiche, spesso coincidenti, in ambedue le ipotesi, nei presupposti e nella funzione, bensì in ragione della tipologia di reato cui collegare le stesse, ma soprattut perché, appunto, non congruente rispetto al criterio di valutazione rappresentato dalla anticipata apprensione di un bene che, ove il giudizio si definisse favorevolmente, non potrebbe essere confiscato, in tale valutazione ben potendo rientrare anche cose definite dal legislatore come obbligatoriamente confiscabili”.
Una distinzione, secondo le Sezioni unite, artificiosa e foriera di conseguenze illogiche, non comprendendosi perché – ad esempio, nel caso del sequestro di un bene quale profitto del reato – la prescrizione che imponga la confisca del bene all’esito de
giudizio e unicamente a seguito di una pronuncia di condanna o di applicazione della pena dovrebbe, per ciò solo, nel caso di cui all’art. 322-ter cod. pen., esentare il giudi della cautela, a differenza di quanto richiesto dall’art. 240 cod. pen., dall’oner spiegare perché, ancor prima che tali condizioni si realizzino, il bene debba essere sequestrato, in tal modo finendosi, infatti, per eludere un presupposto posto dal legislatore a garanzia, come già spiegato sopra, del principio di presunzione di non colpevolezza.
Se, dunque, hanno spiegato le Sezioni unite, il criterio su cui plasmare l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro in oggetto va rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare, deve ritenersi corretto che il provvedimento s soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, esse modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
In definitiva – hanno concluso le Sezioni Unite -, è dunque il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragio della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio.
In tale contesto non assume decisiva valenza lo stato di incapienza ovvero la natura fungibile del denaro.
Invero, quando si tratta di denaro, la maggiore o minore solidità patrimoniale del soggetto destinatario della misura è certamente un elemento da tenere in debita considerazione nel giudizio in esame, e tuttavia da esso non può farsene derivare alcun automatismo, né in un senso, né nell’altro profilo, atteso che ciò equivarrebbe a vanificare l’obbligo di motivazione che, come detto, le Sezioni Unite hanno inteso esigere.
In altri termini, non può ritenersi che, a fronte della titolarità di un patri inferiore a quello suscettibile di confisca ovvero di una entità oggettivamente rilevant del valore da confiscare, il periculum in mora sia per ciò solo sempre esistente al punto da esonerare il giudice della cautela dall’obbligo di rendere la necessaria motivazione; diversamente opinando si equiparerebbe il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una somma di denaro – e, in particolare, alla confisca per equivalente del profitto de reato – al sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen., che, rispondendo una ratio differente, ha presupposti e disciplina differenti da quelli che regolan appunto, il sequestro preventivo (Sez. 6, n. 45268 del 18/09/2024, COGNOME, Rv. 287311; Sez. 3, n. 22936 dell’11/04/2024, COGNOME, Rv. 286671).
È utile peraltro sottolineare come tale tipo di motivazione sia stata già ritenuta n sufficiente anche per giustificare l’ablazione funzionale ad un sequestro conservativo, avendo la Corte in più occasioni affermato come il “periculum in mora”, presupposto del sequestro conservativo, non possa essere giustificato sulla sola considerazione che la cosa sequestrata si identifichi in una ingente somma denaro, per sua natura suscettibile di pericolo di dispersione, essendo invece necessario verificare che il rischio di perdi delle garanzie del credito sia apprezzabile in relazione a concreti e specifici element riguardanti, da un lato, l’entità del credito e la natura del bene oggetto del sequestro dall’altro, la situazione di possibile depauperamento del patrimonio del debitore, da porsi in relazione con la composizione del patrimonio stesso, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo (Sez. 6, n. 20923 del 15/03/2012, Rv. 252865).
5. Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati.
Diversamente da quanto affermato con la ordinanza impugnata, la valutazione relativa alla sussistenza del periculum deve essere compiuta avendo riguardo alla situazione esistente al momento genetico della imposizione del vincolo cautelare e non alla possibilità che, se restituita, la cosa potrebbe essere dispersa proprio in ragio della pregressa esistenza del sequestro.
Una valutazione errata, compiuta sovrapponendo profili diversi.
Dunque, l’ordinanza impugnata deve essere annullata; il Tribunale, in sede di rinvio, applicherà i principi indicati e verificherà la sussistenza del pericolo che il bene modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
P.Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Latina competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2025.